Beni culturali – il lavoro premia ma serve la collaborazione (e non i soldi) delle Amministrazioni

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Una coda di 400 metri per l’ingresso alla Reggia di Caserta. Turisti ordinatamente in fila per accedere a palazzo Zevallos di Stigliano, a Capodimonte e poi….Ercolano, e poi ancora Pompei. Week end di fuoco per l’afflusso ai musei partenopei. Evviva. Da ogni parte si leva l’inno al turismo resuscitato. Napoli assediata da turisti sembra risorta dalle sue ceneri come la fenice. Bene, benissimo. Diremo così quando sarà costante e consolidato questo dato di affluenza che premia così le tante vituperate ore di lavoro straordinario del direttore della Reggia di Caserta, che ha osato dedicarsi alla rinascita del sito ben oltre le fatidiche otto ore lavorative. Un plauso anche a tutti i nuovi direttori di musei che stanno dando nuova vita alla gestione di questi beni culturali. Non tutti sono stranieri, e questo è un dato positivo che elimina l’accusa di rovincialismo filoestero con cui molti chiarissimi esperti nostrani bollarono i responsabili delle scelte. Certamente avere personalità italiane capaci di dare una scossa vitale al pantano molliccio in cui nuotavano i vecchi direttori di strutture museali sarebbe stato molto positivo. Identico chiuso provincialismo è però quello che apriori rifiuta chi ha una visione ed un esperienza diverse da quella corrente in Italia. Il lavoro comunque premia. Cosa c’è dunque che non va bene ancora? Incontentabili ad ogni costo? Certamente no, ma tutte le fortunatissime condizioni, congiunzioni astrali, e grazie ricevute per le quali in questo momento storico Napoli risulta una delle città più visitate d’Italia, sono legate appunto all’attuale contesto storico, politico e sociale. Dobbiamo assolutamente evitare che quando questa fortunatissima condizione rientrerà in condizioni di normalità, questo flusso turistico così forte non si esaurisca. Sono certa che i nuovi direttori siano tutti consapevoli che essendo in questo momento all’apice della sinusoide che descrive i flussi turistici, l’inizio della discesa sia ad un millimetro dall’inversione di tendenza. Un anatema violetto e malefico? Affatto, solo la riflessione che se ben guidato, questo fortunato momento potrebbe innescare finalmente un processo di rinascita generale che avrebbe riflessi su tutta la città. Bisogna tenere conto che ogni località turistica ha un ciclo vitale che raggiunto l’apice tende inevitabilmente a calare e a estinguersi. Ogni località ha una capacità ricettiva oltre la quale sia i visitatori che la popolazione locale avvertono disagio nella fruizione degli spazi urbani o naturali che dividono. C’è infatti una soglia oltre la quale ciascuno dei due gruppi percepisce le limitazioni che l’altro gli impone. Secondo molti autori anglosassoni il ciclo vitale delle località turistiche può dividersi in sei fasi: esplorazione, coinvolgimento, sviluppo, consolidamento, stagnazione e declino. E’ solo ricordando sempre che ogni stadio ha la sua soglia di ricettività che si possono mettere in atto politiche turistiche vincenti. Prima dell’avvento del nuovo direttore , nell’ultimo trimestre del 2014 la Reggia di Caserta aveva raggiunto i 10 milioni di visitatori. L’aumento rispetto al 2013 era stato sensibilissimo. Si poteva facilmente identificare la fase turistica col coinvolgimento, quando i turisti cominciano cioè, dopo aver esplorato il luogo magari su internet, a farsi coinvolgere di persona dalla vitalità bellezza e cultura che esso emana. Oggi la crescita turistica si manifesta con maggior forza ancora, i primi dati sulla frequenza del sito sono a dir poco entusiasmanti, tali da collocare la Reggia nella fase dello sviluppo. La capacità ricettiva massima sarà raggiunta dal punto di vista turistico quando da un lato non sarà più possibile reperire nuove sistemazioni per i visitatori, e dall’altro quando l’ambiente comincerà conseguentemente a deteriorarsi. Nel caso di Napoli quando i servizi , che già oggi sono piuttosto carenti, a fronte di un incremento di turisti mostreranno in tutto il suo macabro splendore la poca efficienza ed organizzazione. Il lavoro dei nuovi esperti gestori deve essere coaudiuvato dall’amministrazione alla quale spetta garantire trasporti, sicurezza e servizi. Bisogna consolidare il risultato prima di giungere all’inevitabile fase della stagnazione e poi al declino. Uno sguardo attento si deve poi rivolgere all’eterna ormai questione biglietto. I musei civici dovrebbero avere ingresso gratuito sempre. Diversa è la questione per le imprese private che merita un discorso a parte. Visitare un museo è un’esperienza estetica ed anche formativa, attirare maggior pubblico con gli ingressi gratuiti sarebbe quindi prima di tutto un operazione culturale di grandissima portata che avrebbe anche un effetto d’incremento economico sulle visite guidate, sulle mostre collegate, sulle manifestazioni e gli eventi, sui gadgets. Un visitatore non pagante sceglie di spendere i suoi soldi per la visita guidata o puo’ anche semplicemente decidere di trascorrere un po’ di tempo tra cose belle. E’ una scelta culturalmente e didatticamente importante perché il primo passo verso l’alfabetizzazione all’arte è la consapevolezza che essa esista e sia emozionante. La provocazione, che tale è fino ad un certo punto, è adottare un sistema che già qualche piccola località straniera sta mettendo in pratica. Il biglietto è gratuito solo per i connazionali mentre gli stranieri pagano. Se si considera il museo come un sofisticato ma popolare mezzo didattico, forseè giusto che lo stato si faccia carico dell’educazione e della cultura dei suoi abitanti e non di quella degli stranieri. I musei in Inghilterra sono ad ingresso gratuito. In Italia il numero di biglietti gratuiti è altissimo e magari è riservato proprio a quelli che potrebbero permettersi di pagare. Adottiamo dunque una soluzione netta e definitiva, decapitiamo il toro riottoso, e concediamo la sbirciatina gratuita all’arte così come da sempre sfogliare un libro in biblioteca non ha alcun prezzo. Il ritorno culturale anche.