Durante i periodi di fervore ci si dimentica del futuro:la scuola.

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E’ un periodo denso di avvenimenti:riforme, votazioni, endosment politici, referendum e quant’altro. Ma è proprio durante questo marasma generale che l’opinione pubblica, la politica e la stampa,  si dimenticano dell’aspetto fondamentale del paese, quello che di fatto ne costituisce la vera “forza” intellettuale: la scuola. Purtroppo quando si esaurisce il momento in cui la scuola è messa al centro dell’interesse comune, più per motivi politici che per un vero interesse sostanziale di cambiamento,  le attenzioni sfumano e le passioni politiche si placano, o meglio prendono un’altra direzione. Sembra proprio che le priorità di un paese siano estranee al garantirsi un futuro e una classe dirigente degna di guidarlo, perche se così non fosse i governi che si sono succeduti negli anni avrebbero dovuto proporre e approvare una riforma radicale della scuola e del sistema scolastico italiano, da anni ormai in grande crisi. Dopo la distruttiva riforma Gelmini, le proposte che sono state fatte non sono state certo in grado di porre un rimedio vero e definitivo alla situazione drammatica nella quale versa il sistema scolastico e universitario italiano. Tralasciando le problematiche inerenti l’aspetto economico, infrastrutturale e gestionale che caratterizzano gli edifici scolastici in più o meno tutta l’area peninsulare, sarebbe opportuno ridiscutere e ridisegnare  il modello metodologico, assolute valido per certi aspetti, ma drammaticamente obsoleto per altri che tutt’ora vige nella scuola italiana. Ciò che fondamentalmente lo rende arcaico è che ci sia la tendenza a fare troppo nozionismo fine a se stesso, troppe informazioni inutili, troppo poca libertà lasciata al docente a livello programmatico e prossemica inefficace della lezione frontale.  Per quanto riguarda le informazioni e la vastità di argomenti talvolta affrontati in maniera superficiale e frettolosa per fare in modo di completare il programma ministeriale imposto all’inizio del percorso di studio il problema andrebbe affrontato a d “alti livelli”, nel senso che sarebbe più opportuno garantire maggiore flessibilità di programma e con la possibilità di divergenze argomentative in relazione al percorso di studi che uno decide di intraprendere.  Senza dubbio avendo linee guida meno rigide gli insegnanti avrebbero maggiori possibilità di trattare gli argomenti in maniera più approfondita e senza paura di non avere svolto tutto. Ciò che però in Italia non si è ancora capito è che la lezione frontale è destinata inequivocabilmente a fallire. La prossemica del docente in cattedra, come dominatore assoluto della conoscenza e dello studente al banco ligio e senza possibilità di replica dovrebbe essere stata eliminata dai movimenti studenteschi che hanno caratterizzato la seconda metà del ventesimo secolo, ma non è stato così. Chiaramente i moti studenteschi, hanno portato ad un nulla di fatto in quanto degenerati in episodi di violenza gratuita ed inutile, e in secondo luogo perché le proposte che promuovevano erano caratterizzate da una buona impostazione formale, ma da uno scarso contenuto sostanziale dettato dall’utopia di una generazione. Ciò che però è opportuno capire è che un sistema come il nostro, che prevede una gerarchia oltre che sostanziale, anche formale non può più essere attuale ed efficace. Ci sarebbe invece bisogno di lezioni “inter pares”, nelle quali il professore, seduto in cerchio con gli studenti si confronta e discute sulla base anche del punto di vista degli allievi proponendo dibattiti e discussioni in merito anche ai problemi che nel mondo odierno è opportuno conoscere e affrontare. Si potrebbe chiamare ora di Attualità e discussione, ma si dovrebbe arrivare a garantire un tipo di istruzione di questo tipo: inclusiva, alla pari e senza prevaricazioni. Questa metodologia circolare di affrontare le lezioni non toglierebbe nulla all’autorità dell’insegnante, bensì farebbe in modo che ci fosse più rispetto, e  maggiore considerazione dell’opinione altrui. Solo cambiando radicalmente modo di insegnamento e metodologia di approccio potremo arrivare ad avere un sistema scolastico in grado di competere ed essere superiore agli altri Paesi. Già abbiamo avuto le prove che i “cervelli italiani” sono largamente competitivi e in numerosissimi casi si sono dimostrati anche i migliori, ma bisogna lavorare e costruire un sistema che sia in grado di tutelare questo tipo di eccellenze in modo da evitare il più possibile la famigerata “fuga di cervelli”. Le idee proposte e descritte in questo articolo sono di difficilissima realizzazione, ma vogliono stimolare l’immaginazione di chi le leggerà, per far si che si creino le condizioni per una scuola migliore:le condizioni per il futuro.