Crescono le quotazioni di Fitto Commissario Ue, per Meloni nodo governo

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Roma, 19 giu. (askanews) – Se la metafora della partita di poker è quanto mai azzeccata, si può ben dire che la trattativa per i futuri vertici delle istitituzioni europee non è ancora arrivata alla mano decisiva. Il tempo, però, è una variabile non secondaria: il prossimo Consiglio europeo del 27 e 28 giugno è l’unica occasione per formalizzare un accordo sulla presidenza della Commissione prima dell’estate e, dunque, per scongiurare il rischio che tutto slitti a settembre. Ed è per questo che all’indomani della cena informale di lunedì scorso a Bruxelles che si è conclusa con un nulla di fatto, la trattativa è immediatamente ricominciata. I nomi sul campo attualmente restano gli stessi: un bis di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, Roberta Metsola al Parlamento europeo, la liberale estone Kaja Kallas al ministero degli Esteri Ue mentre più traballante sembra la nomina, che spetta ai Socialisti, del portoghese Antonio Costa per il Consiglio.

La richiesta di Giorgia Meloni è sempre che all’Italia, in virtù dell’esito elettorale, venga conferito un commissario con una delega di peso oltre che con una vice presidenza operativa. In queste ore, spiegano fonti governative, sembra prendere sempre più piedi l’ipotesi che si possa trattare di un portafoglio economico, a cui potrebbero essere accorpate le competenze su fondi di Coesione e Pnrr. Ed è anche per questo che l’identikit del commissario assume sempre di più le sembianze del ministro Raffaele Fitto. In realtà il suo è un nome da sempre in campo, visto anche il ruolo di cerniera di Meloni con il mondo europeo che svolge da anni. E, tuttavia, un trasloco del suo ministro a Bruxelles apre almeno due problemi non da poco: il primo è appunto la gestione dei fondi del Pnrr per gli anni futuri, la seconda è sostituirlo senza correre il rischio che si apra la casella ‘rimpasto’. Su questi due punti la riflessione è aperta e, in una serie di riunioni che si sono susseguite nella sede del governo, si sarebbe profilata una possibile via d’uscita: ovvero non nominare nessun sostituto, almeno in una fase iniziale, ma portare le deleghe del Pnrr e dei fondi di Coesione direttamente a palazzo Chigi, affidandole a uno dei due sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano o (più probabilmente) Giovanbattista Fazzolari.

La premier, dopo aver definito anche oggi “surreale” che si sia tentata una definizione dei top jobs “a tavolino”, giocherà questa mano di poker sapendo di avere contro i veti del socialista Olaf Scholz ma provando anche a fare sponda con quella parte del Ppe che, a differenza del polacco Donald Tusk, chiede di guardare verso i Conservatori, soprattutto se l’obiettivo è quello di blindare Ursula von der Leyen senza rischiare che venga impallinata dal voto segreto nel momento in cui toccherà al Parlamento esprimersi. La convinzione di chi sta seguendo da vicino la trattativa per conto dell’Italia è infatti che la presidente uscente voglia evitare un bis sul filo dei voti.E da oggi, Giorgia Meloni è pronta a mettere sul tavolo un altra carta: il gruppo Ecr, infatti, è diventato ufficialmente il terzo per numero di deputati all’interno del Parlamento europeo, scavalcando dunque i liberali di Renew. Sono stati infatti annunciati 11 nuovi ingressi che portano il gruppo dei Conservatori a 83 eletti.