Crisi, il reddito delle famiglie spacca il Paese: al Sud si guadagna il 37% meno del Nord

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L’Italia è uscita dalla morsa della recessione e vede significativi miglioramenti sui diversi fronti, ma appena si va oltre il dato medio, di sintesi, emerge un Paese spaccato, dove i divari tra Sud e Nord non fanno che crescere: nel Mezzogiorno si guadagna il 37% in meno a testa. E crepe profonde dividono anche i ricchi dai poveri. Nonostante un po’ di terreno sia stato recuperato, l’Europa è ancora distante, soprattutto guardando al mercato del lavoro e all’abbandono scolastico. Resta poi alta la sfiducia degli italiani nei confronti della politica: bocciati senza appello, con pagelle ampiamente insufficienti, partiti (voto 2,5), Parlamento (3,7), istituzioni locali (3,9) e sistema giudiziario (4,3).

A tenere il polso del Paese è l’Istat che nel rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) va al di là del Pil, scandagliando la Penisola attraverso 130 ‘sonde’. Una copertura a tappeto che svela come l’aumento del reddito pro capite (+1% nel 2015 sul 2014) non sia stato accompagnato da una riduzione della forbice tra benestanti e non: il divario resta “il più alto dall’ultimo decennio” con l’Italia sopra la media Ue, sottolinea l’Istat, ricordando che il Paese conta 4,5 milioni di persone in povertà assoluta.

Il direttore del dipartimento per la produzione statistica, Roberto Conduci, ammette che “il gap del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale è ancora elevatissimo per occupazione, qualità del lavoro, condizioni economiche minime”: rispetto al Nord il rischio di cadere nella trappola della povertà è triplo. E alla fine anche la salute ci rimette, tanto che nel 2015 l’età media si è abbassata da 82,6 a 82,3 anni. Insomma la crisi ha lasciato ferite, anche dal punto di vista dei rapporti sociali, sfilacciati: “la soddisfazione per le relazioni interpersonali è molto bassa nel nostro Paese”. Scende la “partecipazione civica” e completa il quadro la sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni, che “malgrado un’inversione di tendenza”, lievissima, anche nel 2016 “resta alta”.

Promossi invece forze dell’ordine e vigili del fuoco (voto 7,2). Segnali positivi arrivano dal lavoro e dall’istruzione. Si riduce così, per la prima volta dopo anni, il numero dei Neet, acronimo inglese che sta per i giovani che non lavorano e non studiano, anche se la loro quota rimane elevata (da 26,2% a 25,7%). Probabilmente grazie alle nuove generazioni, l’Istat osserva un riequilibrio dei carichi di lavoro casalingo tra uomini e donne. Nel calcolo del Bes, rientra anche il patrimonio culturale, dove l’Italia conserva il suo primato mondiale, ma ormai la Cina ci insegue a brevissima distanza (51 a 50 per beni riconosciuti dall’Unesco). Resta salda, almeno a livello europeo, la maglia rosa dell’Italia in fatto di sicurezza dei cittadini: siamo tra i paesi Ue con la più bassa incidenza di omicidi. Diversa però la classifica se si guarda a furti e rapine, voci che vedono l’Italia tra i Paesi messi peggio.