Bocciata su famiglie, asili, pensioni e scuole: Italia agli ultimi posti dei paesi Ocse

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Birra e gelati in cima ai consumi dell’estate. E si può capire. Quest’estate, poi, alla calura di stagione si sono aggiunte, con le solite polemiche sul governo, le banche e il referendum costituzionale, anche le infinite lamentele che hanno interessato il mondo della scuola, dall’algoritmo impazzito all’elevato numero di bocciature per i nuovi concorsi. Insomma, la materia non è certamente mancata per richiedere un fresco sedativo dell’arsura della gola generata dalle infinite discussioni in piazza, al bar o sotto l’ombrellone. Secondo Confartigianato, infatti, per birra e gelati, le famiglie italiane spendono complessivamente 3,1 miliardi di euro l’anno, equamente divisi tra 1.523 milioni di euro per le prime e 1.541 milioni di euro per i secondi. In media, ciascun nucleo familiare spende ogni anno 71,5 euro per i gelati e 70,7 euro per le birre.

Ciò detto, torniamo a noi.

L’informazione della settimana è stata monopolizzata dai “deportati della cattiva scuola”, come hanno scritto alcuni giornali. Con l’algoritmo impazzito, che ha assegnato le nuove destinazioni ai docenti precari storici più con lo spirito della giostra che dell’oggettivo computo matematico, sono emersi infatti anche tutti i difetti dell’autocelebrativa “buona scuola” di Renzi. Insomma, vuoi le falle del sistema, vuoi uno stranamente elevato numero di bocciati al nuovo concorso a cattedra (per cui salteranno altre assunzioni), vuoi il diffuso malumore per la chiamata diretta attribuita ai presidi, vuoi la prevedibile valanga di ricorsi in arrivo, vuoi, a dispetto del piano straordinario di assunzione di 32 mila precari, il mancato svuotamento delle Gae, una cosa è certa: anche quest’anno nella mal funzionate scuola il caos regnerà sovrano.

E sarà questo, volente o nolente, il clima che farà da sfondo alla campagna elettorale del referendum costituzionale, sull’esito del quale il presidente del Consiglio – per sua stessa ammissione – si gioca la permanenza a Palazzo Chigi.

Sicché una domanda sorge spontanea: vuoi vedere che proprio nei corridoi del ministero di via Trastevere, complice l’ignara e vacua ministra Stefania Giannini, è stata piazzata l’ultima tagliola che azzopperà Renzi?

Evenienza, quest’ultima, che genera non poca apprensione in campo internazionale. Il voto italiano sul referendum costituzionale, infatti, “pesa più della Brexit” hanno argomentato nei giorni del Solleone, i maggiori giornali in Usa e in Europa: dal Wall Street Journal al Times, dal Financial Times al Pais. Quest’ultimo, anzi, è stato anche più esplicito: l’Italia – ha scritto – “è la nuova malata d’Europa che potrebbe trascinare il continente in una ricaduta nella crisi”. Giudizio che fa il paio – giusto per notare – con quello espresso, in occasione delle loro visite in Italia, dai diversi emissari della finanza e dell’industria globale, dagli uomini di George Soros ai top manager della Silicon Valley.

Il fatto è che, sottolinea il Wall Street Journal, l’eurozona nell’insieme cresce, ancorché debolmente, perché è trainata da una performance della Germania migliore del previsto, ma l’Italia si è fermata e questa sua frenata rallenta tutti. “Dal 1996 al 2011 la crescita italiana è stata in media dello 0,9% annuo contro +1,4% in Germania, +1,8% in Francia, +2,6% in Spagna”. Analisi che fa il paio con la precedente copertina dell’Economist, vale a dire con l’immagine di un autobus pericolante, in precario bilico sul ciglio di un precipizio, pronto a cadere nel burrone sottostante. “Quarta economia d’Europa, una delle più fragili col debito pubblico al 135% del Pil, con il tasso di occupazione adulta più basso dopo la Grecia, un’economia agonizzante da anni, soffocata da eccessi normativi e produttività debole”, scriveva il settimanale britannico di cui la famiglia Agnelli possiede più del 40%. E che forse, non a caso, ora boccia i due pilastri imposti da Berlino all’Europa: austerity e rigore fiscale. I due moloch contro cui da tempo prova a muovere Matteo Renzi, senza troppa fortuna in vero. E che intanto, per reggere l’urto del fronte interno, è tronato a rilanciare il progetto di ridurre le tasse, mentre – va detto – il rapporto della Fondazione Bertelsmann pubblicato dalla Stampa rileva che “la scarsa capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini è dovuta a un sistema politico la cui efficienza si piazza appena al 32° posto fra i 41 Paesi dell’Ocse (cioè occidentali o assimilabili)”.