Roma, 7 nov. (askanews) – La stretta monetaria operata dalla Bce ha avuto un pesante impatto sulle rate dei mutui a tasso variabile per le famiglie in Italia: dall’avvio degli incrementi sui tassi “l’aumento della rata mediana mensile dei mutui a tasso variabile si è collocato fra 245 euro nel Mezzogiorno e 276 al Centro”. Lo calcola la Banca d’Italia in un riquadro di analisi sull’impatto dei tassi sui mutui delle famiglie, inserito nel rapporto annuale “Economie regionali” pubblicato oggi.
I mutui “rappresentano la passività più rilevante nei bilanci delle famiglie italiane – osserva Bankitalia – tra il 37,3 per cento del reddito disponibile al Centro e il 25,4 nel Mezzogiorno (dati 2021)”. E secondo l’istituzione alla fine di giugno del 2023 la quota di famiglie con mutui era compresa fra il 10 per cento nel Mezzogiorno e il 17 nel Nord Ovest.
La durata dei mutui in essere, sia originaria (circa 25 anni) sia residua (prossima a 19), è invece comparabile nelle varie aree. Gli importi originari e residui più elevati si registrano al Centro (120.000 e quasi 90.000 euro, rispettivamente), secondo Bankitalia a riflesso di un livello dei prezzi immobiliari mediamente superiore alle altre ripartizioni.
La rata mediana del Nord Est era prossima a quella del Centro (circa 600 euro) e maggiore di oltre 50 euro a quella del Sud e delle Isole. Fino all’inizio del 2022 l’indebitamento per l’acquisto di abitazioni è stato sostenuto dal basso costo dei finanziamenti. Il differenziale contenuto tra tassi fissi e variabili ha accentuato la preferenza delle famiglie per i primi; ciò ha contribuito a limitare l’esposizione dei nuclei al rischio di tasso. La quota di mutui in essere a tasso variabile, che aveva raggiunto il valore massimo nel 2014 (74,3 per cento), era scesa al 36,1 alla fine di giugno del 2023.