Banchieri al monte e imprese al mare

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I banchieri in montagna (Capodimonte), le imprese al mare (Stazione Marittima e Città della Scienza). La distanza tra i due principali attori della crescita economica si misura a Napoli anche in termini geografici. In mezzo, una folla di cittadini vocianti I banchieri in montagna (Capodimonte), le imprese al mare (Stazione Marittima e Città della Scienza). La distanza tra i due principali attori della crescita economica si misura a Napoli anche in termini geografici. In mezzo, una folla di cittadini vocianti che addebitano ai primi le ragioni del disagio e ideologicamente negano alle seconde gli strumenti per competere. Uno scenario davvero poco confortante colto al volo da quel sismografo sensibile che è la borsa crollata nel Vecchio Continente e con particolare intensità in Italia. Eppure il banchiere per eccellenza, il presidente della Bce Mario Draghi, era venuto in città per annunciare la liberazione sul mercato europeo del credito di qualcosa come 1.000 miliardi di euro. Che cosa non ha funzionato, allora? Lo ha detto con chiarezza proprio Draghi: c’è scarsa fiducia che quell’enorme ammontare di risorse possa passare dalle banche alle imprese (e alle famiglie) come sarebbe invece nelle intenzioni. E questa volta non per cattiveria delle banche ma per lo stato semi comatoso delle imprese. La crisi si sposta dalla finanza all’economia reale. E’ lo stato più avanzato della malattia. Invitate a chiedere soldi per sviluppare progetti e creare nuova ricchezza da distribuire alle famiglie per far riprendere la domanda interna, le imprese non sono nella posizione di accettare perché nella generalità dei casi i problemi da fronteggiare sono altri. Tra il mare e la montagna la frattura si fa sempre più grave. Il rimedio giunge troppo tardi e non sembrano esserci vie di collegamento che possano rimettere insieme i pezzi della macchina produttiva. La potenza installata diminuisce a vista d’occhio e la disoccupazione cresce come mai in passato all’interno di bilanci ingessati da norme anacronistiche. Come uscire dal vicolo cieco nel quale ci siamo cacciati? La soluzione non può essere che un massiccio, incredibile, straordinario piano d’investimenti pubblici che rimetta in moto il meccanismo della crescita e consenta al risparmio privato di tornare in gioco come il presidente degli industriali napoletani Ambrogio Prezioso non si stanca di ripetere. A ridosso della convention delle imprese europee si svolge all’ombra del Vesuvio anche il forum delle piccole industrie italiane. E poiché ciascuno dovrà compiere il proprio dovere se pretende dagli altri che facciano il loro, i capintesta dovranno tornare nella trincea delle fabbriche chiedendo alla politica un contesto di lavoro favorevole e non piaceri. Dopo la confusione dei tempi liquidi che abbiamo conosciuto, con l’impossibile intercambiabilità di ruoli che ha portato ciascuno a occuparsi di tutto tranne che delle proprie responsabilità, dovremo rientrare nei ruoli e impegnarci nelle faticose scelte di quotidiane a riformare un sistema clamorosamente inceppato. p.s. Con la serie Napoli 2020 – quest’anno alla quarta edizione – assieme alla Fondazione Matching Energies e con il conforto di un gruppo di amici economisti imprenditori e professionisti che si allarga strada facendo stiamo cercando di immaginare un percorso che consenta al Mezzogiorno di passare dalla condizione di vagone di coda a quella di locomotiva (duro programma). Ne è scaturito un documento d’indirizzo, redatto a Ischia e battezzato delle 3E, che riportiamo in ultima di copertina e al quale ci si può associare mandando una email all’indirizzo economiaeticaestetica@gmail.com. In queste pagine il frutto della tappa dedicata al tema dell’economia – Missione Crescita – nel confronto con il vice presidente della Banca europea degli investimenti Dario Scannapieco.