Il fiato si spezza all’altezza del petto. Un nodo chiude la gola. La vena inizia a pulsare. Il cuore ha un ritmo accelerato, incontrollabile, lo senti anche nelle orecchie, che si chiudono, intorno tutto ha un silenzio surreale. La vista si offusca. Il corpo è ingestibile. Il sudore è freddo, la salivazione a zero, le palpitazioni sono continue. Assurdo ma reale, è quello che si prova in pieno attacco di panico. Un attacco di panico è devastante e terrorizza, ciò che più fa paura è che possa riaccadere, e chissà dove e chissà quando, perché è perfido, arriva, ti colpisce ovunque sei e ti annetta. Non conosce gioia o dolore, non conosce momenti imbarazzanti o luoghi inappropriati. Capita che ti aspetti una gratificazione e non uno shock. Un ospite indisturbato che colpisce senza bussare alla porta, che colpisce quando vuole lui, e sa colpire. La mia vita è sempre stata un susseguirsi di emozioni, di ritmi frenetici, di gratificazioni e di momenti più tristi, e anche di tanto stress, così la prima volta, il primo attacco di panico, ho pensato fosse “solo” un avvertimento al mio ritmo di vita troppo veloce, ma quel battito “accelerato” mi è rimasto dentro, indimenticabile. Ma alla seconda volta che l’attacco mi ha attaccata, l’ho capito subito. Certo, il ritmo di vita e di stress incide, inutile nasconderlo, ma inutile negare che in tempo di pandemia, di pensieri negativi, di incognite future, di fiato corto già a causa delle mascherine, gli attacchi di panico, sono abbastanza comuni. Secondo le percentuali almeno il 10% delle persone – in tempi normali- e prevalentemente donne- hanno sperimentato questa spiacevole sensazione. Chi vive un attacco di panico, lo paragona ad un infarto o ictus. Normalmente la durata è breve, la fase più acuta dura pochi momenti, ma le sensazioni sono intense e gettano la persona nel terrore. Alla fine rischia di generare una dinamica perversa “vivo nel panico del panico e quindi non vivo più” soprattutto quando si attuano meccanismi per evitare proprio quelle sensazioni potenzialmente impanicanti: il pensiero costante ad evitare luoghi, situazioni, dinamiche che possono provocare una crisi. Una vita in fuga. I soggetti “allenati” imparano a gestire l’attacco di panico sul lavoro e nelle varie situazioni della vita quotidiana ma ciò non basta, bisogna lavorare su se stessi e su ciò che lo genera. Altrimenti tornerà sempre indisturbato e farà i suoi comodi. E’ importante capire quando sia arrivato il momento di affidarsi ad uno psicoterapeuta per lavorare su se stessi e sulle questioni irrisolte con la propria vita. Capita molto spesso che un collega o un amico in nostra compagnia ha un attacco di panico, cosa fare? Mantenete la calma. Sangue freddo. Non è una cosa che si trasferire, non aggiungete altra ansia. Abbassatevi o sedetevi con lui, servirà per non farlo sentire in imbarazzo. Tranquillizzatelo, parlate piano, lentamente e con serenità, ponetegli domande su cosa sente e cosa avverte, non ponete fretta nelle risposte. Non toccatelo con frequenza, non stategli troppo vicino e non assumete movimenti scattosi o un tono di voce teso. Comunicategli di respirare più piano, la respirazione di chi è in un attacco di panico è in iperventilazione – una panacea per l’attacco-.
L’attacco di panico non è un tabù o una vergogna, parlarne, condividerlo, così come spesso hanno fatto e fanno molti personaggi dello spettacolo è importante, perché capita a tutti, non esiste distinzione di età, di sesso o anche di vita, è il ritmo che conduciamo, perché l’attacco di panico è un grido di allarme forte e dirompente nel nostro cervello. Una sorta di disperato ed accorato grido d’aiuto che ci auto-lanciamo. Ignorarlo, provare a giustificarlo e nasconderlo anche a noi stessi è solo un palliativo e un tentativo goffo ma non una soluzione. I sintomi potrebbero peggiorare, gli attacchi potrebbero essere più frequenti e addirittura limitarci per paura di viverli. Non aspettate inerti che la situazione passi, da sola non lo farà, siete voi che dovrete affrontarlo e talvolta col supporto di specialisti. Non ditevi “ormai”, “passerà”, “non ho tempo per queste cose”, in quel momento gli state segnando gol ad un bastardo che vi attaccherà col vostro consenso.