Cinque Stelle o alfaniani? Stepchild adoption con Aula senza rete o unioni civili senza adozioni ma con la forza di un accordo di governo? Il problema, come sottolinea il premier Matteo Renzi all’assemblea nazionale del Pd, dove ammette che al Senato “siamo minoranza”, è soprattutto nei numeri di Palazzo Madama. Numeri solitamente stretti che, sulle unioni civili, vivono anche di pericolosi ondeggiamenti a cominciare dal niet del M5S al canguro Dem che avrebbe blindato l’impianto del ddl.
Cinque Stelle che, nel caso il Pd scelga di rischiare il voto in Aula senza un accordo con Ap, restano il vero ago della bilancia per l’approvazione della legge e, in primis, della stepchild. Nei 112 senatori Pd, infatti, sembra ormai pacifico che almeno 25 Cattodem votino contro l’adozione speciale. Ai ‘no’ vanno aggiunti i 32 senatori centristi, i 10 fittiani, i 12 leghisti e 35 dei 40 esponenti di FI. Contrari i 15 senatori Gal e una decina di senatori del gruppo Misto (incluse le 3 tosiane). Al gruppo si potrebbero aggiungere anche una decina dei senatori del gruppo Autonomie, a cominciare da quelli di estrazione cattolica (circa 6) e dai senatori a vita, sul cui voto non ci sono certezze. Si avrebbe così un fronte di 145-150 senatori che, con l’apporto, a voto segreto, di una parte del M5S, diventerebbe certamente vincente. Al contrario con un sì compatto alla stepchild da parte dei pentastellati, l’adozione del figlio del partner risulterebbe blindata da una maggioranza di almeno 160 voti, superiore, quindi a quella che la settimana scorsa salvò la legge rinviandone l’esame dopo il no dei grillini al canguro. Almeno 90-92 i Dem favorevoli alla stepchild ai quali vanno aggiunti i 19 verdiniani, circa 15 senatori del Misto (tutti quelli di SI) e almeno la metà (dieci) degli esponenti delle Autonomie.
Cinque o sei, invece, i sì probabilissimi da FI alla stepchild che, con l’ok del M5S (30 su 35 senatori, si può ipotizzare), avrebbe vita facile. Un accordo con Ncd, con tanto di fiducia su un emendamento e quasi certamente stralciando l’adozione, avrebbe l’ok della maggioranza di governo (circa 180 unità) e di una parte, piccola invero, dei senatori del Misto (i 2 esponenti Idv, ad esempio), perdendo tuttavia la sponda di SI e quella del M5S.
E ci sono due incognite ad offuscare questa opzione: il dissenso interno al Pd, questa volta in chiave opposta a quella Cattodem ed esplicato oggi dalla minoranza (al Senato in 21 nei giorni scorsi hanno fatto un appello pro-stepchild); e la compattezza di Ap, in buona parte per nulla disponibile a votare il ddl con il solo stralcio della stepchild. Per questo, nel caso si scelga la strada della fiducia, la trattativa tra Renzi e Ap sarà decisiva anche per blindare il sì degli alfaniani.
Cinque Stelle o alfaniani? Stepchild adoption con Aula senza rete o unioni civili senza adozioni ma con la forza di un accordo di governo? Il problema, come sottolinea il premier Matteo Renzi all’assemblea nazionale del Pd, dove ammette che al Senato “siamo minoranza”, è soprattutto nei numeri di Palazzo Madama. Numeri solitamente stretti che, sulle unioni civili, vivono anche di pericolosi ondeggiamenti a cominciare dal niet del M5S al canguro Dem che avrebbe blindato l’impianto del ddl.
Cinque Stelle che, nel caso il Pd scelga di rischiare il voto in Aula senza un accordo con Ap, restano il vero ago della bilancia per l’approvazione della legge e, in primis, della stepchild. Nei 112 senatori Pd, infatti, sembra ormai pacifico che almeno 25 Cattodem votino contro l’adozione speciale. Ai ‘no’ vanno aggiunti i 32 senatori centristi, i 10 fittiani, i 12 leghisti e 35 dei 40 esponenti di FI. Contrari i 15 senatori Gal e una decina di senatori del gruppo Misto (incluse le 3 tosiane). Al gruppo si potrebbero aggiungere anche una decina dei senatori del gruppo Autonomie, a cominciare da quelli di estrazione cattolica (circa 6) e dai senatori a vita, sul cui voto non ci sono certezze. Si avrebbe così un fronte di 145-150 senatori che, con l’apporto, a voto segreto, di una parte del M5S, diventerebbe certamente vincente. Al contrario con un sì compatto alla stepchild da parte dei pentastellati, l’adozione del figlio del partner risulterebbe blindata da una maggioranza di almeno 160 voti, superiore, quindi a quella che la settimana scorsa salvò la legge rinviandone l’esame dopo il no dei grillini al canguro. Almeno 90-92 i Dem favorevoli alla stepchild ai quali vanno aggiunti i 19 verdiniani, circa 15 senatori del Misto (tutti quelli di SI) e almeno la metà (dieci) degli esponenti delle Autonomie.
Cinque o sei, invece, i sì probabilissimi da FI alla stepchild che, con l’ok del M5S (30 su 35 senatori, si può ipotizzare), avrebbe vita facile. Un accordo con Ncd, con tanto di fiducia su un emendamento e quasi certamente stralciando l’adozione, avrebbe l’ok della maggioranza di governo (circa 180 unità) e di una parte, piccola invero, dei senatori del Misto (i 2 esponenti Idv, ad esempio), perdendo tuttavia la sponda di SI e quella del M5S.
E ci sono due incognite ad offuscare questa opzione: il dissenso interno al Pd, questa volta in chiave opposta a quella Cattodem ed esplicato oggi dalla minoranza (al Senato in 21 nei giorni scorsi hanno fatto un appello pro-stepchild); e la compattezza di Ap, in buona parte per nulla disponibile a votare il ddl con il solo stralcio della stepchild. Per questo, nel caso si scelga la strada della fiducia, la trattativa tra Renzi e Ap sarà decisiva anche per blindare il sì degli alfaniani.