Dai beni confiscati all’editoria:
quando la legge c’è ma non si vede

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La legge c’è ma non si vede. Come nei migliori giochi di prestigio, nessun trucco nessun inganno. Semplicemente la norma esiste perché approvata dal Consiglio regionale ma non è mai entrata La legge c’è ma non si vede. Come nei migliori giochi di prestigio, nessun trucco nessun inganno. Semplicemente la norma esiste perché approvata dal Consiglio regionale ma non è mai entrata in funzione per questioni di copertura finanziaria o per semplice “dimenticanza”. Si pensi a quelle passate che imponevano l’uso di carta riciclata negli uffici regionali, che vietavano la somministrazione di prodotti geneticamente modificati nelle mense pubbliche o che incentivavano il parto naturale. Caso raro? Macché. Di situazioni di questo tipo ce ne sono tantissime, in innumerevoli settori. Leggi che dopo aver ottenuto il via libera da parte dell’assemblea hanno avuto dignità normativa giusto il tempo di uno strombazzamento con comunicato o conferenza stampa di rito. Dei loro effetti, però, nessuno si è mai accorto. Beni confiscati Si provi a chiedere in Consiglio regionale che fine hanno fatto “gli interventi per la valorizzazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. Risponderebbero che la causa è nobile tanto da aver meritato una specifica disciplina ma che di soldi non ce ne sono. E così dal 16 aprile 2012 la legge esiste ma solo sulla carta. Scarsi finanziamenti al Fondo ad hoc creato, niente Osservatorio regionale, niente ufficio presso l’Area Gabinetto del Presidente con rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Per stessa “dolorosa” ammissione del suo stesso promotore, il consigliere regionale del Pd Antonio Amato, “i due terzi delle norme inserite nel testo sono inapplicate”. Sicurezza sul lavoro Lo stesso avviene per tante altre leggi. “Le disposizioni inmateria di sicurezza nei luoghi di lavoro e qualità di lavoro”, per esempio, dopo essere state approvate il 9 agosto 2013 rimangono lì, iscritte nell’albo delle leggi regionali senza aver potuto esplicare mai alcun effetto. Non c’è traccia dell’Anagrafe dei cantieri o dello Sportello per la sicurezza nei luoghi di lavoro, previsti dal testo, né tanto meno delle campagne informative e delle azioni di sensibilizzazione che la Regione stessa si è impegnata a promuovere. Insomma, altro flop. Editoria libraria regioanale Come quello della legge su “promozione e sostegno dell’editoria libraria regionale e dell’informazione locale”. In un momento di profonda crisi, nel settembre del 2013, la disciplina era stata accolta con grande speranza dagli imprenditori del settore. Si intravedeva, attraverso i vetri del grattacielo del consiglio regionale, un sostegno utile a non perdere un patrimonio di cultura e di conoscenza fondamentale per la regione. Il sostegno però non è mai arrivato, come ricorda con rammarico la consigliera regionale del Pd Angela Cortese, firmataria del testo. Morale della favola? Insieme alla speranza sono venute meno in questi mesi tante piccole e grandi realtà del mondo librario campano. Energia solare E se per l’editoria non si vede luce, per l’energia solare è buio pesto. Anche qui una legge, la numero 1 del 18 febbraio 2013, sembrava poter diradare le nubi. Nelle sue dodici pagine la Regione Campania sceglieva “il sole come sua primaria fonte di energia per ogni sua attività, civile e produttiva” e si proponeva ambiziosi obiettivi biennali, quinquennali e decennali: per il 2013, la copertura del dieci per cento dell’attuale consumo energetico con fonte solare; per il 2016 il trenta per cento, per il 2021 il sessanta per cento. Venivano scanditi tempi e attività, dall’autosufficienza energetica degli edifici adibiti a pubblico servizio ai Piani energetici solari comunali. Inutile dire che a un anno e mezzo dall’approvazione del testo di tutto questo neanche l’ombra. Parità di genere Cosa dire poi della parità di genere? La legge numero 17 del 10 novembre 2011, integra le “norme per la disciplina delle nomine e delle designazioni di competenza della Regione Campania” del 1996 con l’articolo 9bis, che prevede monitoraggio costante da parte di “strutture tecniche” sul rispetto del principio di rappresentanza di ogni genere negli organismi collegiali di nomina regionale e, in caso di difetto, il riequilibrio a favore del “genere sottorappresentato”. Ebbene, basta andare a leggere la carta d’identità di tutti coloro che sono stati nominati da quando è in vigore la legge per accorgersi che anche questo è mero principio assurto al rango di legge. Consiglio Autonomie locali In fatto di rappresentanza infine è bene ricordare la buffa vicenda di un ente che, benché previsto dallo Statuto regionale, non è mai nato. Si tratta del Cal, il Consiglio Autonomie Locali, per il quale furono persino indette regolari elezioni, fissate per il 18 luglio 2012. L’Anci Campania un mese prima delle elezioni manifestò preoccupazioni “in ordine alla difficoltà organizzativa dei Comuni in sede di prima applicazione della procedura elettiva”. Così nello stesso giorno il presidente della giunta decise di sospendere tutto. Elezioni annullate e fissazione della nuova data di convocazione rinviata ad un successivo decreto. Il link delle elezioni è ancora rintracciabile sul sito del consiglio. Il decreto invece non è stato mai più emanato. Riorganizzazione partecipate Rischia di cadere nel dimenticatoio, infine, almeno secondo la denuncia lanciata qualche giorno fa dalla terza Commissione (Attività produttive) del Consiglio regionale, anche la legge 15/2013, che riguarda la razionalizzazione delle società partecipate campane che si occupano di sviluppo, ricerca e innovazione. “Al di là delle rassicurazioni progressive che sono arrivate dal Governo regionale, il dato è che oggi, a distanza ormai di 14 mesi dall’approvazione della legge regionale, ancora nessun lavoratore delle partecipate interessate è transitato nella nuova società”, denuncia Antonio Marciano, vicecapogruppo del Partito Democratico nel Parlamentino campano.


I principali provvedimenti rimasti sulla carta Legge Beni confiscati Sicurezza sul lavoro Editoria libraria regionale Energia solare Parità di genere Consiglio Autonomie locale Copertura finanziaria 250mila euro per Fondo 500mila euro 1 milione di euro Nessun onere per Regione – Fondi strutturali Nessun onere per Regione Nessuna copertura finanziaria prevista La legge sui beni confiscati alla camorra dal 16 aprile 2012 esiste soltanto sulla carta: i due terzi delle norme inserite nel testo restano inapplicate per mancanza di fondi.