De Nicola: In crisi solo le Pmi che non innovano

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Il dramma italiano ha un nome preciso: mancanza di crescita, poca creazione di ricchezza, bassa produttività e innovazione, poche opportunità offerte e premiate per merito. Un altro amaro primato italico è quello del numero di giovani inattivi, che non lavorano, né studiano, né stanno apprendendo un mestiere. Sono chiamati i Neet: Not in Education, Employment or Training. Gli amari primati non finiscono qui: il “Bel Paese” presenta infatti una burocrazia farraginosa e inefficiente. L’Italia risulta poco appetibile per eventuali investitori stranieri e impone un vero e proprio salasso a chi ha già avviato un’impresa. Ma ad avvertire maggiormente la crisi sono soprattutto le imprese “che non innovano e che non hanno cultura di mercato” secondo Giuseppe De Nicola, ideatore del Premio Best Practices , che quest’anno ha celebrato l’ottava edizione, e numero uno del Gruppo Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Salerno. Dal 2006, anno della prima edizione del premio, ad oggi, quanto è stato difficile raccontare casi di innovazione, illustrandone i benefici per le aziende che sceglievano di investire per crescere? Otto anni fa ho avvertito forte l’esigenza di dare un senso alla mia partecipazione alla vita associativa, andando oltre quelle che erano le attività ordinarie confindustriali. Avvertivo che l’esigenza di conoscersi meglio era forte in tutti i colleghi e ho “approfittato “ della disponibilità del mio presidente e amico Roberto Magliulo a lasciarmi fare. E ho avuto la fortuna che la prima edizione del premio ebbe come ospite d’onore Pasquale Pistorio , che apprezzò molto l’idea pubblicamente e l’anno successivo tornò, via skype, a Salerno per confermare il suo apprezzamento. Un incontro fortuito che ha “sdoganato” quello strano progetto che voleva raccontare casi di innovazione reali di imprese del terziario avanzato. Quanto è servito nel suo caso restare “folli e affamati”? Essere “affamati” è la precondizione necessaria per fare cose nuove. L’importante è che queste cose siano anche utili, affinché la follia della visione serva a produrre cambiamenti e a creare opportunità. Ma poiché l’innovazione vive di equilibri instabili vedremo se saremo capaci di crescere ancora. Di sicuro ci proveremo. In che cosa consiste la ricerca della felicità per un imprenditore? La ricerca della felicità per un imprenditore (o almeno per me) è il rapporto tra la qualità del proprio progetto professionale e la risposta del mercato senza il condizionamento di “soggetti terzi”. L’innovazione in questo senso è lo strumento base per vincere, convincere e competere, in Italia e all’estero, anche in un periodo di crisi strutturale come questo. Il premio raccoglie, riunisce e racconta storie di innovazione di aziende e startup italiane (unico format in tal senso nel panorama nazionale) per offrire agli uni e agli altri nuove visioni del fare e del competere e generare matching e fatturato. In che modo il premio contribuisce a raggiungere anche al Sud, partendo da Salerno, simili obiettivi? Innanzitutto evitando di parlare di innovazione e di startuppers. Al premio parlano gli imprenditori che fanno innovazione, non si parla di futuro ma di presente, e questo è già un distinguo forte. Il contributo che vogliamo dare è duplice: 1) la crisi esiste per le imprese che non innovano e che non hanno cultura di mercato; 2) il Sud che innova compete come Il resto d’Italia, ed in qualche caso meglio, considerando i vincoli in cui un imprenditore meridionale è costretto ad operare In questi anni mi sono reso conto che nell’Italia che innova l’unica vera “questione meridionale” è la classe dirigente incapace di sfruttare i finanziamenti comunitari in modo adeguato e distribuire le risorse ai progetti meritevoli. Ma questo per assurdo è un’opportunità. Per quale motivo? Perchè costringe molte imprese e aspiranti imprenditori a fare da soli. Il premio, con le sue tante best practices made in sud, ha evidenziato, da Salerno, che questo Paese ha idee e risorse creative enormi, che da 8 anni ad oggi hanno lasciato un segno evidente tra gli imprenditori, locali e nazionali. Quali sono i suo prossimi obiettivi? Con l’ultima edizione abbiamo posto le basi per un ecosistema funzionale, convincendo sponsor e partner ad andare oltre il solo sostegno economico all’evento per dare supporto concreto ai partecipanti. Ci apprestiamo a tornare in California per la seconda volta, con nuovi partner e a lanciare programmi di equity crowdfunding per sostenere finanziariamente le startup che partecipano al premio. Le sollecitazioni nate dalla ultima edizione del 12 e 13 giugno scorso ci “costringono” ad innovare ancora e lo faremo. Non posso anticipare i progetti futuri, non mi piacciono gli annunci. Ma probabilmente daremo altre scosse a conservatori e… tassisti.


Antonluca Cuoco Salernitano, nato nel 1978, laureato nel 2003 in Economia Aziendale, cresciuto tra Etiopia, Svizzera e Regno Unito. Dal 1990 vive in Italia: è un “terrone 3.0″. Si occupa di marketing e comunicazione nel mondo dell’elettronica di consumo tra Italia e Spagna. Pensa che il declino del nostro paese si arresterà solo se cominceremo finalmente a premiare merito, concorrenza e legalità, al di là di inutili, quando non dannose, ideologie. È nel Direttivo di Italia Aperta, socio della Alleanza Liberaldemocratica e sostenitore dell’Istituto Bruno Leoni. Twitter @antonluca_cuoco