E’ arrivato il Generale Inverno con i suoi inevitabili effetti sull’economia (e sui consumi energetici)

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Come tanti altri eventi che si avvicendano sul pianeta, scandendo sempre per grandi linee i loro tempi nella stessa sequenza da quando esiste il mondo, anche quest’anno finalmente è arrivato l’inverno. Seppure circa un mese dopo la data del suo inizio astronomico, la cosiddetta stagione fredda si è presentata dappertutto nel Paese, anche dove, fino all’altra settimana, c’ era chi aveva ancora l’ardire di tuffarsi in mare. In senso figurato si sono raffreddati anche altri bollenti spiriti, molto probabilmente perché alcune previsioni non hanno sortito gli effetti attesi. Tale considerazione non riguarda solo l’Italia, pertanto è credibile a buona ragione che sia il mondo intero a essere interessato da quella che in economia é definita una congiuntura economica, di conseguenza anche sociale, negativa. Consiste, quel fenomeno socio economico, nel presentarsi, nello stesso tempo e nello stesso luogo – perciò congiuntura –  di una serie di avversità non determinate dall’uomo e da lui stesso poco condizionabili. L’ economia politica da tempo ha individuato questo evento macroscopico, ma non sono andati oltre il descriverne la conformazione e quali le conseguenze che ne derivano, non potendo definirne con precisione una eventuale successione di cause e effetti al fine di contrastarli. Va chiarito subito che il fatto che le stagioni non stanno seguendo da qualche tempo e con buona approssimazione le scadenze dei loro tempi, è un dato innegabile. Altrettanto che ciò abbia un carattere eccezionale da poter essere verificata sulla distanza, per quanto possa essere lunga la durata della vita di un essere umano. Quest’ultimo non avrà mai tempo di essere testimone di alterazioni sostanziali e durature anche se vivesse 100 anni e più. Altrettanto vale per i disastri, per quanto gravi, che gli uomini provocano all’ambiente. Pur essendo gli stessi assolutamente da condannare e, se necessario, da punire, non sono la sola causa di quanto sta accadendo. È storia e non leggenda che nel corso dei secoli l’umanità ha conosciuto glaciazioni e surriscaldamenti, siccità e alluvioni, talvolta di proporzioni letteralmente bibliche, il Diluvio Universale ne sarebbe un episodio di portata notevole. Al momento, soprattutto in Italia, si sta verificando una complicazione che falsa non poco le dinamiche del passaggio all’energia ottenuta da fonti rinnovabili. Proprio domenica la Premier Meloni, accompagnata dal Presidente dell’Eni De Scalzi, si é recata a Algeri per confermare e ampliare i rapporti di collaborazione con quel paese, divenuto dallo scorso anno il primo fornitore di gas del Paese. Il filo che lega Italia e Algeria, entrambi affacciati sulle sponde che si fronteggiano nel Mediterraneo, era stato già iniziato a essere stretto dal capo del governo che l’aveva preceduta, Draghi. E’ bene parlare di ripresa e non di partenza da zero delle relazioni tra i due paesi, perché il creatore dell’Eni Mattei, che ne fù anche presidente fino alla sua tragica scomparsa, aveva intuito che con ciascuno dei paesi del Nordafrica era necessario creare rapporti bidirezionali. In tal modo si sarebbe potuto evitare che uno dei due partners avesse potuto iniziare di li a poco a agire autonomamente senza particolari freni inibitori. Si aggiunga che ancora oggi la longa manus del governo deputata a gestire le questioni energetiche di Roma è sempre l’Ente Nazionale Idrocarburi e il cerchio è chiuso. L’argomento a latere è la ripresa delle trivellazioni in terra ferma e in mare, quando già si é deciso l’eliminazione al più presto dell’utilizzo dei combustibili fossili. Chi avversa tale attività non è completamente fuori dal corretto ragionare. Le risorse economiche disponibili sono limitate e sarebbero privi di senso investimenti con una durata della propria funzionalità più che limitata nel tempo, almeno nelle intenzioni. Intanto il ricorso a fonti di approvvigionamento diverse da quella ottenuta dalla trivellazione in proprio costa sensibilmente in più della stessa reperita in autonomia. Difficile quantificare il differenziale economico tra le due politiche energetiche, per la qualcosa l’ago della bilancia sembra rivolgersi decisamente verso il consenso alle nuove captazioni. Al momento sono ancora in ballo scelte alternative decisamente non convergenti su quale delle fonti rinnovabili dovrà cadere la scelta per evitare diseconomie e confusioni peraltro costose derivata dalla mancanza di omogeneità di vedute. La selezione non sarà semplice, pertanto meglio evitare interventi che si allontanino da una necessaria, ragionata omologazione. In campagna dicono che, mentre il veterinario studia, l’animale muore. Al momento non sarebbe il massimo, mutatis mutandis, per la questione energia. Ancora una volta sarà bene che il governo si dia da fare mettendo il senno nel frigorifero. Riflettendo, potrebbe non essere necessario, se permarranno le temperature attuali.