Contagio Ebola: si prevede così

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A cura di Roberto Paura Lo studio dei sistemi complessi potrebbe consentirci di prevedere con accuratezza i meccanismi di diffusione dell’epidemia di Ebola nel mondo”. È la promessa di uno studio condotto A cura di Roberto Paura Lo studio dei sistemi complessi potrebbe consentirci di prevedere con accuratezza i meccanismi di diffusione dell’epidemia di Ebola nel mondo”. È la promessa di uno studio condotto dall’Isi, l’Istituto per l’interscambio scientifico di Torino, guidato dal ricercatore Alessandro Vespignani, tra i più importanti nomi mondiali nello studio di modelli predittivi di fenomeni complessi. La diffusione di un virus è oggi uno dei settori di ricerca più promettenti e ha già dimostrato di poter essere applicato con successo nella previsione dei picchi influenzali stagionali. Incrociando i trend epidemici con i flussi di viaggio internazionali, Vespignani e i suoi colleghi prevedono che entro la prossima settimana il numero di casi accertati raddoppierà dagli attuali 5000 circa a ben 10.000, raggiungendo le centinaia di migliaia nei mesi successivi. “Quello che noi facciamo con le nostre simulazioni numeriche sulle diffusioni di epidemie è in fondo simile a quanto si fa con le previsioni meteo”, spiega lo scienziato. “In pratica utilizziamo dei modelli al computer che, mescolando dati come la densità di popolazione con quelli relativi alle modalità e i tempi di trasmissione di un virus, e quelli che arrivano dalla diffusione della malattia sul campo, nelle zone colpite, riusciamo ad estrapolare delle proiezioni sul numero di casi che potranno verificarsi, dove e quando”. Molto dipende dai fenomeni di contagio del patogeno in Africa occidentale. È noto che i funerali delle vittime di Ebola sono focolai di epidemia. Un’epidemia al di fuori dei confini dell’Africa occidentale è improbabile, spiega Vespignani, ma per evitarla con certezza è necessaria una stretta quarantena, per evitare che, attraverso i viaggi aerei, il virus sbarchi nel Regno Unito e negli Usa, i due paesi extra-africani più a rischio contagio.