Donne in trincea: amore oltre il sopruso

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Con tanto di eskimo, giacconi impermeabili, casacche e cinturoni militari, le giornaliste che vanno sui fronti di guerra (immaginiamo oriana Fallaci o Monica Maggioni) subiscono mutazioni tali da diventare donne Rambo o virago? Perdono tutta la carica di femminilità o quella dotazione di sentimenti che sono propri delle donne? Se questo è il prevalente immaginario collettivo, la scrittrice Giuseppina Giudice lo ribalta completamente mostrando, con efficacia narrativa, l’altra faccia delle giornaliste che, a cominciare da quelle italiane, ogni giorno raccontano in diretta gli orrori delle guerre (kamikaze, bombe, massacri, devastazioni). Loro davanti alle telecamere, alle loro spalle vite umane spietatamente falcidiate da sanguinari scontri di potere e di fanatismo religioso. La protagonista del nuovo romanzo (“amori in prima linea”) è, a Bagdad, Kristin, una inviata americana con ascendenze italiane. Proprio in un luogo sconvolgente, che fa toccare con mano quella che Kundera chiama la “insostenibile leggerezza dell’essere”, sente all’improvviso risvegliarsi “il desiderio di una famiglia tutta sua”: tanto amore dentro di sé, ma a chi poterlo dare? nella psicologia della cronista (e della sua autrice) incomincia un percorso nuovo. una prima parte è caratterizzata dalla illusoria virtualità dei rapporti. dalle chat alle mail a facebook, il computer diventa una droga psicologica capace di trasformare (bella allegoria e metafora) un brutto anatroccolo in uno splendido cigno. dopo l’ingannevole relazione telematica, Kristin incontra, fra le rovine di un palazzo, la piccola vera (Ramah): un “dono speciale” che conferisce ulteriore urgenza al sentimento della maternità. ci saranno ancora drammatiche prove (la pratica per l’adozione, la verifica della affidabilità delle persone che si incontrano a cominciare da Jim, medico senza frontiere in servizio in iran, un grave incidente d’auto e la tormentata prigionia nel carcere talebano dove rischia lo stupro, l’avventurosa fuga verso il campo americano) ma l’obiettivo da raggiungere è ormai il radicale cambiamento: passare da un’esistenza fatta solo di morte ad un’altra piena di affetti. Questa scelta, proposta dalla scrittrice, è tanto più importante e significativa perché si concretizza in terrificanti teatri di guerra “dove la pietà e la compassione sono un lusso che nessuno può permettersi”. Gli “amori in prima linea” sono l’ostinata difesa dei valori affettivi ed eticomorali, della solidarietà che non si predica ma si pratica. in sostanza, Giuseppina Giudice fa come Susanna tamaro: va dove la porta il cuore. Già con il precedente romanzo (“Profumo di ginestre e polvere da sparo”) dove l’io narrante è tutto femminile, la scrittrice aveva ricostruito i valori di una famiglia meridionale durante le fasi più tragiche della seconda guerra mondiale. Si confermava che il futuro, alla carlo Levi, ha sempre un cuore antico. Bello quel titolo, quasi emblematicamente un ossimoro: se la polvere da sparo è la negazione della vita, il profumo delle ginestre ne rappresenta l’immenso valore. nata ad agropoli (“in una famiglia modesta, molto ricca di valori e affetti, con un papà commerciante che ha lavorato sodo per darci il meglio, e una mamma molto attenta ai bisogni dei suoi figli”), Giuseppina Giudice si è costruito un registro narrativo che incrocia abilmente la grande letteratura ottocentesca europea con la modernità tutta meridionale del nostro Paese (“la cilentanità è l’espressione delle mie radici”). agropolese è tutta la sua prima formazione: elementari, medie, liceo (“quello scientifico fu una decisione dei miei, io avrei preferito il liceo classico”). Per la scelta universitaria non manca un conflitto. “desideravo iscrivermi alla facoltà di Medicina – racconta la scrittrice – ma i miei genitori erano contrari; così mi iscrissi al corso di laurea in Lingue e Letterature moderne pensando di poter realizzare un sogno che coltivavo fin da bambina”. una breve pausa,un veloce riordino della memoria e poi: “era il sogno di partire, andare lontano in america come avevano fatto il nonno di mia madre e i suoi, in modo da costruire lì il mio destino lavorativo e sentimentale”. Ma ora andrebbe più via da agropoli? Bè, quello era il mio sogno da bambina, ora non lo è più”. nelle coinvolgenti atmosfere cilentane gli impegni di lavoro professionale di Giuseppina Giudice (“insegno da molto tempo lingua e letteratura inglese al liceo di agropoli intitolato al grande poeta salernitano alfonso Gatto”) si intrecciano con quelli di natura creativa (“ho incominciato ad esercitarmi con testi in rima alle scuole elementari; alle medie sono arrivati i primi racconti e poesie su tema; poi è stata la volta delle poesie legate ai primi innamoramenti, delusioni, sogni di ragazza”). Già con le prime due raccolte pubblicate arrivano significativi riconoscimenti e premi letterari (uno della Rai di Roma, un altro con medaglia del Senato; più recentemente la nomina di accademica della “Giacomo Leopardi” di Reggio calabria, con le affermazioni presso la Provincia di Salerno e al concorso intitolato ad alfonso Gatto). La scrittura diventa sempre più una “terapia dello spirito”: un bisogno vitale di “esternare, fissare emozioni e sentimenti insieme con eventi e persone care di un tempo ma anche, contestualmente, un modo per vivere consapevolmente una vita alternativa”. È tutto un piccolo-grande universo di storia e di umanità che trova voce e testimonianza. dominante è, perciò, un tema. “Sì, il mio mondo interiore con la sua vasta gamma di affetti e pulsioni, i ricordi legati all’infanzia, i luoghi della nostra storia congiunti con l’apertura ai temi sociali che sono immanenti e non si possono rimuovere”. Percorso narrativo coerentemente in progress, quello di Giuseppina Giudice. con i versi di “Gocce di rugiada” e di “ci saranno altri tempi…come un tempo” la poetica degli affetti emerge da un velo di nostalgia per ancorarsi all’autoriflessione psicologica, con l’autrice mai prigioniera della propria sfera intimista. nelle successive pagine di prosa irrompe, invece, una più forte urgenza civile e sociale che diventa confronto e sfida fra sé e gli altri, i propri sentimenti e il mondo esteriore. allora il respiro narrativo diventa più ampio e avvolgente, la scrittura più densa, limpida e sorvegliata conservando la linearità espressiva come dato qualificante. domina la scena un io femminile molto determinato. il suo primo romanzo ebbe per titolo quasi un ossimoro.“amori in prima linea” presenta un’altra donna che non chiude gli occhi di fronte alla realtà ma che, anzi, proprio da tutto quello che patisce trova la forza per uscire da un lungo tunnel. Messaggio nemmeno tanto subliminale da parte di Giuseppina Giudice: un mondo a “trazione femminile” sarebbe certamente migliore.