Cambiamento è divenire

Ci sono una serie di passi che caratterizzano un processo di cambiamento e per un’impresa sono collegati alla strategia, quindi l’eccellenza di una strategia non sta tanto nei suoi contenuti ma soprattutto nella qualità della sua implementazione!

Propongo una serie di aspetti che a mio parere ne fanno parte:

l  A. Pensare il cambiamento ossia dedicare energie quanti/ qualitativamente adeguate non solo a immaginarlo, ma a definirne i contorni voluti, sfidanti ma fattibili che equivale alla rappresentazione della vision come stella polare che orienta e anche mobilita e fa crescere. 

l  B. progettare il cambiamento, traducendo il pensiero in finalità e obiettivi, traguardati nel tempo su risultati intermedi, con strumenti adeguati, responsabilità e ruoli coinvolti, risorse assegnate (economiche – tecnologiche e professionali) e individuando le persone da coinvolgere, attrarre e motivare. 

l  C. costruire il cambiamento voluto nella realtà dei fatti. È il momento centrale dell’implementazione, quando si va sul campo a capire ciò che si è progettato e attuare la strategia giorno per giorno nei comportamenti effettivi definendone anche le variazioni contingenti facendoun uso coerente di un insieme di leve da utilizzarsi con la debita flessibilità e determinazione, per correggere il tiro dove e quando serve. 

l  D. compiere il cambiamento. Concettualmente fa parte del passaggio logico precedente ma sovente il costruire non è completato, non si va sino in fondo di ciò che è stato avviato, specialmente di ciò che di nuovo si è scoperto nell’implementazione.Quanto più lo spazio di cambiamento è culturalmente ampio, tanto più occorre tener duro con tenacia, sino all’ottenimento dei risultati finali.

l  E. Fondamentale è il ruolo di chi ha il potere e il comando (committment dei livelli di governance.) È necessario continuare a dare l’esempio, aiutando le persone nelle fasi di transizione: stanno in mezzo al guado, non han più le certezze di prima e non hanno ancora le sicurezze di dopoÈ più facile l’entusiasmo iniziale, che poi inevitabilmente cala: quindi la vera determinazione si legge negli ultimi passi e nei risultati compiuti. E soprattutto non dare per scontato che un percorso ben avviato giunga da solo alle conclusioni volute!

l  F. Apprendere il cambiamento è uno degli investimenti più proficui e meno praticati.Si tratta di dedicare tempo ed energie a razionalizzare, anche progressivamente e non alla fine, ciò che ha funzionato e no, sul perché e il come dei successi e degli insuccessi.L’apprendimento è un punto critico su cui occorre lavorare di più, contro la tendenza naturale a passare subito ad altro, a concentrarsi sui nuovi impegni che sempre ci attendono. L’apprendimento soprattutto può e dovrebbe essere capitalizzato nel futuro, crea esperienza generativa e consente di stabilire ciò che occorre evitare e ciò che va invece conservato.

l  G. Trasversale a tutto il processo è la fatica del cambiare, e quindi la necessità di vincere le ovvie e non patologiche resistenze che non vanno colpevolizzate. Occorre creare la cultura tramite soprattutto la concretezza dell’esempio e dell’attualità. Senza fatica il cambiamento non si compie, ma può essere non solo vantaggioso ma anche piacevole.

Racconto un episodio che mi è capitato qualche giorno fa mentre stavo partecipando a un convegno il vecchietto che stava facendo le pulizie, mi ha chiesto di che cosa si trattasse e di cosa stavano parlando. 

Siccome era proprio un incontro sul cambiamento, ho cercato di spiegarlo al meglio e lui mi ascoltava incuriosito.

Al termine mi ha sorriso e andandosene mi ha detto: “ a lava ‘ a capa ro ciuccio se perde acqua e sapone”.

Siamo alle solite: il piano del dichiarato e il piano del praticato sono dannatamente lontani e questo per un miscuglio perverso d’incompetenza, impotenza e immoralità insieme certamente ad altri buoni sentimenti e proponimenti che però sono vibrazioni in un sistema che non è in grado di reggere il ritmo della complessità crescente.

Penso alla Raggi che guida Roma e mi sembra impossibile che sia vero.

La delusione dopo un’illusione è molto più forte del non aspettarsi niente.

Quello che avevo percepito in un primo momento come una divergenza creativa in realtà era solo disordine, superficialità e dipendenza con scatti isterici di contro dipendenza.

Ma non abbiamo scelta se non quella di resistere al destino progettando il cambiamento e presidiando gli spazi di cui siamo responsabili.

Qualche buon esempio per fortuna c’è.