Banche vs correntisti: la parola al Tribunale di Napoli

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In foto il Palazzo di Giustizia di Napoli

di Valentino Vecchi

Con sentenza del 7 giugno 2022, il Tribunale di Napoli si è espresso su alcuni temi usualmente affrontati nelle cause tra banche e correntisti. Di seguito se ne fornisce una sintesi.

In primo luogo, il Magistrato partenopeo ha ritenuto che il tasso d’interesse per “fido 101” – indicato nel contratto di accensione del conto – non possa validamente disciplinare l’apertura di credito “perché tale dizione è troppo generica: non è definita né l’entità né la durata dell’apertura di credito cui si dovrebbe applicare il tasso, ed oltretutto non si comprende cosa significhi la sigla numerica “101””.

Peraltro, neppure il tasso “per sconfinamenti se autorizzati” è stato giudicato idoneo a disciplinare validamente il costo dell’apertura di credito, trattandosi di saggio applicabile in assenza di fido allorquando – come chiarito in sentenza – “il conto corrente va in rosso una tantum, ed il passivo va immediatamente ripianato”.

Pertanto, avendo il CTU – a seguito della disamina degli estratti conto – accertato l’esistenza di aperture di credito regolate in conto, circostanza peraltro confermata dall’esame della visura della Centrale Rischi, il Giudice ha dichiarato invalidi i tassi praticati dalla banca (sull’apertura di credito) e ha disposto la rielaborazione del rapporto facendo applicazione del meccanismo di eterointegrazione ex art.117 TUB, settimo comma, lettera a).

In ordine alla prova dell’esistenza del fido, il Magistrato, in stretta osservanza dell’art.127 Tub, ha ritenuto irrilevante la mancata produzione del contratto in forma scritta, dacché la declaratoria di nullità del contratto di apertura di credito, per assenza di forma scritta, avrebbe avvantaggiato la banca sia per la conseguente applicabilità del saggio convenuto “per sconfinamenti se autorizzati”, sia per gli accertamenti da svolgersi in tema di prescrizione (atteso che, in assenza di fido, le rimesse sarebbero state necessariamente qualificate tutte come solutorie, in danno del correntista).

Altra questione interessante ha riguardato la clausola anatocistica, giudicata invalida dal Magistrato sia perché la norma contrattuale disciplinante la capitalizzazione reciproca – l’art.7 del contratto – risulta approvata specificamente unitamente ad altre clausole contrattuali ma, a differenza di queste ultime, in assenza di un seppur minimo richiamo al suo contenuto, sia perché “per tutti i periodi di riconosciuto fido di fatto, non risulta applicabile l’art. 2 Delib. Cicr 9/2/2000 ……perché tale norma si riferisce agli interessi contrattualmente previsti, e non a quelli regolati da tassi legali sostitutivi”.

Di contro, il Magistrato napoletano ha giudicato valida, in quanto non indeterminata, la clausola disciplinante le commissioni di massimo scoperto, convenute con indicazione dell’aliquota percentuale ma in assenza di espressa indicazione della modalità di calcolo. Al riguardo, il Tribunale ha ritenuto che “la modalità di calcolo si desume dalla stessa definizione della tipologia di addebito: l’aliquota si applica sul massimo scoperto raggiunto dal conto corrente, anche per un giorno solo (il “massimo”, appunto) nel periodo tra una chiusura contabile e l’altra (il trimestre, in questo caso), e sul saldo contabile, ossia quello cui normalmente ci si riferisce in mancanza di altre specificazioni”. Al riguardo deve osservarsi che la Corte di Cassazione, con ordinanza n.19825 del 20.06.2022 – provvedimento successivo a quello del Tribunale di Napoli – ha chiarito che risulta indeterminata la commissione di massimo scoperto convenuta nella sola aliquota percentuale e, quindi, in assenza di chiara indicazione della modalità di calcolo.

Per quanto concerne, invece, il lamentato superamento delle soglie d’usura in alcuni trimestri, il Giudice, dopo aver richiamato Cassazione SS.UU. n.24675/2017 che ha sancito l’irrilevanza dell’usura sopravvenuta, ha rigettato la domanda “non avendo la parte attrice specificato nulla in proposito”.

In ultimo, è risultata disattesa, in quanto “eccessivamente generica”, “la deduzione di parte attrice sul “peggioramento delle condizioni non comunicate e comunque non sorrette da giustificato motivo”.

Sul punto, come per i precedenti, risulta condivisibile l’approdo del Magistrato, per essersi la correntista sottratta all’onere di specificare le singole variazioni peggiorative che la banca avrebbe praticato in corso di rapporto in spregio al dettato dell’art.118 TUB.

* dottore commercialista
esperto in contenzioso bancario
consulente tecnico del Tribunale di Napoli
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