De Vivo dà il suo Massimo
San Carlo? Un amore geloso

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Che si respiri al San Carlo un’aria nuova si avverte da segni che non sfuggono ai frequentatori e agli innamorati endemici del teatro più Che si respiri al San Carlo un’aria nuova si avverte da segni che non sfuggono ai frequentatori e agli innamorati endemici del teatro più emblematico della città. La seconda volta di Vincenzo De Vivo, assistente dell’allora direttore artistico Roberto De Simone, ha portato in questi ultimi due anni stimolanti e creative proposte poiché il direttore artistico unisce alla profonda competenza musicale e teatrale, alle molte esperienze direttive e di consulenza nazionali e internazionali, un valore aggiunto: “La formazione giuridica che emi consente – spiega – di conciliare le esigenze culturali del teatro con le aspettative del pubblico e con gli aspetti economici dell’Istituzione”. De Vivo, il suo è un compito complesso? Sì, non va mai dimenticato che un teatro dove sono state scritte pagine fondamentali dell’opera italiana ha acquistato un’identità che va gelosamente conservata e costantemente rinnovata. Palcoscenico e platea, esigenze da conciliare. Come? Con la carta sempre vincente dei grandi capolavori, con proposte nuove e stimolanti o risalendo agli autori di scuola napoletana, anche quelli contemporanei, da d’Avalos a De Simone e, andando a ritroso, a Franco Alfano, formatosi alla stagione europea degli Strauss e dei Debussy, diversissimi tra loro in modo fortemente innovativo, pur se sempre radicati alla tradizione. Napoli è aperta agli stimoli delle avanguardie? Il pubblico accettò subito la dirompente novità dell’opera di Rossini, compositore d’avanguardia ante-litteram. Oggi è ancora curioso e accetta il nuovo, purché ben fatto. Il primo San Carlo Opera Festival ha trovato nei giovani un’apertura superiore alle aspettative, sulla quale punto molti dei miei obiettivi.Tanti giovani vanno aggiungendosi alle generazioni abituate alla musica fin dall’infanzia. Il nostro programma Educational si propone una formazione che susciti nel giovane che entra per la prima volta in teatro la voglia di ritornarci. Il progetto scuola mira ad allevare una generazione di spettatori dei quali, divenuti frequentatori abituali, si dirà che portano fin da piccoli il teatro nel sangue. Inoltre, ho provato l’orgoglio di aver fatto debuttare qui i più giovani artisti della città, tra i quali i soprani Anna Pirozzin e Teresa Iervolino. È soddisfatto dei rapporti del San Carlo con le istituzioni musicali cittadine? Sì, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, il San Carlo è in grado di dialogare col mondo. Si tratta ora di costruire una strategia per restituire a Napoli la leadership musicale del passato. La sua esperienza al San Carlo si è svolta in due tempi. Sensazioni e confronti? Fiducia nel futuro, tenerezza per i ricordi. Il San Carlo è il teatro della mia infanzia che ho frequentato prima come spettatore, poi come assistente di De Simone. Posso dire che il mio ritorno è stato il seguito di una lunga storia d’amore.