Battere la crisi? Serve un patrimonio

104

La crisi che sta vivendo il nostro Paese è complessa, ma come più volte affermato da Matteo Renzi può essere sovvertita in crescita: basta eliminare lacci e lacciuoli che immobilizzano le La crisi che sta vivendo il nostro Paese è complessa, ma come più volte affermato da Matteo Renzi può essere sovvertita in crescita: basta eliminare lacci e lacciuoli che immobilizzano le attività economiche. L’istituzione del Fondo Italia è uno dei colpi di bacchetta magica, uno dei colpi di coda di cui abbiamo bisogno. Debito pubblico in continua ascesa; uso improprio e inefficiente del patrimonio pubblico; Pil stagnante; forte disoccupazione, in particolare quella giovanile e femminile; numero elevato di cassaintegrati prossimi alla disoccupazione; alta percentuale di inattivi nella classe d’età 15-64 anni (quella reale non è inferiore a 4.600.000 unità; crescita continua della percentuale degli ultrasettantenni sul totale della popolazione e quindi maggiori risorse da dedicare al sistema pensionistico; elevatissima percentuale di occupati nella pubblica amministrazione rispetto al totale della forza lavoro occupata: la quale è addirittura in valore assoluto superiore a quella degli addetti all’industria in senso stretto; eccessiva polverizzazione delle attività economiche (oltre tre milioni di microimprese); consumi al palo; corruzione ed evasione fiscale; scarsa efficienza della spesa pubblica e vincoli europei finanziari e di bilancio sono, tutti o quasi, i fattori della crisi, legati fra di loro in un circolo vizioso di causa ed effetto. L’Italia è un gatto che si morde la coda, ma ha le potenzialità per sovvertire questo stato di crisi. Nel 2004 il patrimonio immobiliare dello Stato nel suo complesso è stato stimato 1.816 miliardi di euro. Sarebbe molto interessante conoscere la lista degli immobili, quanti sono correttamente utilizzati, quanti sono abbandonati al degrado. Ogni miliardo di debito pubblico costa più di 30 milioni di euro in interessi l’anno, restituirne 1.000 significa liberare risorse per lo sviluppo per 30 miliardi di euro all’anno. Pertanto, l’approvazione della proposta di legge n. 1763 “Istituzione del Fondo patrimoniale – Italia”, per l’attrazione di capitali di rischio privato e internazionale e la riduzione del Debito pubblico, è sicuramente il primo passo, un passo essenziale per agguantare la strada dello sviluppo. Solo riducendo il Debito pubblico e gli interessi relativi l’Italia può riprendere a crescere. Considerata l’importanza e l’urgenza di tale provvedimento sarebbe auspicabile, anzi imperativo che: il Governo emani un decreto legge; immediatamente si approvino i decreti attuativi; si ripartiscano gli immobili per categorie omogenee e fra queste: quelli votati al degrado per la scarsa manutenzione dovuta alla mancanza di risorse finanziarie; quelli utilizzati in modo improprio e economicamente inefficiente. Al Fondo Italia andranno trasferiti i beni immobili di proprietà degli Enti Pubblici, per essere dati in concessione pluriennale ai privati previa corresponsione di un congruo canone così da rendere il Fondo redditizio e attrattivo di capitali. Ai privati spetterà la loro messa in efficienza e valorizzazione economica dando il via a investimenti che genereranno un immediato incremento del Pil, la riduzione della disoccupazione, la ripresa dei consumi interni e l’incremento delle entrate dello Stato. Tutto ciò senza impegnare un euro di denaro pubblico. La quantificazione degli effetti sarà possibile solo quando saranno individuati gli immobili e il loro stato conservativo e sarà espletata la gara per l’assegnazione della concessione sulla base dei progetti presentati e quindi delle attività economiche che si intendono avviare. Dallo studio di fattibilità, oggi all’esame del Governo, di un progetto nel comparto dei servizi mirante alla destagionalizzazione del turismo, che fa perno su un immobile di proprietà dello Stato, abbandonato al degrado e adibito da sempre ad usi impropri, è emerso che gli investimenti previsti per la valorizzazione, pari al 36 per cento del valore attribuito al bene, hanno avuto notevolissimi effetti moltiplicatori. Fra le maggiori entrate dello Stato è compreso un canone di concessione pari al 5 per cento del valore dell’immobile, cui vanno sommati anche gli oneri di straordinaria manutenzione a carico del concessionario. L’immobile, oggetto del progetto, ha caratteristiche peculiari sicuramente superiori ai tanti immobili di proprietà dello Stato, pertanto, per illustrate l’effetto che l’istituzione del fondo Italia potrebbe avere sull’economia nazionale i moltiplicatori sono stati drasticamente ridotti a fini prudenziali. L’ipotesi sviluppata prende in considerazione solo i beni statali, in tutto o in parte, non correttamente utilizzati e quelli abbandonati al degrado, che vengono stimati, nella simulazione, 1.000 miliardi di euro sui complessivi 1.816. Inoltre sempre per non dare numeri al lotto, gli investimenti previsti per la valorizzazione dei beni sono stati stimati nella misura del 15 per cento del loro valore. Sulla base di queste ipotesi dalla simulazione emerge che, attivando da domani il Fondo, entro il 2017 il Pil crescerà del 14,4 per cento, il rapporto fra Debito pubblico e Pil si ridurrà al 67,2 per cento; la disoccupazione reale si ridurrà del 32,6 per cento, mentre le risorse dello Stato cresceranno fra minori esborsi e maggiori entrate di 142,5 miliardi di euro. Per ottenere questi risultati sarà quindi necessaria la volontà del Governo di liberare dai vincoli questo patrimonio importante, che gli imprenditori privati sappiano dar vita ad attività economicamente sane e che il sistema bancario sappia supportarle. Sarebbe infine auspicabile che la Cassa Depositi e Prestiti partecipi con capitale di rischio nella misura del 30 per cento, nei progetti che richiedono cospicui investimenti.