Calcio e finanza: la Premier League regina d’Europa, ma investire non è sinonimo di successi

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L’analisi della spesa media in relazione ai successi avuti non è direttamente proporzionale

Quando Di Matteo prendeva in mano il Chelsea a febbraio 2012 i Blues sembravano spacciati: esonerato Villas Boas a seguito della roboante sconfitta a Napoli negli ottavi di Champions, l’allenatore ex Lazio giungeva semplicemente quale traghettatore, nulla più. Al ritorno il Chelsea completò ai supplementari una rimonta clamorosa, battendo il Barça in semifinale ed il Bayern ai rigori, nella finale dell’Allianz Arena. Quel successo è l’ultimo di una squadra inglese in Champions League: la squadra che quell’anno fece poco o nulla sul mercato, nel bel mezzo di una crisi tecnica. 

 

Da allora, come riporta un’infografica di sports.bwin.it sulle spese dei top club europei, la Premier League sarà nettamente il campionato con la spesa media più alta per 5 anni, fino a quest’ultimo in cui grazie a Napoli e Juve la Serie A è tornata a recitare il ruolo di Paperon de’ PaperoniProprio l’Italia è l’esempio lampante di questa mancata correlazione fra soldi spesi e successi ottenuti, non solo in termini di trofei bensì di vittorie singole per partita in Champions League: il campionato italiano è in media, fra i 5 migliori campionati europei, al terzo posto per spesa effettuata: il meglio che ha saputo raccogliere dal 2010 ad oggi è una sola finale, persa, nel 2015 dalla Juventus contro il Barça. Analizzando la media delle vittorie raccolte siamo in un limbo che oscilla fra l’ultima e la penultima posizione, in competizione con la Ligue 1. Non è mai successo nelle ultime 5 stagioni che a portare una squadra ad alzare la coppa dalle grandi orecchie sia stato il Paese che ha speso di più in assoluto: l’ultima volta proprio nell’annata 2011/12 col Chelsea sopra citato, ma che fra le big fu quella che spese meno.