Conversazione con un leader etico

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Ogni agire orientato in senso etico, può oscillare tra due massime

radicalmente diverse e inconciliabilmente opposte,

può essere cioè orientato secondo l’etica dell’intenzione

oppure secondo l’etica della responsabilità.

Non che l’etica dell’intenzione coincida con la mancanza di

responsabilità, e l’etica della responsabilità coincida con

la mancanza di buone intenzioni.

Non si vuol certo dire questo.

Ma c’è una differenza incolmabile tra l’agire secondo

la massima dell’etica dell’intenzione e agire secondo

la massima dell’etica della responsabilità,

secondo la quale bisogna rispondere delle

conseguenze (prevedibili) delle proprie azioni.

Max Weber

Sono a Orvieto e sto parlando con un Amico, che sono onorato di avere, perché oltre al rapporto con me, è uno dei pochi veri leader che io ho conosciuto nella mia, oramai lunga, vita di consulente d’impresa ( nonostante che il tema della leadership sia uno dei più trattati nella formazione manageriale). Stiamo discutendo sul tema dello sviluppo e concordiamo che questo dipende soprattutto, dalla capacità di cogliere e inventare opportunità (interne ed esterne) ma anche di superare e non far crescere i vincoli (interni ed esterni). Il punto complicato è che per trattare entrambe le prospettive servono risorse, soprattutto quelle umane come sappiamo benissimo sul piano concettuale, valoriale e pragmatico. Le “cose”, le risorse rappresentate dai meccanismi, dal capitale economico e strutturale, dai prodotti, ecc sono una variabile dipendente dai comportamenti del soggetto. Inoltre mentre le opportunità sono teoriche, perché per poterle inventare o cogliere servono progetti e azioni ad hoc, i vincoli non hanno bisogno che noi ci curiamo di loro, crescono da soli, la loro dinamicità è negativa e piano, o velocemente, si evolvono, fanno carriera e diventano traumi. A un certo punto scompaiono come vincoli (che contengono brandelli di speranza di superabilità) e diventano baratri o muri insuperabili, dove non c’è più niente da fare. Bene, poniamo come in altri momenti di scambio, l’accento sulla rilevanza strategica decisiva delle persone o meglio dei loro comportamenti. Lo sappiamo, in molti continuiamo ad affermarlo, ma il punto chiave è che servono anche le risorse oggettive altrimenti si corre il rischio di essere involontariamente manipolativi. Oltre una certa soglia compresa la moltiplicazione dell’energia determinata dalla motivazione e dalle competenze, per tentare certe sfide servono anche le risorse meno nobili: quelle oggettive. Il gioco è che le risorse (tangibili e intangibili) determinano risultati che producono risorse per cogliere opportunità mentre la mancanza non produce risultati, quindi s’impoverisce il patrimonio (tangibile e intangibile) sino a che a un certo momento le risorse cambiano nome e si chiamano vincoli: indicano non più cosa è desiderabile ma cosa è possibile. Molto spesso la fine. E così via: circolo virtuoso o vizioso, non si può senza risorse ottenere risultati dove servono. Se non conosco la lingua inglese, non potrò mai pensare di essere un conquistatore di folle con i miei discorsi a Londra, devo cambiare i miei obiettivi o devo imparare. In una logica d’interdipendenze sistemiche il punto chiave è che i sistemi stessi possono essere produttori di vincoli nel momento in cui non sono, o non forniscono, risorse ai sistemi collegati per trattare i vincoli o cogliere le opportunità. Siamo nella metafora dell’orchestra, della squadra sportiva, o di qualsiasi altra che esprima appunto la logica dell’interdipendenza. Quello che si può fare verso l’esterno dipende dalle risorse interne e anche la lotta per impedirne lo spreco determinato dalle incoerenze, dalle incompetenze e non motivazioni rappresenta il comportamento di valore del leader. Certamente che però occorre che il potere, in tutte le sue parti decisionali di vertice, sia sintonizzato: condivisione dei fini per l’ottimizzazione dei mezzi, delle risorse. Il leader ha sempre comunque poi la necessità di fare i conti con il suo potere relativo, contingente e contestualizzato, perché dipende, anche lui, da un sistema che può confermare o smentire i suoi comportamenti e le sue dichiarazioni. Questo perché il potere (che consente il suo potere, non la leadership) è collocato, anche, altrove. Stiamo riflettendo su questi aspetti e mi colpisce sempre la straordinaria energia di quest’uomo che si sente profondamente responsabile di qualcosa che gli è stato affidato e di cui si sta prendendo cura: l’impresa ma anche le persone che qui vivono e lavorano. E voglio ora riprendere con la frase di Weber, che ho messo all’inizio, perché penso sia estendibile in ogni realtà in cui si debba valutare l’uso del potere anche quando è conflittuale. Lui è un leader, perché ha nell’etica della responsabilità la sua identità distintiva e considera il “potere” nella prospettiva dell’azione, nella dimensione del verbo e non del sostantivo, quindi intrecciato con il valore della responsabilità che non è”avere una carica di” o “essere a carico di “ ma “farsi carico di, qui e ora”. Chi è veramente responsabile risponde degli effetti di quello che ottiene nel contesto reale che c’è, compreso il gioco perverso dei sabotaggi volontari o no che il sistema stesso produce. Questo agendo anche verso vincoli interni rappresentati da forme di potere con diverse intenzionalità. Ma se questo non è possibile perché i “giochi di altri” vanno altrove? Allora occorre sviluppare decisioni diverse, perché se chiedere a un mulo di fare il cavallo è un comportamento da asini anche chiedere a un cavallo di vincere il palio se ha le gambe legate, non è un granché. Il leader influenza, ma il suo influenzamento deve avere un senso, la vision non deve essere un miraggio, la generosità non deve diventare involontariamente manipolativa compensando vuoti di senso comune. Sto salutando questo mio amico e anche se abbiamo fatto riflessioni profonde e, alcune, anche amare, mi accorgo del lampo di sfida nel suo sguardo ironico e lieve che mi fa capire che non mollerà mai. La personalità è il vero momento della verità di come si tratta il mondo e le sue ambivalenze tormentate e i leader emergono ancora di più nelle situazioni di crisi, di qualsiasi tipo.