Composizione e creazione della strada dell’ospitalità

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Ogni benessere accade per la prima volta

Borges

Sono stato da poco in Sardegna nella parte interna e ho incontrato spesso l’anima di luoghi unici e la forte consapevolezza della straordinarietà e del pericolo che finiscano toccati dall’uomo.

Siamo giunti in questa casa antica trasformata in albergo a Morano Calabro, nel parco del Pollino.

Un paese verticale, con le case attaccate alla montagna e atmosfera di magia.

Ci accoglie una bella signora di novantadue anni, si chiama Maria.

La sua pelle è scura di giorni di sole passati nei campi a lavorare e a giocare e poi far crescere figli e amare.

Ci osserva con attenzione amichevole, con occhi verdissimi acuti e lo sguardo intelligente con lampi.

I capelli sono curati, bianchi come il sale.

Si avvicina educatamente e noi facciamo lo stesso verso lei e sento che non è solo un percorso fisico.

C’è buona e bella educazione in questi gesti semplici che esprimono una persona e il suo ambiente.

Educazione significa giusta distanza, ritmo, leggerezza, non essere addosso, non disporsi lontano.

Chi è educato si avvicina lentamente e in qualche modo chiede il permesso di farlo.

Sono consapevole, mentre la sto vivendo, di iniziare una breve ma espressiva storia d’ospitalità e che rimarrà in me per creare un rapporto tra ricordo e memoria.

Questa donna vecchia perché piena di tempo è viva ci sta accogliendo e dedicando attenzione consistente, ospitale.

C’è in chi ospita intensamente un’intenzionalità applicativa dell’ascolto.

L’”applicazione” è un momento implicito di ogni comprensione e noi ora stiamo reciprocamente cogliendo e formando il significato di questo frammento d’accoglienza.

Se l’ospitalità è un valore allora il frammento inserito nello scambio, dà senso dinamico sia al frammento sia alla situazione nella quale è inserito.

Quello che ospitanti grossolani non capiscono è che l’ospite può comprendere e sentire qualsiasi cosa (un panorama, un quadro, un cibo, ecc) solo se riesce a collegare tra loro i frammenti e collegarsi lui stesso per essere inserito in una narrazione.

La comprensione profonda di ogni comunicazione, quindi anche quella dell’ospitalità, avviene quando si riescono a leggere gli spazi bianchi tra le parole e forse solo così si possono capire le parole stesse.

L’incontro con questa vecchia signora apre un orizzonte su questo luogo che ci ospiterà, infatti, quando comincia a raccontare il luogo, lo fa dicendo di se.

In qualche modo mi porta dentro la sua storia e al luogo che la contiene.

Lei non lo sa ma sta creando la cosa più importante per una cultura dell’ospitalità: il desiderio del ritorno!

La memoria ricorderà e il pensiero la feconderà cercando tracce di una situazione perduta, di un racconto interrotto, di un frammento appunto, con il desiderio di ripetizione.

L’ospitalità può determinare questo: un procedere all’indietro nel labirinto della memoria e colorare un’eco remota, rendendo dinamica l’assenza, inventando mentre si ricorda.

La memoria orienta il ricordo, ma il pensiero desiderante e nostalgico la feconda con grumi emotivi disorientanti, e labirintici pieni di emozione. Viaggiare è amare ancora.

Sempre quando un luogo ci colpisce, intensamente, si tenta di ritornare, di ritrovarlo, di riprovare effetti speciali dell’anima.

Anche se ci si accorge che il ritorno è impossibile e sempre tutto è una prima, unica volta, che potenzialmente sarà una nostalgia.

Questo è il punto straordinario e poetico di un’ospitalità memorabile: si desidera ricreare delle altre volte, tornando per la prima volta nello stesso posto per poter così progettare e coltivare altre vitali nostalgie.

Maria mi sta raccontando la realtà del suo luogo straordinario.

Non lo sa ma lo fa inconsapevolmente in chiave surreale: io l’ascolto intensamente e anche lei lo sta facendo, quindi la realtà non è negata ma dilatata, impastata di frammenti, di schegge estetiche, emotive, intellettuali, le sue e le mie.

Siamo seduti davanti al caminetto acceso e arrivano segnali di vento, fruscii, brezze, odori, profumi: spazi bianchi tra le parole.

La realtà è raccontata con una grammatica perfetta, ma si avverte lo spazio vuoto che ne dà il senso più intenso.

Ci troviamo per la prima volta, in questo luogo, in quest’incontro, ma nel raccontare è come se si realizzasse un ri-trovarsi.

Questo è il punto profondo dell’ospitalità, la capacità di narrare e creare storie insieme, non fare la “petulanza” o pensare che consista nel servire bene un aperitivo.

Ma come in tutte le cose che valgono, ci vuole amore.

E’ solo con l’amore che si sente questo desiderio d’attenzione, di concentrazione e allora l’ospitalità diventa ricca, complessa, unica.

Solo l’amore può essere il collante capace di colmare i vuoti di un senso che altrimenti, come si vede oramai ovunque, fanno diventare tutto prosaico e greve.

Solo l’amore per il proprio luogo e per l’ospite può rendere viva l’esperienza e fare in modo che la nostalgia coltivi il ricordo che diventa progetto di vivere ancora.

L’amore non è insegnabile ma si può imparare a comunicarlo, se c’è, in modo tale che l’ospite quando partirà possa capire che quello che ha comprato è senza data di scadenza.

Quadro di Paolo Righi