Conflitto per l’anima del Partito Repubblicano Usa

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(foto da Pixabay)

di Anthony M. Quattrone, Ph.D.

E’ in corso una storica battaglia per il controllo del Partito Repubblicano fra la componente conservatrice istituzionale, capeggiata dal senatore Mitt Romney e la deputata Liz Cheney, e quella capeggiata dall’ex presidente Donald Trump che è influenzata dalla deriva conservatrice-populista che aderisce alle teorie del complotto.
Le due componenti hanno visioni simili sui temi economici e sociali, ma partono da posizioni diametralmente opposte riguardo all’interpretazione della realtà, al rispetto delle regole democratiche e degli avversari, ed infine alla validità dello stesso stato di diritto.
In campo economico, le componenti del partito repubblicano che abbiamo descritto sono contrarie al prelievo fiscale federale, fatta eccezione per le quello destinato alle spese militari; mentre tollerano il prelievo fiscale se destinato a finanziare attività locali, cioè allo stato di appartenenza.
I repubblicani sono di solito allineati sulle posizioni economiche espresse agli inizi degli anni 80 da Ronald Reagan negli USA e da Margaret Thatcher nel Regno Unito, fautori del neoliberismo e dell’abolizione delle numerose norme che a loro dire imbrigliavano il mondo economico-produttivo. I repubblicani sono, generalmente, fautori della limitazione del potere del governo centrale soprattutto in ambito economico, infatti, ogni qualvolta sia previsto dalla costituzione, ricorrono al trasferimento di funzioni e responsabilità ai 50 Stati che formano l’Unione, e lottano per impedire al Governo Federale di accentrarle.
Sulle questioni sociali e sui temi dei diritti civili, quali l’aborto, la costituzione di coppie non tradizionali, l’omosessualità, l’uso delle droghe leggere e così via, il partito repubblicano fatica, al suo interno, a trovare una posizione condivisa fra quella oltranzista della destra religiosa, tradizionalmente sostenuta dagli stati del Sud e del Centro degli Stati Uniti, e quella della componente socialmente più aperta che è propria dei repubblicani delle grandi città, specialmente quelle che si trovano sulle due coste americane.
Il partito è anche influenzato da una contraddizione che nasce dall’antipatia della destra religiosa nei confronti dei possidenti miliardari, considerati cattivi esempi da un punto di vista morale, ma comunque agevolati dalle iniziative repubblicane che facilitano i loro affari.
All’interno della già complessa galassia delle componenti che formano il partito repubblicano sulla base degli interessi che le accomunano, ne è comparsa, da qualche anno, una trasversale che le abbraccia tutte grazie alle teorie dei complotti, sposate in primo luogo dai più convinti sostenitori di Donald Trump.
Questa componente è alimentata da una ulteriore varietà di sottogruppi, quello che crede che sia in atto un complotto da parte di ricchi ebrei che utilizzano laser diretti dallo spazio per causare incendi in California, quello che sostiene che Hillary Clinton, Joe Biden e tutta la direzione democratica facciano parte di una cerchia mondiale di pedofili responsabili per la morte di tanti bambini, con l’intento di bere il loro sangue, e molti altri ancora.
Inoltre, il partito repubblicano è sostenuto dai seguaci di QAnon che sostengono l’idea che ci sia uno “stato ombra”, il cosiddetto “Deep State”, che controlla il governo federale americano dal suo interno; sempre secondo QAnon, Donald Trump è’ l’unico che si batte per liberare l’umanità dalla schiavitù imposta da funzionari civili e militari infedeli e corrotti. Anche i no vax hanno partecipato a questa kermesse dando un grande sostegno a Trump nel diffondere teorie rispetto alla “bufala” del COVID-19. Capita anche che gruppi complottisti, senza una particolare finalità e non collegati agli altri, abbiano come unico legame la fedeltà nei confronti di Donald Trump e un fanatismo religioso estremista liberamente tratto dagli insegnamenti cristiani elaborati, per i loro scopi, dalla interpretazione suprematista bianca.
Con questi presupposti, si è arrivati alle due difficili decisioni prese dal partito repubblicano il 5 febbraio 2021. In primo luogo ha bloccato la componente complottista ed estremista dal rimuovere Liz Cheney dal suo ruolo di leader dei repubblicani alla Camera; la sua colpa era di aver votato a favore dell’impeachment di Donald Trump per aver incitato l’assalto al Congresso il 6 gennaio 2021. Poi, ha rigettato la condanna richiesta dai democratici nei confronti di Marjorie Taylor Greene, una neo deputata complottista della Georgia, che ha più volte avallato dichiarazioni inneggianti all’esecuzione fisica di Nancy Pelosi e altri leader democratici, negando l’attentato contro il Pentagono l’11 settembre 2001, e denunciando come false le stragi di studenti avvenuti negli ultimi anni, organizzate ad arte secondo la deputata, per limitare il diritto degli americani a possedere armi. Nessun repubblicano ha votato a favore della rimozione della deputata dalle commissioni a cui era stata designata dal partito. Insomma, la direzione repubblicana ha dovuto mediare per trovare un compromesso e tenere unita la sua rappresentanza al Congresso.
Rimane ancora un’incognita il ruolo che Donald Trump svolgerà nel partito repubblicano da oggi fino, in particolare, al novembre 2022 quando si svolgeranno le elezioni parlamentari “mid-term” quando sarà rinnovata l’intera Camera e un terzo del Senato.
Molti politici democratici auspicano un ritorno del partito repubblicano a posizioni conservatrici “normali” o “tradizionali” affinché si garantisca negli USA uno sano dibattito fra il centrosinistra e il centrodestra, negli interessi della Nazione. Ma, se la componente estremista e complottista guidata da Donald Trump continuerà nella sua costante ascesa all’interno del Partito Repubblicano, non rimarrà più nulla di quello che fu il partito di Abraham Lincoln e di Ronald Reagan. E sarà una sconfitta per la democrazia.