“Infrastrutture energetiche di qualità per il Mezzogiorno. Sulla strada della decarbonizzazione”: è il tema dell’incontro promosso dall’Associazione Merita e Matching Energies Foundation (Mef) svoltosi lunedì 30 in diretta streaming sui canali social di Merita. Obiettivo dichiarato dell’incontro: fare il punto “sugli investimenti necessari per rendere le reti energetiche meridionali all’altezza degli ambiziosi obiettivi previsti dal quadro della strategia europea sulla decarbonizzazione: piano che richiede un rilevante potenziamento della capacità e flessibilità della rete nel settore elettrico e il potenziamento e rinnovo di settori importanti della rete gas, oltre allo sviluppo delle interconnessioni con l’estero. Uno sforzo necessario per raggiungere il mix di fonti energetiche indicate dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) per il 2030 in termini di quota delle rinnovabili (30% del consumo finale di energia e 55% sui consumi elettrici) e di utilizzo del gas naturale (49 MTep)”.
Con il presidente onorario di Merita, Claudio De Vincenti, e quello di Matching Energies Foundation, Marco Zigon, hanno provato a dar risposta alle questioni poste dal webinar i principali attori dell’industria energetica italiana, pubblica e privata: da Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna, a Paolo Gallo, Ceo di Italgas, Carlo Tamburi, direttore di Enel Italia, Massimo Derchi, capo business della Unit Asset Italia di Snam, Giordano Colarullo, Dg di Utilitalia. Per il Governo hanno preso parte alla discussione Sara Romano e Giberto Dialuce, direttori generali, rispettivamente del settore Approvigionamento e Competitività Energetica, e di quello Infrastrutture e Sistemi Energetici del Mise. All’evento, sponsorizzato da Enel, Snam, Terna, Italgas, hanno partecipato in qualità di media partner Formiche, Radio Radicale e ildenaro.it.
Zigon: Lo scenario
E’ toccato a Marco Zigon fissare le coordinate di un dibattito che, come ha spiegato il patron di Getra, non può prescindere dagli effetti della pandemia sull’economia dei prossimi anni: a cominciare dalla constatazione di un calo della domanda di energia pari al 5% e dalla frenata dei consumi. Il che, tuttavia, fa notare Zigon, non ha arrestato nel mondo la spinta per assecondare la transizione energetica verso una economia più sostenibile. “Abbiamo quindi di fronte – ha detto – la necessità di uno scenario energetico che abbia un mixing più favorevole alla sostenibilità e al contenimento delle emissioni climalteranti: quasi il 90% della nuova potenza installata nel mondo quest’anno sarà green”. E la situazione in Italia? Qui la quota di energia elettrica sui consumi finali di energia è il 21%, di cui il 32% è fornito da fonti rinnovabili (solare – eolico – idroelettrico). Il Piano nazionale. ha ricordato, pone obiettivi ambiziosi al 2050 e in maniera più stringente al 2030: il 30 per cento del consumo finale di energia e il 55% sui consumi elettrici dovrà pervenire dalle fonti rinnovabili. Tuttavia esso fornisce gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di incremento delle rinnovabili ma non definisce e dettaglia i fabbisogni di investimento nelle reti necessari ad adeguarle al conseguimento di quegli obiettivi.
Alla base della transizione energetica di tipo green, ha spiegato Zigon, ci sono le reti elettriche di trasmissione e di distribuzione. E in questo ambito il ruolo del Mezzogiorno è cruciale per la rete di trasmissione sia per la sua capacità di produrre energia rinnovabile che per la sua centralità nella dorsale della rete transnazionale mediterranea che collega la sponda Sud con l’Europa.
I passi da fare
Potenziare la capacità della rete elettrica di trasmissione nazionale è, secondo Zigon, indispensabile per sostenere il più efficace ingresso in rete delle energie rinnovabili prodotte nel Mezzogiorno e la loro trasmissibilità sul mercato nazionale ed europeo, completando le interconnessioni elettriche delel isole maggiori e accelerando le connessioni delle isole minori; occorre inoltre programmare le interconnessioni con l’estero che vadano in direzione del mercato unico europeo e al tempo stesso consentano l’interscambio con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo.
Quanto alla rete di Distribuzione per Zigon occorre dare impulso alla flessibilità delle reti elettriche, in particolare quelle di distribuzione locale, attraverso “smart grid” in grado di gestire i flussi in entrata e in uscita connessi alla generazione diffusa, specie da rinnovabili, e alla variabilità temporale degli utilizzi di energia e di migliorare l’efficienza energetica del sistema.
Mezzogiorno, urgente investire in ricerca e sviluppo
In questo scenario, nota Zigon, “benché il Mezzogiorno sia considerato baricentro della dorsale che dal Nord Africa arriva in Nord Europa ed il fulcro della infrastruttura di rete transcontinentale (super grid) che fa dell’Italia l’hub energetico euromediterraneo, lo stato delle infrastrutture energetiche è segnato da uno storico ritardo nei confronti del Centro-Nord in termini di quantità e qualità”. Di qui la necessità, aggiunge, di “un rilevante investimento in Ricerca & Sviluppo, l’unica dimensione del nostro Pniec su cui la Commissione ha espresso un giudizio negativo. Il Piano nazionale non entra nel merito delle singole aree e questo ce lo commenta criticamente anche l’Europa. Dobbiamo viceversa puntare in maniera convinta su Ricerca e Sviluppo, qualcosa che nasce in maniera integrata a livello europeo. Va tenuto nel dovuto conto che gli scenari futuri dell’energia elettrica sono sempre più di natura transnazionale. Anche le future evoluzioni di scenario riguardanti il tema l’idrogeno vanno in questa direzione”.
Donnarumma (Terna): Investimenti per 9 mld, la metà nel Centro-Sud
Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna, ha ricordato che il piano industriale dell’azienda elettrica ha visto un incremento del 22% rispetto al precedente, “questo per cogliere le opportunità di accelerazione potenziale e di semplificazione autorizzativa che sono dei must per sviluppo del sistema energetico nazionale, così come le opportunità che nascono dalle necessità di adeguatezza del Pniec”. Il piano di sviluppo, ha continuato, prevede 9 miliardi di investimenti, la metà dei quali si concentra al centro-Sud. Se togliamo la componente Tyrrhenian link, circa 3 miliardi sono sviluppati nelle regioni del Sud Italia”. Investimenti, ha spiegato il numero uno di Terna, che si dividono in diversi cluster che spaziano dal trasporto dell’energia, soprattutto direzione Sud-Nord, ai cavi sottomarini. “Nell’ottica della sostenibilità ambientale, altro nostro target fondamentale – ha aggiunto -, è una massiva attività di rinnovo degli impianti. Prevediamo di investire almeno 1 miliardo per la sicurezza della rete. Infine, il concetto di flessibilità diventa qui estremamente importante: noi siamo un sistema di insieme. Tutte le parti in gioco devono garantire che il sistema regga e regga la sfida della transizione energetica. Il nostro è un lavoro di team. Bisogna lavorare affinché questa pianificazione sia integrata. Un esempio? La capacità di digitalizzazione delle reti, e di gestione a livello periferico e locale il flusso energetico, è fondamentale che sia supportata da un’infrastrutturazione corretta per poter gestire la resilienza e la sicurezza del sistema così come la capacità di flessibilità”.
Tamburi (Enel): Decarbonizzazione e transizione energetica entro il 2030
“Decarbonizzazione e transizione energetica sono i nostri obiettivi principali al 2030, che abbiamo di recente rimarcato nel nostro piano industriale”, ha sottolineato Carlo Tamburi, direttore di Enel Italia. “Il nostro punto di arrivo, che coinvolge anche e soprattutto il Sud, è il disimpegno del carbone nei nostri quattro grandi impianti. C’è poi il tema della Sardegna e del Mezzogiorno: sappiamo che la rete deve fare interventi di automazione e digitalizzazione per rinnovarsi ed essere più efficiente. Tutto quello che facciamo è indirizzato alla sostenibilità e alla transizione energetica”. “Nel Sud abbiamo il Sulcis – ha continuato -, dove abbiamo fatto un grande sforzo di collaborazione con le istituzioni, soprattutto con il Ministero, e abbiamo dato supporto per la ripartenza dell’hub dell’alluminio nella questione dell’Alcoa. Il Tyrrhenian link deve integrare l’infrastruttura elettrica per l’approvigionamento genrale della Sardegna. Abbiamo poi l’impianto di Brindisi, molto importante per l’equilibrio della rete, essenziale da anni. Dal primo gennaio verrà chiuso il primo dei tre gruppi Brindisi 2”. Dal 2025, la centrale funzionerà con metano ad alta efficienza. Tamburi ha proseguito: “Nel mezzogiorno, per quanto riguarda il Recovery Fund, abbiamo tre grandi progetti. Uno è quello di Catania sui pannelli fotovoltaici e sulla riqualificazione complessiva della rete che in alcune parti deve trovare le risposte per la regolazione e la riduzione delle interruzioni e delle perdite di rete. Quegli 8 miliardi di investimenti sulla rete sono in gran parte indirizzati anche a questo”. “Almeno il 70% dei nostri gasdotti sono riutilizzabili. Abbiamo una rete in condizione di gestire con flessibilità il percorso di sostituzione del metano fossile con #gas #rinnovabili, è una ricchezza del Paese”.
Massimo Derchi (Snam): Il 70% dei nostri gasdotti è riutilizzabile
“Gli obiettivi del Pniec sono sfidanti. Il 70% dei nostri gasdotti è riutilizzabile in ottica idrogeno”, ha affermato Massimo Derchi, capo business della Unit Asset Italia di Snam. Il 30 ottobre scorso il Tap (Gasdotto Trans Adriatico, ndr), di cui Snam possiede il 20%, è stato collegato alla rete di trasporto nazionale”. Un progetto, come aveva spiegato l’azienda in occasione della presentazione del Piano Industriale 2024, completato nei tempi previsti.
Paolo Gallo (Italgas): Digitalizzazione fondamentale per la transizione
“Italgas ha una forte presenza nel Mezzogiorno, in cui è presente il 25/30% delle infrastrutture della società. Il nostro piano industriale prevede 7 miliardi e mezzo di investimenti, di cui un terzo è destinato al Sud”. A dichiararlo è il suo amministratore delegato Paolo Gallo durante l’incontro, che ha aggiunto: “Il cuore del piano rappresenta la trasformazione digitale della nostra rete. Abbiamo già speso 900 milioni negli anni passati per questo. Tutta la nostra rete sarà interamente digitale una volta completato il piano industriale. Stiamo inoltre completando con il 2021, fattore che aiuta la transizione energetica, la conversioen di vecchie reti isolate che funzionavano a gpl”.”La digitalizzazione è un elemento rilevante nella transizione e senza di essa non potremo pensare di gestire l’immissione nella rete di gas diversi da quelli tradizionali, come i nuovi gas decarbonizzati e rinnovabili o addirittura l’idrogeno verde. Per questo stiamo facendo un enorme sforzo di trasformazione per rendere la rete compatibile con questi ultimi. Questa trasformazione nell’immediato dà benefici diffusi: la rete digitale aumenta la qualità del servizio offerto, la sicurezza, il contenimento delle emissioni. L’innovazione diffusa sul territorio lo aiuta a crescere. Per quanto riguarda gli investimenti rivolti al Mezzogiorno, in Sardegna abbiamo acquistato delle concessioni due anni fa e nel giro di due anni abbiamo superato 200 km di rete di distribuzione su un terzo del territorio sardo”. “Questo – ha concluso Gallo – conferma il ruolo di innovazione di Italgas, soprattutto nel Mezzogiorno, che porta a un’accelerazione dello sviluppo industriale del Paese. Nei prossimi anni prevediamo di stanziare 900 milioni di euro di investimenti per questo”.