Dal vernissage alle visite ordinarie, l’irrinunciabile cura dell’emozione

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Ogni mostra una vernice, un vernissage come dicono gli habitué. Oh quelle élégance. La ricetta è collaudata: piccole percentuali di amanti dell’arte, qualche addetto ai lavori, amici e parenti quanto basta, tanta gente importante. Più ne arrivano meglio è. Tutti presenti per omaggiare l’artista, gustarne il lavoro, con tutto il piacere dell’anteprima riservata. Gli organizzatori, in grande spolvero, riservano al loro ristretto gruppo di ospiti una visione sempre un po’ speciale. Una performance, una spiegazione particolare fatta da qualche super esperto, musica, tutto quanto può rendere maggiormente interessante e gradita la mostra è usato senza risparmio. Bene, benissimo. Così si fa. Poi la mostra apre al pubblico, quello così detto normale. Le performances, se ci sono, sono riservate a qualche orario speciale, le spiegazioni sono affidate alle guide. Chi desidera può ingaggiarle. Ci sono proprio due pubblici per due tipi di mostre. Sembra abbastanza scontato che un inaugurazione dalla salumeria al museo , sia un occasione speciale, di festa ed anche la presentazione di una nuova impresa per la quale il commerciante, l’artista, il patron mette il vestito bello e un bel fiocco al proprio prodotto per renderlo il più appetibile possibile. Ci mancherebbe altro. Quando però l’impresa entra nell’esercizio ordinario il cambiamento è troppo evidente. Le piante che ornano il negozio pian piano sfioriscono, le luci non sono più così forti e alla mostra il visitatore faccia un po’ come gli pare. Il problema esiste. Certamente se nel negozio non ci sono più le piante, ma se i salumi o i vestiti in vendita servono e corrispondono alla domanda del pubblico probabilmente le vendite non ne risentiranno, ma l’offerta di una mostra è un bene cui quasi il 60% del pubblico si avvicina più che altro per una curiosità iniziale, per motivi di organizzazione di una gita, per i più svariati motivi. Il compito del gestore è regalare a questo pubblico un momento indimenticabile, un esperienza forte che inneschi in lui lo spirito di autoidentificazione, l’immedesimazione, l’emozione. Questo non può succedere se la performance avviene solo ad un paio di orari definiti, in giornate particolari. Se performance dev’essere che lo sia, ad ogni ora, e se la mostra per essere apprezzata necessita di un certo tipo di spiegazione che questa sia resa sempre, a pagamento ma sempre. Ciò significa un aggiornamento continuo delle guide che non possono solo enunciare ciò che è rintracciabile su un tablet o un depliant. I modi espositivi, la capacità di tenere inchiodata l’attenzione del pubblico devono essere costruite e cucite addosso ad ogni guida per ogni mostra. Probabilmente non tutte le guide possono essere impegnate per la stessa mostra nella medesima funzione. Quando durante il Maggio dei monumenti è possibile ascoltare le spiegazione che ogni studente ha preparato ed offre al pubblico dei visitatori, le emozioni che ognuno di loro suscita nel turista sono diverse e spesso non dipendono da ciò che illustra ma dalla sua timidezza, dalla sua spontaneità, simpatia, dalla sua personalità. Hanno successo questi ragazzi , anche se le spiegazioni sono di livello scolastico (come è ovvio che sia) perché con le loro narrazioni trasferiscono emozioni. Pare poco? Sarebbe certamente opportuno l’impiego di personale molto qualificato ma la capacità di trasmissione delle emozioni dovrebbe entrare a far parte dei criteri di selezione delle guide. In fondo la spiegazione si può facilmente rintracciare, l’emozione no. Ed è quella che qualsiasi mostra o esposizione deve poter trasmettere, senza risparmio da parte di chi organizza.