Sette beni confiscati alle mafie, in quattro regioni del Sud, saranno presto valorizzati attraverso attività economiche sociali nel settore agricolo, turistico e della ristorazione, creando servizi per i cittadini, percorsi di formazione e opportunità di lavoro per persone in difficoltà. Sono gli esiti della quarta edizione del Bando Beni Confiscati, promosso dalla Fondazione CON IL SUD insieme, per la seconda volta, alla Fondazione Peppino Vismara. Le 7 iniziative selezionate coinvolgono complessivamente circa 50 organizzazioni tra associazioni, cooperative sociali, istituzioni locali, università e sono così distribuite: 2 in Campania (province di Salerno e Caserta), 1 in Calabria (provincia di Reggio Calabria), 2 in Sicilia (provincia di Palermo) e 2 in Puglia (province di Foggia e Brindisi). Il contributo totale è di circa 3,2 milioni di euro di risorse private (una media di 400 mila euro per progetto), di cui circa 790 mila euro sono messi a disposizione dalla Fondazione Vismara. I progetti prevedono modalità e ambiti differenti di valorizzazione dei beni: si va dalla conversione di un edificio confiscato alla mafia a Casteldaccia (PA) in un caffè letterario, con area food multietnica e il coinvolgimento di chef stellati e giovani immigrati, alla creazione a Battipaglia (SA) di un supermercato sociale che, oltre alle attività commerciali, realizzerà interventi educativi e di sensibilizzazione.
Una villetta confiscata alla camorra a Casapesenna (CE) diventerà uno spazio multigenerazionale, con percorsi di sostegno alla genitorialità e consulenza a donne svantaggiate, mentre in centro a Reggio Calabria in un bene confiscato alla ‘ndrangheta, esattamente al re dei videopoker Campolo, sorgerà un welfare lab con servizi per famiglie, persone svantaggiate e aziende. Sono tre, infine, i progetti di agricoltura sociale bio in terreni confiscati, rispettivamente al boss Michele Greco a Polizzi Generosa (PA), a Cerignola (FG) e San Vito dei Normanni (BR). Il problema di come utilizzare i beni confiscati è particolarmente rilevante nel Paese. In Italia, su oltre 30 mila beni immobili confiscati, più di 15 mila sono “destinati”, ovvero già assegnati dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (ANBSC) agli enti locali. L’82% è localizzato nelle regioni meridionali: soltanto nel 2018, sono stati destinati oltre 1.700 immobili nelle regioni del Sud. Si registra però una difficoltà del Terzo settore a presentare progetti di valorizzazione, sia per la durata di utilizzo troppo limitata concessa da molte amministrazioni comunali, sia per l’eccessiva onerosità delle spese per le ristrutturazioni. In risposta al bando sono pervenute circa 50 proposte, un numero congruo rispetto all’iniziativa e alle risorse messe in campo, ma sproporzionatamente basso rispetto alle migliaia di beni confiscati inutilizzati al Sud. “Un dato che ci deve far riflettere e che rischia di spuntare l’arma della confisca nel contrasto alle mafie – sottolinea Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione Con il Sud. L’Agenzia sta facendo molto bene, ma l’assegnazione finale da parte degli enti locali alle organizzazioni del Terzo settore deve essere più rapida e contemplare tempi di utilizzo più lunghi. Spesso i beni arrivano in uno stato di completa devastazione, richiedendo sforzi economici ingenti, e gli enti concedono l’utilizzo del bene solo per pochissimi anni, non permettendo di avviare progetti credibili di valorizzazione”. La destinazione di tali beni a usi sociali e di pubblica utilità (il bando prevedeva come requisito l’ottenimento della concessione del bene per almeno 10 anni e fissava un tetto massimo di finanziamento di 500 mila euro per progetto) può, e deve, riuscire a produrre effetti importanti sui territori: dalla creazione di lavoro e occupazione, alla riaffermazione del valore etico e civico, alla promozione della cittadinanza attiva e iniziative nell’ambito del welfare di comunità.