C’era una volta Capitan America

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Durante l’ultima guerra mondiale, due disegnatori americani diedero vita a un personaggio che tra i conservatori, soprattutto la loro parte più accesa, ebbe una certa presa e fece si che si creassero gruppi organizzati degli stessi. Era la fantasiosa trasposizione in un personaggio immaginario dell’americano medio, conservatore, intollerante dell’immigrazione a cascata che gli Usa avevano in parte subito e che continuava ancora allora. Gli immigrati, molti di loro irregolari, soprattutto quelli di colore, giunti nella prima parte del secolo, erano tenuti ai margini di quella società. Per buona sorte tale oltranzismo ebbe vita breve e il messaggio che aveva tentato di far passare, una apartheid sotto mentite spoglie, in parte fu messo da parte. Del resto lo stock di capitali pronto a entrare in produzione al di là dell’Atlantico era in attesa solo di interfacciarsi con un congruo numero di lavoratori per produrre ancora ricchezza. A novembre, con le elezioni del presidente, nuovo o riciclato che sará, non è da escludere che una parte degli elettori riprenda in mano la storia della discriminazione razziale e faccia ritornare di attualità comportamenti che il resto del mondo in buona parte ha già da tempo ricusato. Manca ormai poco tempo alla chiamata alle urne elettorali degli Americani. Per ora si può aggiungere solo che, con tante ferite aperte che tormentano il pianeta, altri disordini, seppure di dimensioni e tipologia diversa, non sono certo eventi di cui l’umanità lamenta la mancanza.