E’ giusto dare a Cesare quel che è di Cesare e a chi studia riconoscere il giusto merito

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In questi giorni qualcosa di simile deve aver ispirato i giurati quando hanno deciso di assegnare il Nobel per l’Economia seguendo criteri diversi da quelli usati le altre volte ma altrettanto ineccepibili. Anche in tempi più che bui come quelli attuali, è possibile che venga fuori una informazione che faccia, almeno per un breve lasso di tempo, tirare su il morale e riprendere fiato a buona parte dell’ umanità. Il Premio Nobel per l’ Economia, per voler essere precisi fino in fondo, non ha quel riferimento perché è conferito dalla Banca di Svezia. É collocato, nel tempo e nello spazio, dove vengono consegnati quelli istituiti a fine ‘800 con un lascito testamentario di un filantropo. Fu voluto dall’imprenditore, chimico nonchè inventore – tra l’altro della dinamite – Alfred Nobel da cui l’intitolazione dei riconoscimenti. Volendo andare per il sottile, di impreciso c’è solo il nome dell’illustre mecenate, mentre per l’importanza sostanziale degli stessi non vi è alcuna differenza. In un’epoca in cui l’umanità è fiaccata da tante negatività di tipo economico, che tre studiosi di economia di chiara fama, rispondenti ai nomi di Acemolu e Johnson, docenti al MIT di Boston e Robinson all’Università di Chicago, è da accettare positivamente per più di una ragione. La prima, che è senza dubbio dal punto di vista pratico la più cogente, è che la Scienza Economica debba essere considerata tale nel senso più completo del termine. Pertanto deve essere tenuta nella massima considerazione perché, su ciò pochi avranno da ridire, è essa che in ultima analisi, fa girare il mondo. Con lo stesso livello di attenzione si dovráà operare perché restino ben distinti gli argomenti da passare sotto la lente degli economisti e quelli che vanno elaborati per la quasi totalità dai tecnici. Tale separazione netta tra economisti e tecnici va ritenuta fondamentale. I primi sono ancora impegnati a togliersi dalla testa il cappello che ipotizzò per loro e per altri che hanno una formazione professionale analoga, il Senatore Giovanni Gentile a metà del secolo scorso. Solo un flash per dare corpo alla vicenda. Quel Senatore, Ministro della Pubblica Istruzione, arrivò a concludere che quanti avessero fatto studi tecnici, quindi non solo i laureati in economia, ma anche ingegneri e altre categorie di professionisti, dovessero essere considerati per ipotesi sminuiti rispetto agli umanisti. Appartenevano a quella categoria di professionisti di serie B, quali, detto con una parola, i tecnici.Tanto perché costoro non avevano affrontato studi umanistici in maniera sufficiente.I primi avevano dovuto mandare giù e tenere nella dovuta considerazione almeno le opere letterarie più importanti. La classifica della valenza dei vari tipi di studi divenne oggetto di confronto del Ministro Gentile con Benedetto Croce, pìu pacato e analitico sull’argomento. Andò come andò, cioè non bene, creando anche diatribe collegate alla diversa visione della questione. Tra di esse, una per tutte: quella dei magistrati, che continuavano a chiamare ragioniere i commercialisti regolarmente laureati in economia e commercio. Si arriva così al Premio simil Nobel, più precisamente il lavoro dei tre docenti innanzi presentati. Resterebbe deluso chi, leggendo il loro lavoro avesse pensato di venire a contatto con una sequenza di un variegato assortimento di ogni tipo di calcolo numerico, dagli integrali agli algoritmi. Non che essi siano del tutto assenti da quel saggio, solo che sono armonizzati da interventi di sociologia, psicologia e altri del genere, tutti riferiti a un abitante medio del pianeta terra. Con l’aggiunta che il filo conduttore dello studio è formato da un inizio che attinge quanto più può dal periodo del dopoguerra all’attualità. Riparte poi per dirigersi verso il futuro, badando a non scadere nel romanzesco o nel fantascientifico.
Si adegua così a tal punto alla portata della platea dei lettori che, con ogni probabilità, sarà composta, oltre che di umanisti tout court, anche di quanti vorrebbero scacciare l’ansia leggendo un buon libro. Anche perché nel testo traspare il merito di chi farà la storia del mondo prossima ventura. Strano ma vero sarà l’Intelligenza umana con il prezioso aiuto della AI, non viceversa. Con una raccomandazione: che non si procurino incidenti del tipo visto nel film 2001, Odissea nello Spazio e comunque non si materializzi un Hal. Del resto l’umanità si sta già preparando a prendere di petto il 2025, quindi non si avvia in maniera sprovveduta. Valga il giusto, come di norma dovrebbe verificarsi sempre. Stando sempre sul chi va là per evitare che si ripetano ancora episodi che ricordano da presso le tragicomiche vicissitudini cinematografiche del Ragionier Ugo Fantozzi. Con una differenza non trascurabile: nella realtà sarebbero solo tragiche e non è poco.