Queste riflessioni sono indirizzate soprattutto agli intellettuali, agli artisti, ai professionisti, al ceto produttivo e alle persone probe perché riflettano sul loro ruolo di guida della società cui hanno abdicato. Chi per ambizione o per bramosia di denaro, chi semplicemente per indolenza o perché mal consigliato, si sono tutti aggregati alla massa di questuanti che sostengono il potere e ne mendicano le briciole. Andiamo di male in peggio da quando il ceto medio si è disciolto, lasciando il paese senza esempio né cultura, e neppure coscienza. La borghesia deve riappropriarsi delle prerogative che le sono naturali per restituire dignità e diritti alla povera gente.
L’Europa funzionava quando c’era il cemento della cultura
Temendo che finissero satelliti della Russia, come lo erano stati dell’URSS, qualche anno fa i mediocri di turno a Bruxelles fecero entrare nell’Unione alcuni paesi che non avrebbero mai avuto i requisiti necessari. Nonostante la dedizione dalle vecchie democrazie perché imparassero il rispetto dei diritti dell’uomo, sono ancora lontani dall’essere europei. Godono di contributi che arricchiscono il loro PIL e ci hanno riempito di criminali. Ora che sono padroni, vogliono che la politica controlli la giustizia, come faceva chi un tempo li privava della libertà. I richiami entrano da un orecchio e escono dall’altro. Poi arrivò Macron, che doveva salvare la patria. Ma si scoprì che pensa solo alla sua.
Un risparmio da miserabili
La crisi idrica è preoccupante. Le condutture sono un colabrodo. Continuano a chiudere fabbriche e negozi. Dilaga la corruzione. I giovani muoiono di ecstasy. I deboli uccidono le proprie donne. Incendi dolosi distruggono ogni giorno un po’ di paese. Con l’arrivo delle piogge chissà che cosa succederà. Anziché aggiornare le leggi e renderle funzionali il parlamento dibatte dei vitalizi, come se fosse il problema prioritario di un’Italia allo stadio terminale. Da 5200 euro la pensione di Dalema si ridurrebbe a 3800. È di 1400 € l’entità dello scandalo. Per questo nulla funziona? Vogliamo
affidare il futuro dei nostri figli a una classe politica di accattoni che speculano su miseria e ignoranza degli elettori?
Perché non metterlo nel biglietto da visita?
Ognuno ha i suoi pregiudicati. Ce ne sono persino in parlamento. Eppure il termine non va in disuso. Anzi è di grande moda per denigrare un avversario. In politica è un’arma, non solo una qualifica. Chi ne è vittima dovrebbe ritenersi ingiuriato e poter chiedere un risarcimento. Con tanti personaggi altolocati che lo subiscono, nessuno sa prendere l’iniziativa di metterlo fuori legge. Il fatto è che seppure con 110 e lode o laurea acquistata, non gli è facile formulare una motivazione giuridica. È vero che indica chi è stato condannato. Però ha già pagato il debito alla società. Perché portare il marchio per tutta la vita? Grave, invece, è chi delinque e riesce a farla franca. Oggi purtroppo sono in tanti.
Meno male che la Raggi c’è
La politica è un’arte molto sofisticata e in continua evoluzione. Necessita di cultura, sensibilità, esperienza, umiltà, formazione e visione del futuro. Non basta individuare i problemi per essere capaci di risolverli. Trovare le soluzioni è meno facile. Essere in gamba o avere avuto successo in altri settori non è sufficiente. Non è, quindi, un’attività alla portata di chiunque, come ai nostri giorni sembra possibile. Gli intrusi provocano solo guai. Sono anni che l’Italia paga l’ingenuità di voler provare la novità. E persistiamo nell’errore. Se il M5S non avesse avuto la presunzione di governare Roma con personaggi inadeguati saremmo caduti anche nella loro trappola, questa volta definitiva.
Deve piacere agli italiani per essere un buon presidente?
Abituati da troppo tempo a chi promette solo vantaggi e privilegi, seppure non li meritiamo, i giornalisti italiani si preoccupano che, a poche settimane dall’insediamento all’Eliseo, la popolarità di Macron sia in calo precipitoso. Essendo ormai eletto, perché preoccuparsi di piacere? Penserà al gradimento tra cinque anni. Intanto, attua il suo programma, che presuppone sacrifici e, magari, alla fine, soddisferà i francesi. Noi, in perenne campagna elettorale, tendiamo a compiacere continuamente gli elettori e agire come se a decidere fossero loro, bravissimi nel criticare ma non adeguati a governare. Ecco perché da noi le cose vanno di male in peggio, chiunque, poi, vinca le elezioni.
La promessa di mantenere chi non produce è una truffa
La contestazione politica del vaccino non è soltanto una follia, ma una mascalzonata che, oltre a riesumare malattie già sconfitte, produce pericolosità sociale. Il primo incidente, causato dalla diffusione di tante falsità, è già accaduto a Diamante. Un medico aggredito da un genitore ignorante che lo accusa di avere trasmesso l’autismo al figlio. È un modo subdolo per aumentare l’esasperazione in cui molti cittadini vivono. Non è degno di fare politica chi specula sulla credulità e la dabbenaggine della gente. In un paese civile gli elettori li avrebbero già mandati a casa. In Italia, invece, ci votiamo illudendoci di godere un giorno di un reddito che consentirebbe a tutti di vivere senza lavorare.
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“Viaggio nella vita” esorta i giovani a non imitare noi genitori e nonni che, trasgredendo le regole più elementari della convivenza civile e assecondando una politica condotta da mediocri, gli abbiamo complicato la vita e compromesso il futuro.
La nuova generazione è l’ultima che può salvare l’Italia, sorvegliando che nessuno si ritenga più furbo di altri. Se no, crolla tutto. Se a corrompere e rubare sono solo i delinquenti – com’era un tempo – la società può ammortizzare il danno. Se, invece, a trasgredire sono tutti, il fallimento è inevitabile, anche per coloro che lo hanno causato.
Il libro trasporta il lettore in una favola nella quale si immedesima, diventandone protagonista felice. Al termine della lettura, tornando alla triste realtà, si rende conto che non si è trattato di un sogno ma della vita che tutti potremmo vivere se ognuno di noi si comportasse un po’ meglio.