“Doveri dell’uomo” di Giuseppe Mazzini: intervista allo storico Pier Franco Quaglieni

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In foto Pier Franco Qualglieni

di Fiorella Franchini

Giuseppe Mazzini fu una delle maggiori personalità del Risorgimento italiano, della lotta per l’indipendenza e per la formazione di uno stato e di una coscienza unitari. I ricordi scolastici ci restituiscono, purtroppo, l’immagine di un politico austero, portatore di valori profondi e, al tempo stesso, anacronistici: “Le cose più sante, che noi conosciamo, […] Dio, umanità, Patria, Famiglia”. Eppure, basta appena spolverare i preconcetti di una cultura massificata e superficiale, per riscoprire la modernità di gran parte della sua concezione politica e morale. A 150 anni dalla sua morte, la saletta Guida di via Bisignano a Napoli, ospita, con la partecipazione della scrittrice Annella Prisco e del prof, Guido D’Agostino, lo storico Pier Franco Quaglieni autore del saggio introduttivo e curatore del libro di Giuseppe Mazzini “Doveri dell’uomo”, edito dalla casa editrice Pedrini su iniziativa del Centro Pannunzio di Torino. In un mondo diviso a metà, tra Paesi che non riconoscono neppure i più elementari diritti umani, e società come quelle occidentali dove si assiste a un’intransigente esaltazione degli stessi cui sembra non debbano più corrispondere doveri che possano limitarli, Pier Franco Quaglieni, saggista, giornalista e docente, ha voluto proporre una riflessione sul pensiero di Mazzini e una considerazione sullo scadimento morale che caratterizza la nostra contemporaneità.

Prof Quaglieni perché ha dedicato la sua attenzione proprio a Giuseppe Mazzini?

Mi sono dedicato a Mazzini come storico del Risorgimento attento a una figura centrale della storia e della cultura drll’800 italiano ed europeo, quindi con il distacco critico necessario senza indulgere a simpatie o antipatie. Ho ripubblicato “I doveri dell’uomo “ di Mazzini perché oggi, in epoca di soli diritti, è indispensabile superare gli individualismi egoistici che rischiano di disgregare la società, sottolineando anche i doveri che molti hanno archiviato. Il relativismo etico non appartiene alla cultura laica, ma all’edonismo senza regole. Le vite dei laici Benedetto Croce e Gaetano Salvemini, ad esempio, furono austere e severe.

Il volume si avvale di undici capitoli e di un interessante testo inedito di Renzo De Felice, che spiega i rapporti tra Mazzini e il socialismo. Mazzini, infatti, è fautore di un pensiero rivoluzionario, e proprio per questo non sufficientemente valorizzato, forse anche per i suoi ideali repubblicani, in contrasto con il disegno di unità italiana. Una rilettura che rende evidente la modernità di un convincimento profondamente attuale e, spesso, sottovalutato o distorto. La sua idea di Repubblica unitaria fu nel Risorgimento una grande e bella utopia che venne in parte realizzata con la Costituzione del 1948. Anche oggi possiamo attingere da Mazzini spunti molto attuali soprattutto in tema di doveri e di parità tra uomo e donne, tema che egli senti particolarmente.

Quali sono i pregiudizi che accompagnano la figura e l’opera di Mazzini?
I pregiudizi sono molti. Non è stato considerato il suo grande apporto d’idee al Risorgimento. E ‘ politicamente un perdente, ma basterebbe la Costituzione della Repubblica romana a farci capire il suo spessore politico. I marxisti lo hanno combattuto perché tra i primi, vide nel pensiero marxiano il pericolo d’idee autoritarie incompatibili con la libertà. Mazzini ebbe ben presente la questione sociale, ma rifiutò sempre di negare la proprietà privata. I marxisti ne fecero sovente un fantoccio polemico, mentre Mazzini è un pensatore politico di respiro internazionale.

Quali sono state le strumentalizzazioni del suo pensiero?
La strumentalizzazione più vistosa ed eclatante di Mazzini avvenne con Gentile e il fascismo che s’impadronirono della sua figura carismatica per vedere in lui un antesignano del fascismo visto come punto di arrivo del Risorgimento, una tesi questa totalmente antistorica. Anche il fascismo della Rsi e il Msi si appropriarono di Mazzini. Un’operazione priva di fondamento storico perché Mazzini è sempre stato per la democrazia e la libertà.

E’ la legge fondativa della nostra Repubblica, all’articolo 2, che afferma il valore della solidarietà come base della convivenza sociale: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” I doveri mazziniani implicano i valori della Patria e della famiglia, della solidarietà tra gli uomini, della dignità del lavoro, di un’idea di Europa ancor oggi attuale.

Quali sono, allora, i limiti delle sue idee?
Il limite mazziniano è forse l’intransigenza che pure è una sua virtù che pagò con carcere ed esilio. Garibaldi che certo non possedeva la cultura politica di Mazzini, capì che per fare l’Italia occorreva un compromesso con Cavour e il Piemonte sabaudo. Mazzini rimase sempre intransigentemente repubblicano, anche se dopo il 1861 non boicotto ‘ mai il nuovo Stato unitario. I limiti che la cultura marxista vede in lui in realtà non esistono perché egli fu attento sempre agli operai, rifiutando però l’idea di uno Stato padrone cui i marxisti guardavano. I marxisti e anche gli anarchici furono suoi acerrimi nemici. Mazzini voleva mediare tra Capitale e Lavoro attraverso il cooperativismo, un’idea non abbastanza praticata, ma certamente da non sottovalutare.

Ripensare ai suoi scritti, dunque, fa emergere un intellettuale vivace nel pensiero e visionario, diverso dallo stereotipo dell’uomo severo e cupo che è stato tramandato nel tempo: “I vostri primi doveri, primi non per tempo ma per importanza e perché senza intendere quelli non potete compiere se non imperfettamente gli altri, sono verso l’Umanità”. La sua eredità è chiara, lapidaria: il rispetto di ogni uomo, di quell’Umanità che oggi lasciamo naufragare sulle rotte della disperazione, della paura, dell’indifferenza.