Barbiana e Castellammare di Stabia, diverse per le statistiche socio-economiche ma non per l’analisi di don Milani

in foto Don Lorenzo Milani

Il 27 maggio si è celebrata a Barbiana il centenario della nascita di Lorenzo Milani Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti (Firenze27 maggio 1923 – Firenze26 giugno 1967), senza dubbio, uno dei personaggi più significativi del Novecento italiano. Innanzitutto sommo educatore, ma anche economista particolarmente originale, innestato nel novero delle evoluzione del contesto delle politiche  economiche e sociali attuali, in particolare quelle educative. Il Wikipedia, a lui dedicato è molto ben curato e si consiglia di considerarne il testo attentamente (qui) soprattutto per individuare i soggetti, in particolare gli studiosi con i quali interagì, in vita, e coloro che, con iniziative e redazione di scritti subirono la sua influenza ed il suo fascino dopo.

Immediati gli interventi che definisco di “esperienze cognitive”, tra le quali, mi piace riferirmi a Riccardo Cesari, professore ordinario di matematica finanziaria ed attuariale presso l’Università di Bologna nell’articolo Don Milani economista, del 25 maggio scorso, sulla voce.info (qui) che conferma la duplice collocazione nella rete dei saperi di don Milanì e cioè che “anche se le sue preoccupazioni sono soprattutto di ordine apostolico e pastorale, le sue analisi, oggi diremmo di statistica economica applicata, sono interessanti sia per contenuto che per metodo” Proprio da queste considerazioni di Riccardo Cesari, prendo, ad ogni buon conto, legittimazione e forza a tornare su don Milani, ritenendomi un cattolico impegnato, e, al tempo stesso, professionalmente, ho curato la statistica economica, che, nell’area quantitativa, si accomuna, nella facoltà di Economia, alla matematica finanziaria e attuariale in cui è impegnato Cesari. Vi sono anche altri motivi per tornare? Intanto, per motivi anagrafici: la Lettera ad un professoressa fu scritta da don Milani, a ridosso della fine dei suoi giorni, un mese dopo, il 18 luglio 1967, mi laureai in Economia e commercio all’Università Federico II di Napoli. Torno, ed è, in parte, una digressione personale, sempre ovviamente connessa perché nella parrocchia del “Carmine” di Castellammare di Stabia, in cui ero residente, e nella sezione locale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI), avevamo seguito le azioni di don Milani, nell’ambito della sua vita complessa, vissuta profondamente e, al tempo stesso, battagliera e vivace, cioè modalità di condurre la vita,- complessità contestuale e rapidità di azione, contenuti a parte, affascinavano molto i giovani di allora, e, si spera ,anche i giovani di oggi, anche a seguito delle robuste rievocazioni di don Milani, che si stanno succedendo – il contenuto di questo articoletto rievocativo, è uno di esse – e si succederanno nel tempo, nel solco profondo e inesauribile tracciato dal priore di Barbiana.

L’assistente spirituale della Fuci, ed anche dei laureati cattolici, della città ove abito, , padre Baldassarre Califano (Raffaele), francescano, paolino, esigente insegnante di religione, come tutti quanti i docenti del liceo classico, “Plinio Seniore” di Castellammare di stabia. Tra le molteplici attività, oltre le sportive e ricreative, la Fuci aveva attivata una S. Vincenzo de’ Paoli, (allora, maschile e femminile), che impegnava molte risorse umane e materiali, presentissima nella città. Siamo nel periodo dal 1962 sufficiente per “osservare” il lavoro di don Milani, prima e dopo la redazione della Lettera ad una professoressa.

Un riferimento temporale per la Castellammare culturale e politica è che nel 15 agosto 1959 fu pubblicata la prima edizione da parte del sociologo Franco Ferrarotti, de “La piccola città” e il 15 agosto 1973, la seconda edizione.

Perché tutti i dettagli che riguardano il mio percorso di crescita e formazione personale? Ciò che emerse sia dalla frequenza dell’Azione Cattolica parrocchiale, sia in sede di scuola elementare, e media, di cui alla digressione “specchio” di due realtà organizzative preposte al consolidamento spirituale e formativo dei ragazzi – che “giocava di riflesso” con la cornice socioeconomica complessiva in cui vissi. Essa risentiva del condizionamento della popolazione di uscire dalla povertà, non solo del secondo dopoguerra, in quanto poggiata su una piattaforma di ulteriore arretratezza segnata dalla mancata soluzione dei problemi risalenti alla creazione dell’unità d’Italia. Di quale contesto? Quello di una città differente da Barbiana, marinara con porto militare e cantiere navale, continuamente bombardata da inglesi, americani e tedeschi, durante la guerra – peraltro senza sortire danni data l’orografia del territorio del punto in cui la montagna cala a mare, dov’è il cantiere è risultato ben protetto – anche se il tessuto economico era non male, caratterizzato da strutture produttive agricole e industriali, di rispetto, con tradizioni, sin già da quel tempo, di welfare aziendale. Gli esempi che si portavano erano: i Cantieri navali, la Lepetit, l’AVIS, insieme ad altre minori stabilimenti industriali vicini alla foce del Sarno, di ragguardevoli contingenti di lavoratori, e ispirati da esperienze napoletane del FORMEZ, dell’Olivetti, editore Comunità. Quali gli indicatori immediati?  Non solo affatto quelli di Barbiana la città segnata dalla segmentazione viaria, delle aree off-limits create dalle autorità militari occupanti, nell’area urbana, appena dopo mitigate, dalla autorità di polizia italiana, e forse solo molto dopo dal giudizio maturato nella convivenza civile cittadina. Provenivo da esame di ammissione in seconda elementare, a 6 anni nel 1950, e a classe già composta, di 40 studenti, con qualcuno segnato dal colore scuro della pelle. Né la dimensione della classe, né il carico di impegno della maestra mi faceva considerare a priori gradita la mia presenza addizionale che comportava il recupero di un anno di insegnamento. Gigliola Gaudiello Rossano, fu la mia prima maestra, appartenente ad una famiglia borghese della cittadina, oggi avremmo detto molto “inclusiva” raccordandosi con mille difficoltà forse, almeno alcune più grandi di quelle incontrate da don Milani a Barbiana. Ci pose il problema ad esempio di abbandonare la cadenza dialettale, molto coerente e decisa, oggi avrei detto una “maestra di ferro”, ci preavvisava la necessità di apprendere seriamente le lingue. Di mettere in conto, per avvicinarci al mercato del lavoro di professionalizzare la nostra formazione….. Ma allora le promozioni alla classe successiva non superarono il 30%. Un mio compagno di classe che fu promosso con me, in terza, emigrò insieme alla mamma negli Stati Uniti, sulla base di una legge post guerra creata lì  nell’immediato dopoguerra. Con quel tasso di taglio, ogni anno cambiai classe, quindi quasi tutto il collettivo degli allievi. Gli studenti che perdevano l’anno senza poter nemmeno riparare erano in maggioranza ed i non certo agiati, pochi recuperavano l’anno a settembre. Furono tempi in cui la selezione continuò dopo la quinta col bivio media commerciale e media unica, con l’annesso esame di ammissione. I tassi si promozione erano, si disse coerentemente con quel sistema bassissimi. Tante menti furono disperse tra abbandoni di percorsi e metodi di apprendimento inadeguati che oggi, ci accorgiamo,  avremmo potuto modificare con grande accuratezza per accostarli alle esigenze delle mercato del lavoro privato e pubblico ed alla loro evoluzione. Alla scuola media superiore, l’Istituto Tecnico Commerciale, Ernesto Cesaro, nel 1962, appena diventato autonomo da Torre del Greco accoglieva con corsa affollatissima della Circumvesuviana delle 8.16 gli studenti che provenivano da tutte le citte della costiera Sorrentina, Castellammare, Pompei, Scafati, Nola, S. Giuseppe Vesuviano, ecc. I viciniori istituti tecnici costituivano il polo di Torre del Greco ed Amalfi. Non ne parliamo della povertà numerica dei Licei classici!

in foto padre Baldassarre Califano

Tornerò sull’argomento per affermare che anche grazie ad alcune considerazioni costruite con il Padre spirituale, francescano, quindi paolino, Padre Baldassare Califano, ischitano e docente di religione del liceo classico “Plinio Seniore di Castellammare di Stabia ” e della sezione stabiese della  Federazione Cattolica Italiana (Fuci). Egli mi assegnò immediatamente il compite di relazionare ai fucini da molti anni suoi allievi, ogni paio di settimane il commento delle Lettere di S. Paolo. Dovetti trovare la forza, oltre che il tempo, di impegnarmi tantissimo! Frequentai Padre Baldassarre (nato il 5 03 1920, Ischia – volò nei cieli il 12 02 1982, Torre del Greco) dal 1962, avevo 18 anni, quando provenendo dall’Istituto Tecnico Commerciale di Torre Annunziata, mi inserivo – quell’anno fummo in tre- in un collettivo della leva di quella associazione universitaria, proveniente dal liceo classico Plinio Seniore, di Castellammare di Stabia,  praticamente tutti i licenziati, continuando con Padre Baldassarre anche quando mi detti alla carriera universitaria, nella sezione stabiese dei Laureati cattolici, lo stesso anno in cui conseguii la laurea, 1967.

Mi accorsi, sin dalle scuole elementari e medie, per esperienza diretta, che Castellammare di Stabia non era diversa da Barbiana, di cui si discuteva, con molto interesse, pur essendo quest’ultima in Toscana e non nel Sud, la cui scuola in discussione era retta da un Priore e non da un maestro, da poco, talvolta di poco conto…