Donne d’Africa

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C’è un popolo senza tempo in Africa, dove le donne profumano di mirra e hanno corpi rossi come la terra del deserto. Quel popolo ha il nome di Himba ed è stanziato nelle regioni della Namibia, a sud del continente. A raccontarcelo è Andrea Mazzella con un’ esposizione fotografica dal titolo Donne d’Africa, che sarà ospitata negli spazi del Palazzo delle Arti di Napoli fino a Domenica 20 Marzo. Ma non solo, attraverso i suoi scatti Mazzella ci parla anche di Angola, Uganda, Zambia, Mozambico ed Etiopia, di un Africa fatta di donne e di donne che si fanno protagoniste dell’Africa. L’evento nasce in collaborazione con il Café Africa, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e di quello per le Pari Opportunità. Il vernissage è stato infatti accompagnato da un dibattito sul tema, presentato da Maria Cristina Ercolessi, docente presso l’Università degli Studi di Napoli l’Orientale, e moderato da Alessandra Laricchia, presidente di Africa Cafè. Al congresso hanno preso parte donne che si sono affermate nel mondo del giornalismo, della ricerca e dell’imprenditoria, tra cui Cristiana Ruggeri, Sara Borrillo, Andrea Maria Romano, Mary Osei e Maria Cristina Fraddosio.
Lo sguardo occidentale, ma più in generale dello straniero rispetto all’esotico, tende a procedere per cliché. Un continente sterminato e diversificato come quello africano diventa allora un’unica grande Africa, quella dei diamanti sporchi, della mosche sul viso, della siccità, dei bambini con la pancia gonfia o di quelli con il kalashnikov in mano. Sicuramente esistono emergenze su cui lavorare, ma è anche vero che l’Africa, quella vera, è diversa e sarebbe giusto concederle uno sguardo spoglio da ogni pregiudizio. E’ ciò che il reportage di Andrea Mazzella. Scatti dove lo stereotipo cade miseramente, lasciando campo libero alla resa psicologica del soggetto fotografato. Spesso nei video reportage e sui magazine, la persona tende a scomparire nella massa, nelle foresta di mani in saluto di una crocchia di bambini. Qui no. Qui ogni faccia è una faccia che giganteggia sulla superfice della foto, arricchita dalla scelta stilistica del bianco e nero. Ed anche quando i soggetti ritratti vanno ad affiancarsi mantengono integra la loro singolarità. Ma a venir fuori potentemente è innanzitutto la forza, la grazia, la determinazione della donna africana. In ogni stagione della vita, in ogni momento rubato alla quotidianità. Scatti come Milk mum… please hanno un impatto immediato. Non solo perché il momento dell’allattamento è un gesto democratico, familiare, comune all’essere madre ad ogni latitudine, ma perché Mazzella ha la capacità di mostrarcelo con una naturalezza che fa impallidire ogni nostra convenzione sociale. O ancora Sguardo Himba, dove una ragazzina, con i tradizionali capelli intrecciati con ocra e grasso, guarda fisso l’obiettivo. Ha due mosche sugli occhi, ma non ci si fa caso tanta è la tensione emotiva. In questo caso il fotografo combatte lo stereotipo con lo stereotipo. Ma altro prezioso obiettivo che Mazzella sembra imporsi è quello di mantener vive, senza mai banalizzarle, le tradizioni di tribù che sembrano destinate all’estinzione a causa dei processi di “civilizzazione” ed occidentalizzazione. A questo proposito ricordiamo che la civiltà Himba è strutturata secondo una gerarchia femminile, cosa che nei paesi così detti civilizzati si vede difficilmente. E forse è proprio questo quello che ci insegna una mostra come Donne d’Africa in questi giorni al Pan, che a volte basta aprire gli occhi per guardare un po’ più là del proprio naso, che si può essere donne in maniera diversa, ma che è più facile farlo abbattendo assieme la barriera del pregiudizio.
Angela Cerritello