Dall’antica Terra Murata nasce la nuova Procida

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A cura di Ermanno Corsi La cultura proietta l’isola verso relazioni internazionali promettenti, dice Enrico Scotto di Carlo, responasbile del premio Elsa Morante Se A cura di Ermanno Corsi La cultura proietta l’isola verso relazioni internazionali promettenti, dice Enrico Scotto di Carlo, responasbile del premio Elsa Morante Se il futuro ha un cuore antico,come ha scritto Carlo Levi, per avere un’idea visiva del futuro di Procida occorre salire a Terra Murata: il vecchio cuore dell’isola, a cento metri sul mare. Da qui uno spettacolo di catturante bellezza. Terra Murata (perché cinta di mura e perciò fortificata), in passato dava sicurezza agli abitanti come rifugio inaccessibile agli invasori barbari o ai saccheggiatori saraceni. Le pareti a strapiombo scoraggiavano anche i più temerari. Dal 1830, invece, con il penitenziario per gli ergastolani del fine pena mai, è luogo dal quale è impossibile evadere. Così almeno fino al 1988. Da quella data un susseguirsi di progetti per valorizzare un borgo unico al mondo con presenze di grande valore storico e architettonico: dall’abbazia di san Michele al Castello D’Avalos al complesso museale. Idea prevalente quella del turismo alla moda: si fanno avanti multinazionali dell’accoglienza fra le più quotate che, però, avrebbero preteso mano libera su tutto. Le decisioni più recenti vedono gli amministratori impegnati a salvaguardare storia e identità dell’isola. Terra Murata come destino e futuro. L’incontro con le Università (Orientale, Suor Orsola Benincasa, Federico II) concretizza una prospettiva che guarda lontano trovando fondamento in nuove facoltà, seminari, laboratori multimediale dell’antichità. Nasce la cittadella della cultura e della ricerca storico-naturalistica. Si rivisita il passato di un’isola abitata già tremila anni prima di Cristo (a Vivara i reperti micenei risalgono all’età del bronzo). Si organizzano stage che creano ponti con università straniere come è accaduto con la Pennsylvania. Cultura, perciò, in senso lato e pieno. Tutto un programma con eventi scientifici di rilevo, manifestazioni di sicuro richiamo, turismo di alto livello. “Procida baluardo di saperi e di sviluppo economico-sociale”. Chi si esprime così è Enrico Scotto di Carlo, avvocato, consigliere e assessore comunale, responsabile del settore Cultura. Punto forte è il “Premio Procida-Elsa Morante-Isola di Arturo” giunto alla 28esima edizione. La partenza è del 1987 quando assessore al ramo è il pubblicista-scrittore Domenico Ambrosino (edito di recente il suo libro “Gente di Procida, pescatori, marinai, contadini, preti”). Si vuole rendere omaggio a una delle scrittrici più prestigiose richiamando nel titolo uno dei suoi romanzi più famosi che proprio nell’isola trova l’ambientazione più naturale. Del soggiorno della Morante e del suo rapporto con Alberto Moravia si rievoca la pensione Eldorado,i giardini imperiali,i gatti, il parco letterario a lei intestato. Nella riconoscenza alla scrittrice sono uniti i sindaci da Vincenzo Parancandolo a Vincenzo Esposito, da Aniello Scotto di Santolo ad Antonio Capezzuto, da Luigi Muro a Gerardo Lubrano Lavadera a Vincenzo Capezzuto ora in carica. Di assoluto prestigio i presidenti della Giuria: Paolo Volponi, Dacia Maraini, Fernanda Pivano, Angelo Guglielmi,, Marcello Veneziani, Giovannino Russo. A metà della sua storia il Premio accentua significativamente,con nuove sezioni, il rapporto di immedesimazione e reciprocità con l’isola. Una svolta che porta il nome di Enrico Scotto di Carlo. Nato in una famiglia “procidana da sempre”, Enrico fa un rapido cenno agli Scotto e a una lontana origine scozzese (ora che la Scozia vuole staccarsi dall’Inghilterra, è ipotizzabile che si aggreghi a Procida?, lui sorride con un “e perché no?”). Il cognome della famiglia si completa, com’è tradizione, con l’aggiunta “di Carlo”. Per il giovane Enrico è tutta procidana la prima formazione fino al diploma dell’istituto nautico Francesco Caracciolo (“era l’unica scuola superiore dell’isola”). All’università non prosegue però sulla via del mare. Racconta: “Mio padre Mario aveva navigato tanto fin da quando era il più giovane comandante d’Italia; aveva accumulato tanta sofferenza che non volle trasferire a me. La scelta unanime della mia famiglia fu che mi iscrivessi a Legge alla Federico II”. Studi a Napoli, casa sui Quartieri Spagnoli (“è stata un’esperienza fondamentale: imparai a conoscere la città; qui è incominciata la mia vita da adulto”). Ma Procida resta sempre in primo piano. Dove ora Enrico Scotto di Carlo è, come avvocato, un libero professionista di prestigio, negli anni Ottanta organizzava l’associazione culturale “L’Isola futura”, con promozione di libri, sagre sul mare, nuove atmosfere. Oggi, della sua “isola futura”, Enrico è un appassionato militante. Ne ha dato prova,alcuni anni fa, anche con il libro “Alchimia Procida” in cui la conoscenza delle fasi storiche e dei problemi via via insorti ,si intreccia con una felice vena narrativa. Fonte di ispirazione è sempre lei, l’isola più densamente abitata d’Europa con i suoi tre chilometri e mezzo di territorio e gli oltre 10 mila abitanti (per non contare l’enorme surplus dei mesi estivi). Alchimia è mescolanza, molteplicità di elementi e fattori non separabili perché connessi tanto da formare un insieme unico non solo nel golfo di Napoli. Così la malia dello “scoglio”si congiunge al vissuto letterario di Elsa Morante che, come scrive Enrico, “amava insinuarsi leggera tra i vicoli a cercare scorci, edicole votive, orti, profumi, agrumeti, chiese, visi, scale, vigne, discese a mare. Procida era quel piccolo punto del mondo che poi divenne tutto”. L’invenzione narrativa di Enrico sta anche nel fatto che non è il visitatore che visita l’isola,ma è l’isola che visita il visitatore,lo cattura e lo stringe a sé. L’autore è la voce fuori campo che illustra un magnifico scenario. Uno scenario non da poco. Dalla Corricella (raggiungibile solo a piedi, Garibaldi la definì un meraviglioso mondo di pescatori), si passa per la Chiaia (la baia preferita da Eugenio Montale che la percorreva con una barchetta a remi), per arrivare alla Chiaiolella, la Portofino del Sud. A Marina Grande si può avere l’idea di un paese arabo con i “vefii” ricordati da Antonio Lubrano (“ gli occhi delle donne che scrutano il mare in attesa di vedere il fil di fumo della nave che riporta a casa i loro Ulisse”). Per chi ha voluto che il Premio si celebrasse a settembre, mese della riflessione fuori dalla baraonda estiva,c’è un altro personaggio che non va sottovalutato: Massimo Troisi e non solo per quella bicicletta diventata quasi un oggetto di culto.”C’è la sua spiaggia dietro il cimitero che suscita un’emozione profonda”, dice Enrico Scotto di Carlo. “Massimo era morto da quindici giorni quando, a Procida ,venne dato per ben due settimane di seguito Il postino. Non dimenticherò mai tanti procidani così commossi”. La materia prima (geografia e storia,beni culturali,identità e personaggi) per fare sviluppo e futuro non manca. Il Premio ,con la 28esima edizione, è come la colonna sonora di un bel film che si vede con piacere. “Dall’antico ‘scoglio’ che mantiene intatto fascino e forza di attrazione -conclude Enrico Scotto di Carlo – nasce una moderna comunità che va incontro fiduciosa a un futuro che si avverte sempre più vicino”.