Cosa ostacola lo sviluppo manifatturiero della Campania?

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In foto Giuseppe Terracciano

Di seguito un intervento del segretario generale della Fim Cisl Campania, Giuseppe Terracciano.
Come Fim è da sempre che, oltre a curare le fabbriche, curiamo la crescita culturale dei lavoratori perché, come ha ben esposto il nostro segretario generale nel suo ultimo libro, su questa materia è necessario un cambio di mentalità anche nel Sindacato e nell’ultimo CCNL, difatti, è stato inserito il diritto del lavoratore alla formazione continua, in contrapposizione con mentalità antiche che più che al lavoro miravano al posto di lavoro. Come Fim Cisl, quindi, abbiamo tra i primi spinto per Industry 4.0, avendo compreso che una industria che non si attrezza tecnologicamente è destinata a perdere le sfide della globalizzazione. Per questa ragione abbiamo ripetutamente insistito affinchè la regione Campania si faccia promotrice di una politica industriale che delinei le aree su cui favorire gli investimenti industriali e che individui i settori su cui investire, favorendo accordi appositi e investendo fondi regionali. Va, quindi, riconfigurata l’industria in Campania, partendo dalla valorizzazione dell’esistente, perché non siamo all’anno zero, anche se c’è ancora molto da fare. I segnali recenti di un Sud che cresce più del Nord sono, però, un buon viatico per quel necessario scatto di orgoglio, solo così potendo essere protagonisti del nostro destino e non passivi spettatori delle scelte di altri. Ecco la ragione per la quale dobbiamo in primo luogo riconoscere, con onestà intellettuale, tutte le criticità per le quali siamo spesso considerati cittadini di serie B. Lo sviluppo della Campania e del Sud è impedito e rallentato da: mancanza di infrastrutture; mancanza di classe dirigente all’altezza della complessità dei problemi da affrontare; insufficiente valorizzazione di un patrimonio storico, archeologico e naturalistico che ci invidia il mondo intero; una classe imprenditoriale per lo più a caccia di finanziamenti pubblici e poco propensa ad investire del proprio; una politica lontana, una burocrazia spesso ottusa, norme farraginose, lentezza della giustizia penale e civile, criminalità organizzata. Anche per questo lo scenario civile e sociale è fortemente degradato, mancando il tassello per la dignità delle persone: il lavoro! Servono quindi interventi multidisciplinari e mirati in ciascuna direzione e l’impegno di tutti coloro che possono dare un valido contributo. Noi metalmeccanici della Cisl intendiamo continuare ad impegnarci, indirizzando i nostri sforzi su quello che conosciamo e facciamo tutti i giorni: l’Industria, senza partire da zero perché, nel passato, c’è stato uno sforzo di industrializzazione da parte dello Stato con le attraverso la politica delle Partecipazioni Statali, che hanno aiutato la nascita di una imprenditorialità madre e di complemento (indotto), creando un tessuto industriale di livello che, tuttavia, si è sviluppato a macchia di leopardo e, nel tempo, ha mostrato i suoi limiti per lo stretto legame con la politica, che ha gonfiato gli organici per ottenere consenso, così producendo perdite anzichè utili, da ripianare con soldi pubblici e facendo crescere il debito pubblico, fino all’alt imposto dall’Europa, che vietando gli aiuti di Stato ha portato ad una stagione di ridimensionamenti, ma, rimettessi in ordine i conti, le nostre aziende sono tornate ad essere competitive. A maggior ragione, quindi, come Sindacato Metalmeccanico dobbiamo fare ogni sforzo per salvaguardare il tessuto industriale esistente, perché per lo sviluppo della Campania e del Sud è indispensabile rendere le Aziende competitive e capaci di stare sul mercato, generare profitti, ulteriore sviluppo, incrementi occupazionali. Oltre la difesa dell’esistente, però, occorre alzare il tasso di industrializzazione del territorio e questo si può realizzare solo rendendo il territorio attrattivo, affrontando quella che già si sa essere l’obiezione che, tuttavia, condanna all’immobilismo: Chi investirà i propri capitali in Campania se le infrastrutture sono carenti? Chi, se sa che non c’è una chiara attenzione all’industria condivisa tra Imprenditori, Politica e Sindacato? Chi, se sa che avere finanziamenti dalle Banche è una impresa? Chi, se sa che la giustizia, sia civile che penale, è ancora più lenta? Chi, se sa che prima di cominciare il territorio deve essere messo in sicurezza? Chi, se sa che c’è una burocrazia già gigantesca nel Paese, ma qui ancora più vessatoria e con secondi scopi? Per tutto questo ci vuole uno Stato autorevole, che sia sempre più presente in tutte le sue articolazioni, ma anche una politica volta al bene comune e non agli interessi di bottega, così come un grande sforzo culturale per cambiare le mentalità e vincere lo scetticismo, in primo luogo puntando sull’educazione delle nuove generazioni e qui l’ alternanza scuola lavoro ha un compito importante che deve continuare e migliorare.