”Sui prezzi dell’energia anche la speculazione sta uccidendo le nostre imprese. Per il terzo mese consecutivo diversi nostri imprenditori si sono visti recapitare bollette fino a 5 volte più alte rispetto a un anno fa e tutto questo senza che si veda all’orizzonte una risposta forte, di sistema, da parte della politica. Senza un intervento deciso i nostri locali saranno costretti a chiudere i battenti già nel mese di novembre e limitare le aperture nei fine settimana, a Natale, Pasqua e nei periodi di picco. Sempre che esistano ancora”. Il vicepresidente di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, Aldo Cursano, non nasconde amarezza e preoccupazione nel commentare l’ennesimo tentativo da parte della Federazione di sensibilizzare la politica circa le difficoltà di un settore che conta 300mila imprese e circa un milione di lavoratori. Un settore che è rimasto in piedi fino ad oggi solo grazie alla resistenza di migliaia di imprenditori coraggiosi sostenuta dall’onda lunga dell’estate e dalla voglia di socialità scoppiata dopo due anni di lockdown e restrizioni da Covid-19. Ma che oggi è al collasso, tanto da costringere il presidente dell’associazione a prendere carta e penna e lanciare un appello trasversale alla premier in pectore, Giorgia Meloni, e ai vertici di tutti i principali partiti. ”I mesi invernali stanno per travolgere famiglie e imprese, con bollette moltiplicate fino a 5 volte rispetto all’anno precedente, con la conseguenza che il devastante effetto dei lunghi lockdown pandemici rischia di essere solo l’amaro antipasto delle conseguenze che gli esplosivi costi energetici avranno sulla sostenibilità economica delle imprese – scrive il presidente Lino Enrico Stoppani nella sua lettera -. Come primo provvedimento di questa legislatura chiediamo il rafforzamento e prolungamento del cosiddetto credito d’imposta energetico introdotto con il Decreto Aiuti-Ter”. ”Siamo vittime anche della speculazione che si fa scudo delle tensioni geopolitiche – sottolinea Cursano – e le nostre attività si stanno snaturando. Le pasticcerie, ad esempio, hanno già rinunciato ai laboratori interni, preferendo i grandi centri di fornitura che costano meno in termini energetici. Questo significa appiattire la qualità pur di sopravvivere. Il prossimo passo sarà quello di aprire solo quando c’è domanda sufficiente almeno a coprire i costi con evidenti ricadute negative sui livelli di servizio e sulla sicurezza delle nostre città”.