Cinque Stelle a corto di nomi per le elezioni, con il tetto dei due mandati fuori tutti i big. Ipotesi Appendino ma è condannata

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in foto Chiara Appendino, ex sindaco grillino di Torino (Imagoeconomica)

La carica degli sconosciuti. E’ uno dei rischi che corre il M5S dopo la decisione -ancora non ufficializzata- di non derogare alla regola del tetto dei due mandati. Saltano, tra gli altri, Roberto Fico e Paola Taverna e Danilo Toninelli (i più amati dalla base), Roberta Lombardi e la sua nemica di sempre, Virginia Raggi. E ancora Stefano Buffagni, Vito Crimi, Federico D’Incà e Riccardo Fraccaro. I nomi da spendere in campagna elettorale sono ridotti al lumicino, oltre a quello di Giuseppe Conte in pista resta, ad esempio, il ministro e capodelegazione Stefano Patuanelli. Resta ferma, poi, l’incognita Alessandro Di Battista. Spunta però, nei vertici del M5S, anche il nome di un altro volto noto del Movimento, l’ex sindaca Chiara Appendino: la sua candidatura, riferiscono fonti autorevoli all’Adnkronos, viene data per assodata. Tanto che, in ore frenetiche e complesse per il M5S, sono iniziate le rivendicazioni di chi è rimasto a bocca asciutta: “Non si deroga più nulla: Appendino ha una condanna alle spalle, quindi è fuori”, si sfoga un big del Movimento. In realtà, la strada della candidatura alle politiche è sgombra di ostacoli per l’ex prima cittadina torinese, che -sul fronte dei due mandati- è forte del ‘mandato 0’ voluto per i consiglieri comunali dall’ex capo politico Luigi Di Maio. Assolta in appello dall’accusa di falso in bilancio nell’ambito del processo Ream, Appendino è stata condannata a un anno e mezzo, con sospensione condizionale della pena, per i fatti di piazza San Carlo, quando, durante la proiezione della finale di Champions League Real Madrid-Juventus, persero la vita due persone e ne rimasero ferite 1.700. Tuttavia Appendino, stando alle regole grilline, può candidarsi, perché il codice etico del Movimento prevede che chi è stato condannato per reati colposi possa scendere in campo elettorale, per una clausola all’epoca messa nero su bianco dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, finalizzata a non lasciare fuori, ad esempio, chi avesse alle spalle una condanna perché coinvolto in un grave incidente.