Chi si somiglia si piglia, peggio dello zar soltanto il suo ministro degli esteriIl Signor Peggio non è mai arrivato, dicono I contadini nel constatare i danni provocati da un evento atmosferico avverso. Serve loro come consolazione, seppur magra, e nello stesso tempo è una forma di esorcismo equivalente a “poteva andare peggio”. Talvolta, ad colorandum, aggiungono che un personaggio di tanti anni fa, caduto nel fiume, invocasse la protezione divina rivolgendo in alto loco la richiesta: “Signore, non peggio!”. Tanto anche se l’acqua gli era arrivata alla gola, stante il fatto che un suo compagno di sventura accanto a lui aveva già bevuto e era annegato. Quanto sta accadendo in questi ultimi giorni dappertutto sul pianeta, seppure in ordine sparso, è la conferma, semmai fosse stata necessaria, della veridicità, l’uno per l’altro, di tali “fattarielli”, così sono definiti quegli aneddoti a Napoli, ben saldi nell’immaginario collettivo. Quanto è successo poche sere fa, precisamente quando è comparso sul teleschermo, ospite virtuale di una rete televisiva privata con una buona fidelizzazione di spettatori, il ministro degli esteri russo Lavrov. Degno compare di Putin, della serie definita nel villaggio “se non si somigliano, non si pigliano”, dovrebbe essere il capo della diplomazia russa. Solo che, molto probabilmente, costui non sa nemmeno quale sia il significato di quella parola. Non essendo presente in studio un interlocutore istituzionale che avrebbe potuto dibattere con lui e far fronte al suo delirio, il Corriere dello Zar da operetta si è sentito legittimato a poter offendere il mondo intero. Nello specifico, ha fatto di tutte le erbe un solo fascio, lanciando strali avvelenati anche ai governanti dei paesi che, in qualche modo, si sono schierati al fianco del suo. Quanto fin qui scritto ha la pretesa di dare la misura del calor bianco che sta arroventando il clima non solo delle parti in armi, ma di tutta o quasi la società civile. Da una parte si è portati a pensare che comportamenti del genere inducano a ragionare con serenità quelli che ancora continuano a confondere quello Zar in time out che starebbe bene nella stessa gabbia di matti dove alloggia quello che crede di essere Napoleone, che altro non è se non un criminale di guerra, con uno statista illuminato che cerca a tutti i costi di fare gli interessi del paese che afferma di governare. Nel villaggio equivoci del genere vengono stigmatizzati con l’espressione “confondere il cimitero con la stazione ferroviaria”. Quel personaggio malnato, pur di passare alla storia anche se con la damnatio memoriae, con l’ aiuto della banda scalmanata dei suoi servi sciocchi e maligni, ha messo il mondo intero in difficoltà di non poco conto. Volendo soffermarsi, seppure a volo d’uccello, sulla situazione del Paese, si prende atto che la situazione di forte limitazione in cui si trovano tutti i settori, produttivi e non, è ben lungi dall’avviarsi a conclusione. Con l’amaro in bocca, pur apprezzando il grande sforzo che sta facendo il governo, dando come può un colpo al cerchio e uno alla botte per non far lievitare il debito pubblico, si può comprendere ma non giustificare la diffusione di dati che possono creare tra la popolazione aspettative destinate a rivelarsi quasi certamente cocenti delusioni. Solo per essere realisti quanto il re, se non ancor più, è bene ricordare che una forma di keynesianesimo da bar Centrale vuole, perché si riesca a sistemare un default socioeconomico, prima di ogni altra, due cose: la prima, che ricomincino a girare le betoniere per il calcestruzzo, la seconda che tale fenomeno sia duraturo e non occasionale, fungendo così da volano per tutte le attività riconducibili a essa, direttamente o indirettamente. È bene ribadire a corollario il concetto che non sono i decimali in più o in meno di una grandezza economica gli indicatori di una reale inversione di tendenza dell’andamento congiunturale. Rappresentano gli stessi contingenze destinate per forza di cose a essere effimere. Nell’Italia Centrale si suol dire fare un sol pianto e un sol lamento per affrontare una o più avversità. Nel caso in specie ciò non è possibile, perché queste ultime sono molte, peraltro interdipendenti. Il più importante dei problemi, l’approvvigionamento di gas da fornitori diversi da Gazprom, è appena all’inizio della sua soluzione. Perché quel combustibile contrattato non più a Mosca, sia in forma liquida che gassosa, cominci a circolare nelle tubazioni dello Stivale, isole comprese, occorreranno diversi mesi, in alcuni casi più di un anno. Con tutti gli escamotages che chi di competenza saprà mettere in pratica, l’empasse per le famiglie e le aziende non potrà essere affrontata a cuor leggero. Altrettanto corretto è precisare che i provvedimenti messi in atto per contenere l’appesantimento delle fatture energetiche, destinati sia alle famiglie che alle imprese, avverranno prevalentemente sotto forma di bonus o sgravi fiscali. Non si tratterà quindi di qualcosa paragonabile al reddito di cittadinanza, nè tantomeno di lancio di euro dai balconi, giusto per non dimenticare quanto faceva Eva Peron in Argentina nei primi anni della seconda metà del secolo scorso. Cercare di tirare su il morale di una comunità è cosa non solo buona e giusta, quanto anche doverosa, da parte dei governanti della stessa. Del resto diedero inizio a tale pratica gli alleati, quando cominciarono a inviare al seguito delle truppe artisti di vario genere, soprattutto personaggi del mondo della musica. Ciò avvenne già durante la seconda guerra mondiale e è ancora viva la memoria delle performances di Glenn Miller e, alla fine della stessa, della diffusione dei V Disk. La propaganda no, proprio non giova, né alla causa né a nessun’altra situazione. Finora l’Italia ne è rimasta fuori, mentre si avvicina la tornata elettorale. Si sa che l’ occasione fa l’uomo ladro, quindi sarebbe manna che cade dal cielo se, almeno per questa volta, quel rapporto di causa e effetto non prendesse forma alcuna, neppure larvata.