Cosco non abbandona il porto di Napoli. Ma dalle istituzioni troppe promesse

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Cosco non abbandona il porto di Napoli. Rilancia. E pensa, da subito, a un ponte diretto con lo scalo del Pireo, di proprietà del gruppo cinese, per Cosco non abbandona il porto di Napoli. Rilancia. E pensa, da subito, a un ponte diretto con lo scalo del Pireo, di proprietà del gruppo cinese, per potenziare il traffico merci internazionale da e per la destinazione campana. A rivelare la notizia è Marco Donati (nella foto), generale manager di Coscon Italy, il partner nazionale del colosso asiatico. “È nostra intenzione – dice – modificare l’approccio nei confronti del porto di Napoli attraverso un collegamento diretto tra lo scalo campano e quello del Pireo, di cui siamo proprietari”. Un’operazione che consentirà, secondo Donati, “di accrescere il traffico merci e aumentare la dotazione di servizi”. Tra Napoli e il Pireo ci sono due giorni di navigazione per cui il collegamento si può definire diretto. Non solo. Quella tra i porti campano e greco, anche se per il momento è un’idea tutta da sviluppare, rappresenta per altro la prima rete logistica all’interno del Mediterraneo. “Così le merci potranno continuare ad arrivare a Napoli dall’Asia e da lì ripartire per l’estremo oriente”, chiarisce il generale manager di Coscon. “Su Napoli il consorzio Cosco – precisa inoltre Donati – ha investito venti anni fa e lì ci sono diverse società che fanno capo a noi e danno lavoro a circa 200 persone. Ecco, se in questo senso c’è preoccpazione possiamo assicurare che nessuno perderà il posto di lavoro”. I retroscena della rottura – Ma come si è arrivati a questo punto? Donati, per mettere ordine tra la mole di indiscrezioni giunte in settimana da più parti e non tutte corrette, rivela che “la decisione di ridurre momentaneamente il traffico su Napoli nasce dalla volontà espressa da alcuni membri della nostra alleanza imprenditoriale, che hanno ritenuto non conveniente proseguire il rapporto con lo scalo campano”. Il gruppo Cosco, di cui Coscon Italy fa parte, è costituito infatti da un patto a cui aderiscono anche le compagnie asiatiche Hanjin, Kline, Yang e Ming. “Ecco – chiarisce Donati – cosa faranno loro in futuro non lo so, noi abbiamo intenzione di rilanciare e potenziare il nostro investimento su Napoli”. Da parte di alcune società, comunque, non è considerato conveniente proseguire con i collegamenti mediante piccole navi, della capienzamassima di 5500 teus, visto che le portacontainer di 8000 teus garantiscono risparmio e maggiore efficienza. La compagnia italo cinese è particolarmente irritata con le istituzioni locali. “Sono anni che i vari presidenti dell’Autorità Portuale – rivela Donati – ci promettono interventi infrastrutturali ma poi nulla cambia”. Giudizio durissimo su tutto il sistema. “Per fare arrivare le grandi navi a Napoli sarebbe bastato effettuare un’operazione di dragaggio dei fondali – chiosa Donati – ma i tempi biblici della burocrazia e l’immobilismo delle istituzioni impediscono qualsiasi forma d’intervento”. Richiamo anche da Leonardo Impegno (Pd). “Ora è tempo di agire”.