Gaeta, 4 nov. (askanews) – (di Cristina Giuliano) L’impegno americano nel Mar Mediterraneo è cambiato di fronte all’instabilità globale, dal Medio Oriente all’Ucraina? “Non credo che l’impegno sia cambiato di fronte agli eventi mondiali. Penso che le nostre attività in questa regione e nel Mediterraneo, abbiano mostrato l’impegno dell’America verso questo teatro e quest’area, sulla scia della difesa della pace mondiale, rispetto a quanto accade sia in Medio Oriente che in Ucraina”.
A parlare con askanews in una videointervista è il vice ammiraglio Jeffrey Anderson che da quest’anno ha ufficialmente assunto il comando della Sesta flotta statunitense che, con base a Napoli, conduce una serie di attività congiunte e navali, collaborando a stretto contatto con gli alleati della NATO per migliorare la nostra sicurezza e la stabilità in Europa e in Africa. Anderson comanda inoltre le Naval Striking and Support Forces NATO (STRIKFORNATO), ci presenta il contrammiraglio Craig Wood della Royal Navy, il suo vice comandante lato Nato per le STRIKFORNATO e delinea l’attività Neptune Strike, pianificata in mesi, e supervisionata dalla nave USS Mount Whitney con la partecipazione di più di 20 paesi della NATO. Il comandante sottolinea l’integrazione di capacità marittime di fascia alta e il comando e controllo eseguiti dalla nave. “Siamo molto, molto, molto orgogliosi di ciò che abbiamo realizzato nel corso dell’ultima settimana”, dice.
Neptune strike (NEST) 24-2 è un’attività di vigilanza rafforzata della NATO, che comprende l’integrazione delle capacità congiunte marittime ad alto livello. Anderson spiega che serve per creare l’integrazione e l’interoperabilità necessarie. “Non è progettata per colpire una minaccia particolare o un paese in particolare. E di nuovo, è progettata per integrare e migliorare le capacità in tutta la forza, per creare integrazione e interoperabilità. Al momento non ci sono minacce specifiche per queste forze, ma ci stiamo sempre preparando per essere in grado di contrastare qualsiasi minaccia che potrebbe emergere”.
Anderson parla con askanews a bordo della nave USS Mount Whitney, ammiraglia della Sesta Flotta degli Stati Uniti d’America di stanza nel Mar Mediterraneo e anche Afloat Command Platform delle Naval Striking and Support Forces NATO (STRIKFORNATO). Gli chiediamo se è corretto dire che è come stare dentro al cervello di queste attività (dal Baltico al Mare del Nord sino al Mediterraneo). Ci risponde di sì. “Abbiamo comandato – dice – tutte le attività dalla nave”.
“Lo staff NATO è andato avanti con la pianificazione per mesi, per portarci a questo punto in cui possiamo integrare la miriade di capacità di più nazioni e in più aree di responsabilità”.
Ma il comando parte da qua?
“Corretto. Il Mount Whitney fornisce una piattaforma mobile con una suite di comando e controllo che si può usare per comunicare con le forze, per controllare e fornire indicazioni a quelle forze”, afferma.
Ed è anche una nave storica per la Marina americana?
“Lo è, è in circolazione da molto tempo. È una delle poche forze navali ‘forward deployed’ che abbiamo nella Marina degli Stati Uniti che esiste da così tanto tempo. Siamo molto fortunati ad averla, ad averla di stanza qui in Italia e siamo fortunati ad avere il capitano (Matthew Kiser) e l’equipaggio che forniscono le capacità della nave al nostro staff NATO, così come al mio personale della Sesta Flotta”.