“Così aiuto le donne ad avere un figlio”

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Roma, 29 nov. (AdnKronos) – In Italia nascono sempre meno bambini. I motivi, analizzati dall’Istat, sono molteplici: dalla precarità economica alla diminuzione costante della fertilità. E se è vero che il 70% delle nascite avviene ancora all’interno del matrimonio, spesso è proprio la mancanza di un partner fertile o di un partner tout-court a impedire di soddisfare il desiderio di avere un figlio. Ma non tutti sono disposti a rinunciare. Ci sono infatti coppie o donne single che decidono di provare ad avere un figlio comunque. Oltre alla via maestra della fecondazione eterologa, consentita in Italia solo a coppie sposate o conviventi da più di 5 anni, per chi non ha tanti soldi da spendere per andare a tentare la fecondazione all’estero, resta solo l’opzione fai da te.

E in soccorso arriva la Rete dove spopolano i gruppi di uomini pronti a regalare il proprio seme. Non si capisce perché lo facciano, anche se spesso, specie quando si dicono disposti “solo al metodo ‘naturale'”, ovvero solo a inseminazione attraverso rapporto sessuale, diventa abbastanza intuibile il perché lo facciano. Spesso all’insaputa della moglie. C’è poi chi è incentivato dal rimborso spese che può essere più o meno alto. E chi, come il fondatore del gruppo Facebook ‘Donatori di seme Emilia Romagna – Bologna e dintorni’, nome in codice Donato Re, dice di farlo per “missione” e afferma “senza nessun timore di smentita di essere l’unico donatore di seme privato, serio, in Italia e che porta avanti questo progetto con continuità e impegno”. E all’AdnKronos accetta di spiegare come funziona.

Quanti anni hai?

“Ho superato, da non molto, i trentasei anni”.

Da quanto tempo doni il seme?

“Ho cominciato quando ne avevo poco più di trenta”

Perché hai deciso di farlo?

“Le primissime volte l’ho fatto come un salto nel vuoto, per testare fin dove potesse spingersi la mia fertilità, nonostante i risultati molto buoni dello spermiogramma eseguito. La prima volta in cui hai conferma di aver creato la scintilla della vita, è un’emozione indescrivibile. Poi, a mano a mano che entravo in contatto con belle persone e storie drammatiche (coppie o donne singole alla ricerca di un figlio da anni; vicende di aborti spontanei; ormoni e cure che aumentavano di peso l’aspirante mamma sino a sformarla), mi sono reso conto di avere ricevuto un ‘dono’ a mia volta da madre natura: quello di poter aiutare in modo altruistico e gratuito con la mia involontaria ‘ricchezza’. Una missione, in un certo senso”.

Quanti anni hanno in media le donne che ti contattano?

“Hanno un’età che può variare da poco meno di trent’anni fin oltre la soglia dei quaranta però mai, a memoria, oltre i quarantacinque. Quando, solitamente, superano di qualche anno i trenta, le donne mi cercano perché dicono – testuali parole – che il loro orologio biologico sta correndo e sentono una sorta di esigenza, a volte addirittura frenesia, di procreare. Sono in alcuni casi donne in carriera che si sentono determinate e pronte ad avere un figlio da sole, senza un compagno accanto, spesso in seguito a delusioni di cuore o all’impossibilità di trovare un uomo ‘all’altezza’, maturo per le loro aspettative”.

Quanti figli biologici hai?

“Anagrafici nessuno. Biologici una decina, tenendo però conto che a volte mi è successo che la ricevente sparisse senza avvertirmi degli esiti, potrebbero essere anche di più. Umanamente a me farebbe piacere sapere dell’esito positivo della gravidanza e dopo qualche tempo se è maschietto o femminuccia, e ovviamente essere informato quando nasce. Vedere il bimbo in foto sarebbe un altro desiderio umano, ma comprendo e rispetto qualsiasi decisione negativa, in proposito, da parte della neomamma o dei neogenitori”.

Come avviene l’accordo?

“Gli accordi avvengono preliminarmente attraverso Facebook o mail anche se io prediligo il contatto umano e spiegarmi, confrontarmi telefonicamente. Sono anche favorevole a conoscere di persona, in un luogo pubblico la ricevente, prima di una eventuale donazione. La mia disponibilità nelle fasi ‘preliminari, chiamiamole così, è a 360 gradi”.

Quali garanzie offri a livello sanitario a chi si rivolge a te?

“Presento lo spermiogramma, cioè l’analisi del liquido seminale, e la spermiocoltura. Inoltre le analisi ematiche per quanto riguarda le malattie trasmissibili (i due ceppi di HIV, epatiti e sifilide), che rinnovo a distanza di alcuni mesi. Premetto che, per mia coscienza e responsabilità, al di fuori del contesto donativo non ho rapporti intimi cosiddetti a rischio (nel caso, sempre protetti), né ho subìto emotrasfusioni. Nella mia famiglia non sono presenti casi di malattie ereditarie (sindrome di Down, fibrosi cistica, malattie mentali come schizofrenia). Nel caso di riceventi particolarmente dubbiose o meglio scrupolose, sono ovviamente autorizzate a compiere in prima persona screening genetici su loro stesse, e, qualora risultassero portatrici sane di qualche malattia particolare, io a loro tutela (e, solo in questo caso, a loro spese), potrei ripetere su di me il test relativo a quella specifica malattia. La salute deve essere al centro e io offro sempre tutte le garanzie medico-sanitarie del caso e, in caso di una donazione con metodo ‘naturale’, chiedo anche io analisi del sangue aggiornate alla ricevente”.

Possono avere una tua foto?

“La risposta è sì. Però non amo chi mi contatta e subito dopo un ‘ciao’ o poco altro, mi rivolge il prestampato ‘Mi mandi una foto?’ Tendenzialmente invio la foto – o preferibilmente uno scambio foto, non certo per questioni estetiche o superficiali, ma per poter umanamente dare un volto alla persona con cui stai interagendo per una questione così delicata – dopo aver sentito al telefono l’altra persona, per assicurarmi davvero della serietà e motivazione della persona da cui sono stato contattato. L’invio di analisi cliniche e di dati sensibili come una fotografia personali, deve essere a mio avviso fatto molto saggiamente e non alla cieca”.

Come avviene l’incontro?

“Non ho mai aiutato persone della mia stessa città. Perciò la base d’appoggio è una pensioncina non lontana da dove abito io (quindi comoda a livello logistico anche per me), né lontana da un casello autostradale facilmente raggiungibile. Può capitare, a volte, se sono necessari più mesi per ottenere la gravidanza e si instaura confidenza (non userei la parola amicizia, comunque cordialissimi rapporti), anche per evitare le spese della camera della pensione, che l’incontro avvenga a casa mia (vivo da solo e, specifico, in un condominio in zona cittadina, non in un qualche casolare isolato sperduto nelle nebbie e nelle campagne padane…); ma è una ipotesi piuttosto rara, in quanto tengo saldamente alla mia privacy e anche all’anonimato di donatore”.

Come funziona la donazione nel dettaglio?

“La ricevente si impegna a individuare al meglio, con scrupolo, la propria ‘finestra fertile’ e in particolare il cosiddetto picco di fertilità, o picco ovulatorio, attraverso la conoscenza del proprio corpo (segnali fisici come l’aumento del muco cervicale) o, ancor meglio, con l’ecografia/monitoraggio del ginecologo per l’individuazione della maturazione follicolare, il tutto accompagnato da stick ovulatori acquistabili in farmacia. Quando la ricevente è quasi nel picco ovulatorio, ci incontriamo, se ha disponibilità di tempo anche per due o tre giorni consecutivi. Premetto che il mio lavoro da libero professionista e il mio status civile (non sposato, né fidanzato) mi garantiscono di poter offrire alle riceventi ampia disponibilità di tempo nell’arco delle 24 ore, secondo le loro esigenze di famiglia e/o lavoro. Tecnicamente parlando l’atto della donazione avviene o tramite consegna di un barattolo (di quelli monouso da 100 ml col coperchio azzurro o rosso, per la raccolta delle urine) con il seme, e in seguito la ricevente tramite una siringa senza ago da 10 cc aspira il seme dal contenitore e lo inietta lentamente (spruzzarlo sarebbe sbagliato) il più in profondità possibile vicino alla cervice (la consegna del barattolo avviene al di fuori della stanza della pensione, e il liquido va iniettato una volta ben fluidificato dopo circa un 15 minuti dalla consegna); oppure può avvenire – la metodologia la sceglie esclusivamente la ricevente senza imposizioni da parte mia – con una donazione ‘al naturale’: non siamo completamente nudi, la donna scoperta solo nel ventre (il petto è coperto, ovviamente) e io deposito il seme al suo interno, tramite veloce penetrazione, giusto il tempo di finalizzare la donazione, senza richieste di essere toccato o accarezzato, né baci o atteggiamenti ambigui. Nulla di passionale, o di ambiguo, ma puro atto non direi meccanico, perché in fondo è tenero, umano, ma ‘professionale’ e serio. Dopo la donazione aiuto la ricevente a tenere le gambe sollevate con un cuscino o due sotto la schiena. Assumere questa posizione dopo la donazione è consigliabile anche nel caso di donazione con il barattolino e la siringa. Io mi mantengo disponibile anche a effettuare 2 o 3 donazioni per ogni ovulazione della ricevente”.

Hai mai detto di no a qualcuno? E se sì perché?

“A malincuore, ho detto di no. A volte – così come nei rapporti quotidiani nella vita di tutti i giorni o sul posto di lavoro – si possono instaurare inspiegabili antipatie a pelle. In ogni caso preferisco non donare a donne disoccupate, soprattutto nel caso in cui non abbiano una famiglia capaci di sostenerle. Potenzialmente posso donare a donne di ogni età, purché maggiorenni e nella piena capacità di intendere e di volere, di ogni estrazione sociale e di ogni razza. L’aspetto estetico della ricevente non mi interessa”.