Confesercenti: Attività legate al food, a Napoli ripartite 20 su 100. Parlano i ristoratori: Serve un patto fiscale

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La ripresa del food delivery a Napoli è stata al centro di un dibattito organizzato in diretta Facebook da Confesercenti al quale hanno partecipato alcuni tra i principali ristoratori della città. Grande la preoccupazione tra tutti gli addetti ai lavori. Per Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania “soltanto con una riapertura massiccia, in linea con il resto d’Italia, possiamo evitare il fallimento di molte nostre attività”.
Secondo i dati raccolti da Confesercenti, ieri a Napoli ha aperto soltanto il 5% di bar e pasticcerie, con un ritorno pari a zero dal punto di vista economico. Migliore la risposta per quanto riguarda pizzerie, ristoranti e pub impegnati nel “delivery”.  La stima di Confesercenti, considerando le 2 mila attività associate solo per la città di Napoli, è che abbia aperto appena il 20% delle attività legate al food, con un incremento stimabile sino al 25-30% in maniera progressiva con l’avvicinarsi del prossimo week-end.
«Gli introiti – commenta  il presidente di Confesercenti Campania e Napoli – hanno premiato in particolare le pizzerie già con vocazione “delivery” prima del lockdown e anche quelle a conduzione familiare. C’era voglia di pizza tradizionale, e gli ordini sono arrivati dalle abitazioni vicino ai locali. La richiesta in generale ha tuttavia coperto una minima parte di spese e di perdite”. “Confesercenti – sottolinea Schiavo – continua a sostenere che ci deve essere un piano unitario, una visione italiana e nazionale della nuova fase e che al più presto dovrà esserci una normalizzazione, con il ritorno dei clienti nei locali con l’vvio rispetto delle regole del distanziamento sociale e di tutte le norme volte a tutelare la salute pubblica. Ma soltanto con una riapertura massiccia, in linea con il resto d’Italia, possiamo evitare il fallimento di molte nostre attività”.
Ma i ristoratori che cosa ne dicono? Sentite Enrico Schettino, proprietario di “Giappo”:  “Abbiamo 12 punti in Campania, e in 15 anni e con oltre 1 milione di clienti serviti, non abbiamo mai avuto un problema sanitario – premette -. Adesso c’è stato imposto di restare a casa, con oltre 150 dipendenti del gruppo. Un danno economico enorme che ci ha svantaggiato rispetto ad aziende di altre regioni che hanno continuato a lavorare col delivery, fatturando migliaia di euro”. “Siamo stati i primi a chiudere i nostri ristoranti – continua Schettino – e a evitare il delivery per tutelare la salute di dipendenti e clienti, sperando che questa linea fosse adottata sul nazionale. Così non è stato e mentre noi siamo stati chiusi in casa, il resto d’Italia ha fatturato. Inoltre il Governo non ha previsto distinzioni sul piano fiscale, a seconda delle regioni. La Campania ha riaperto al delivery – conclude – tra tante prescrizioni imposteci all’ultimo momento, modificate anche dopo la loro attuazione e sottoponendoci alla gogna di controlli pressanti. Ma chi ci risarcirà di tutte le somme che abbiamo perso e ci riporterà al pari delle aziende delle altre regioni d’Italia?”.
Posizione simile quella espressa da Angelo Terzo (titolare di “Passione di Sofi’”). «Il Governo non ha provveduto né al sostegno dal momento della chiusura, né tantomeno ad un sostegno per la riapertura delle attività – spiega Terzo -. Ho valutato la possibilità di aderire alla riapertura del delivery: avrei dovuto provvedere, come devono tutti i miei colleghi nel settore del food, ad acquistare materiale sanitario, affrontare di nuovo le sanificazioni dei locali, provvedere a contratti con aziende di delivery e di sponsorizzazioni pubblicitarie. Per un ritorno di investimento pressoché inesistente, visto che il guadagno maggiore la mia attività lo riceve dal passaggio di turisti, dal passaggio di commercianti o impiegati di ufficio che popolano le vie principali della città e dove risiedono i miei punti vendita e che attualmente non è presente. Resto del pensiero comunque che quando ci sarà una apertura totale di tutti i settori commerciali allora mi organizzerò per la ripartenza dei miei locali anche se non nascondo che valuterò comunque di aprire quanto meno un solo punto vendita, ma soltanto per innescare un meccanismo positivo almeno per una parte dei miei dipendenti”.
Alessandro Condurro (Antica pizzeria da Michele) afferma: “Ho fatto una panoramica su tutti i nostri punti vendita presenti nel mondo. Ad oggi sono tutti chiusi. Sarebbe utile in questo momento ottenere la pace fiscale per tutti gli imprenditori che non riusciranno a pagare le tasse”.
A tirare le somme del dibattito è  Pasquale Limatola (coordinatore diConfesercenti Napoli): «E’ necessario che il governo riveda il sistema dei pagamenti delle imposte e dei contributi – dichiara -, perchè rischiamo che il 30 giugno, allo scadere delle sospensioni dei versamenti, le aziende non abbiano i soldi per pagare le tasse, generando un pericoloso debito fiscale. Inoltre il governo dovrà cancellare il pagamento degli acconti di imposta per l’anno 2020, perchè non possono assolutamente essere messi a confronto con i risultati economici del 2019. Sia il governo centrale che la regione devono stanziare fondi specifici per la ripresa economica dando respiro alle aziende che sono state costrette alla chiusura per due mesi, mettendo in campo risorse dirette e con una percentuale a fondo perduto, non attraverso il ricorso all’indebitamento bancario, perchè controproducente nell’equilibrio finanziario delle imprese”.