Capire il cervello? Un gioco da ragazzi Grazie ai robot (e Vico)

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A cura di Cristian Fuschetto

Cattura l’essenza di una cosa solo di chi sia riuscito a costruirla. Lo ha insegnato al mondo intero il nostro Giambattista Vico (“Verum et factum convertuntur”, amava ripetere il pensatore napoletano) e più che i filosofi pare che la sua lezione l’abbiano imparata gli scienziati. Come si spiegherebbe altrimenti il progetto di creare un cervello artificiale per capire i segreti di quello naturale? È esattamente l’obiettivo dello Human Brain Project, la più ambiziosa e ricca (il finanziamento ammonta a 1 miliardo di euro) linea di ricerca targata Ue, cui partecipa anche il team partenopeo del  Nac, il Laboratorio per lo Studio dei Sistemi Cognitivi Naturali e Artificiali della Federico II. Complice la Settimana internazionale del cervello, i ricercatori guidati da Orazio Miglino hanno illustrato a Città della Scienza le sfide da compiere per arrivare a produrre una vera e propria macchina pensante agli studenti dell’Isis “Francesco Saverio Nitti” di Napoli. “Il cervello è una macchina speciale – osserva Miglino – produce sentimenti, pensieri ed emozioni eppure a, ben guardare, tutto scaturisce dall’armonica coordinazione di miliardi di piccole cellule, i neuroni, il cui  funzionamento è abbastanza semplice da descrivere”. Un neurone altro non è che che un dispositivo che riceve dell’energia elettrica da altri dispositivi e che, nel caso superi una certa soglia, la trasmette ad altri ancora. A farla così facile sono stati più di mezzo secolo fa Warren McCulloch e Walter Pitt, autori del primo modello di rete neurale artificiale. Da allora i neuroni artificiali sono diventati materia “comune” non solo per i ricercatori ma anche per studenti e ragazzi. “Negli ultimi anni – spiega il responsabile del Nac – il progresso tecnologico ha reso semplicissimo costruire e acquistare robot e sistemi di simulazione per reti neurali tanto che li utilizziamo normalmente come simulatori didattici sviluppare macchine che si auto-organizzano e si adattano al mondo fisico esattamente come fanno gli organismi viventi”. Vico forse non immaginava, ma a breve sarà sempre più difficile distinguere il “bios” dal “technè”.  •••

Cristian Fuschetto