Opinions expressed here are solely my own and do not express the views or opinions of Squarepoint Capital.
L’Italia occupa il terz’ultimo posto in Europa in relazione al numero di transazioni pro-capite effettuate tramite carte di pagamento. A spingerci in fondo alla classifica sono diversi fattori: in primis una diffusa cultura del contante e l’età avanzata della popolazione che fatica ad adottare nuove tecnologie. Si aggiunga che molti esercenti del Belpaese non gradiscono i pagamenti elettronici per i piccoli importi. Queste ragioni hanno fatto sì che, nel 2019, in Italia le transazioni con carta si attestassero a circa 77 per persona, contro le 370 rilevate nei paesi in cima alla lista, ossia Danimarca, Finlandia e Svezia.
La pandemia, però, ci ha rapidamente condotti a un punto di svolta. Il Covid-19, infatti, così come accaduto in diversi ambiti del quotidiano, ha impresso un’accelerazione sull’utilizzo del digitale. Perché? Innanzitutto per via di un fattore psicologico legato alla percezione del contante come potenziale veicolo del virus. E’ anche vero che già a marzo l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva chiarito che i contanti non rappresentassero un rischio concreto, tesi ribadita anche da un recente studio secondo il quale il virus permane sulle banconote fino a 28 giorni ma in condizioni di laboratorio, in assenza dei raggi ultravioletti che normalmente lo neutralizzano. Ad ogni modo, i pagamenti elettronici hanno subito un’impennata. E non solo a causa di questa ritrosia verso il contante ma soprattutto per via dell’aumento degli acquisti online legato alle restrizioni sanitarie (per evitare assembramenti o sopperire alle chiusure dei negozi nelle zone rosse).
SumUp, azienda produttrice di lettori di carte di credito, ha registrato in Italia una crescita delle transazioni contactless pari al 55% nei bar e nei ristoranti, nella prima settimana di riapertura degli esercizi a maggio 2020, rispetto al periodo pre-lockdown.
L’aumento dei pagamenti digitali non denota un mero cambio di abitudini, corrisponde anche a un grande vantaggio per il governo, in relazione alla lotta all’evasione. L’elusione ai danni del fisco, infatti, rappresenta ancora uno dei problemi più grandi dell’economia italiana. A questo proposito, il “rapporto sui risultati conseguiti in materia di misura di contrasto all’evasione fiscale e contributiva” allegato alla Nadef 2020 (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza) stima una differenza del 66.8% tra la quota IRPEF che lavoratori autonomi e imprese dovrebbero versare all’erario e quanto effettivamente corrisposto. In sostanza significa che alle casse dello Stato manca quasi il 70% dell’incasso IRPEF dovuto in un regime di perfetto adempimento da parte dei lavoratori autonomi e delle imprese. La transizione verso i pagamenti digitali potrebbe diminuire questo gap dal momento che un approccio cashless garantisce una maggior tracciabilità e, quindi, riduce le possibilità di evasione.
La congiuntura favorevole che sta portando alla diminuzione dell’uso dei contanti rappresenta una grande opportunità per il governo italiano che, attraverso il decreto Agosto, ha stanziato 1,75 miliardi di euro per il 2021 nell’ambito del piano “cashless”, prevedendo un sistema a premi per incentivare i pagamenti elettronici.
Per agevolare un aumento dei pagamenti tramite carta nel quotidiano, le misure dovranno necessariamente agire su due fronti: aumentare la diffusione dei POS e incentivare il digitale.
Sul primo fronte, bisogna fare in modo che l’uso delle carte non sia più svantaggioso di quello del contante. Ad oggi, la situazione è ben diversa. Un esercente che voglia digitalizzarsi, infatti, deve spendere circa 1000 euro per acquistare o noleggiare il POS e deve poi sostenere le spese di utilizzo (costo fisso di 10 centesimi di euro per la transazione, costi variabili pari a una percentuale del transato, noleggio della linea, etc). Si stima che un bar che registra 10 mila transazioni da 5 euro l’anno, fatturando 50 mila euro, deve sostenere circa 2 mila euro di spese per i pagamenti digitali (quasi il 4% del fatturato lordo). Non stupisce che un esercente preferisca essere pagato in contanti. Per rendere il quadro sostenibile, il governo dovrebbe quindi introdurre un “buono” a rimborso del 100% dei costi di acquisto del POS oltre che permettere la detrazione totale delle spese legate alla digitalizzazione (ad oggi la detrazione è pari solo al 30%).
Per incentivare l’uso della carta il governo ha anche introdotto la lotteria degli scontrini, un sistema premiante ma poco pratico. Per rispettare la privacy degli utenti, infatti, viene richiesta la registrazione di ciascuno scontrino sul portale del governo, aggiungendo un passaggio che complica l’adesione e scoraggia l’utenza. Un sistema che premia al raggiungimento di un certo numero di transazioni eseguite sul singolo POS risulterebbe molto più immediato, chiaramente variando gli obiettivi a seconda del business e considerando una ricompensa non solo per l’esercente ma anche per il consumatore finale.
L’emergenza sanitaria ha obbligato il governo a stanziare misure senza precedenti a sostegno dell’economia. Questo ha portato a un aumento del debito pubblico che arriverà a sfiorare il 160% del PIL entro la fine del 2020. Se da un lato l’incremento della spesa pubblica obbliga il governo a far crescere le entrate fiscali, dall’altro la necessità di non frenare la ripresa pone seri dubbi circa la possibilità di un aumento delle tasse nel breve periodo. La transizione verso i pagamenti digitali è, quindi, tra la misure che potrebbero portare all’aumento del gettito fiscale senza andare a gravare sul cittadino, e, nel lungo periodo, potrebbe addrittura portare alla realizzazione dell’agognato mantra secondo cui è possibile pagare meno tasse se tutti pagano le tasse.
Villy de Luca, CFA
Avvocato e Trader Finanziario a Londra
https://twitter.com/villydeluca
https://www.linkedin.com/in/villydeluca/