L’indice azionario italiano FTSEMIB ha realizzato nel 2015 una performance pari al 20% circa, collocandosi tra le migliori piazze finanziarie al mondo. Se allarghiamo l’orizzonte di analisi dal 2000 ad oggi la nostra borsa ha perso il 45% L’indice azionario italiano FTSEMIB ha realizzato nel 2015 una performance pari al 20% circa, collocandosi tra le migliori piazze finanziarie al mondo. Se allarghiamo l’orizzonte di analisi dal 2000 ad oggi la nostra borsa ha perso il 45% del suo valore, attestandosi in fondo alla classifica dei principali mercati mondiali. I dati appena elencati hanno la loro chiave di lettura nella composizione del nostro indice borsistico il quale, essendo caratterizzato da un forte peso del comparto bancario, ha particolarmente accusato l’impatto delle ultime due grandi crisi finanziarie del 2008 e del 2011. Limitando l’analisi agli ultimi quattro anni, le prime cinque banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, BMPS, Banco Popolare e UBI) hanno cumulato perdite nette per complessivi 52 miliardi di euro, una cifra superiore al 3% del Prodotto Interno Lordo. Tali perdite sono state generate prevalentemente dalle corpose svalutazioni dei crediti che hanno determinato la necessità di ricorrere a ripetute operazioni di ricapitalizzazione per rispettare i parametri di bilancio imposti dalle autorità di vigilanza italiane ed europee. Le ripercussioni in borsa sono state evidenti: a titolo di cronaca, dal 2011 al 2013 le azioni Unicredit e Banco Popolare hanno dimezzato il loro valore mentre il titolo BMPS ha addirittura ceduto l’80% della sua capitalizzazione. Il 2014 rappresenta l’anno della fine del processo di ristrutturazione e del ritorno all’utile di esercizio per quasi tutti gli istituti di credito, fatta salva qualche rara eccezione: il caso più eclatante è senz’altro rappresentato da BMPS che, dopo l’aumento di capitale da 5 miliardi di euro effettuato nel 2014, è stata costretta dalle autorità di vigilanza europee ad annunciare una nuova ricapitalizzazione da 3 miliardi in seguito alla svalutazione da 8,7 miliardi di euro del portafoglio crediti e all’emersione di una perdita di esercizio di 5,3 miliardi di euro. In seguito a questa radicale pulizia dei conti, l’istituto senese adesso ha allineato i propri coefficienti patrimoniali e i livelli di copertura dei crediti deteriorati ai valori medi del sistema creditizio italiano. Passando all’analisi delle banche dal punto di vista borsistico, uno degli errori più frequenti che compiono gli investitori è quello di proiettare il recente passato nel lontano futuro, ovvero di rimanere ancorati a dati e notizie già scontati senza guardare in prospettiva. Nel caso specifico del settore bancario, mi risulta che nessun analista abbia ancora messo in risalto che le perdite accumulate negli ultimi anni dagli istituti di credito rappresentino oggi un autentico tesoro non ancora emerso nelle quotazioni borsistiche; ciò alla luce del fatto che nel 2014 numerose banche quotate sono tornate a realizzare utili e nel 2015 con ragionevole probabilità realizzeranno (inclusa BMPS) un risultato netto positivo grazie alla congiuntura economica nuovamente favorevole e alla conclusione del processo straordinario di svalutazione degli attivi patrimoniali. L’articolo 23, comma 9, del decreto legge 98/2011 prevede infatti che le perdite di imposta realizzate in bilancio siano illimitatamente riportabili a nuovo negli anni in cui le banche realizzeranno utili, determinando un risparmio fiscale che, data l’entità delle perdite pregresse, in alcuni casi equivale addirittura all’attuale capitalizzazione di borsa. A titolo di esempio, BMPS ha cumulato perdite per circa 14,6 miliardi di euro negli ultimi quattro esercizi. Applicando un’aliquota media del 30% alle suddette perdite, l’istituto senese dunque non pagherà tasse fino a concorrenza del valore di 4,38 miliardi di euro (il 30% di 14,6 miliardi); ipotizzando prudenzialmente che il gruppo bancario recuperi le perdite nei prossimi dieci esercizi, applichiamo un tasso di sconto del 5% (pari a circa il quintuplo del tasso di un BTP italiano a dieci anni) determinando il valore attuale dei benefici fiscali in circa 2,7 miliardi di euro. Se pensiamo che l’attuale capitalizzazione di borsa della banca senese è di circa 3 miliardi di euro, mentre il patrimonio netto è di 6 miliardi, chi oggi compra azioni BMPS paga 3 miliardi di euro ciò che in teoria vale 8,7 miliardi, poiché al valore patrimoniale di 6 miliardi vanno ragionevolmente sommati 2,7 miliardi di tasse che l’istituto non pagherà nei prossimi anni. Il ragionamento, applicabile ai principali istituti di credito, conferma la nostra visione molto positiva sul comparto bancario italiano.