Banche: per aumenti capitale ipotesi fondo investimento

58

Il governo prova a prendere di petto il problema dei crediti deteriorati delle banche e delle situazioni più a rischio del comparto, in primis i due istituti veneti – Popolare Vicenza e Veneto Banca – che devono varare cospicui aumenti di capitale. In un vertice a Palazzo Chigi al massimo livello, che ha messo attorno a un tavolo i principali soggetti, non è stata trovata una soluzione immediata ma si è avviato un percorso comune sulla base di un progetto di vasto respiro, basato su due gambe entrambe private e senza garanzia statale per non incorrere nel veto della Ue e della Bce.

Il progetto però, da quanto si apprende, avrebbe avuto un’accoglienza ‘tiepida’ da parte dei presenti che attendono maggiori dettagli sull’operazione. Si tratterebbe di un maxi fondo per le sofferenze che non rientrano nel meccanismo Gacs e un fondo aperto a investitori italiani (anche la Cdp) che sottoscriva l’inoptato degli aumenti come sorta di ‘paracadute’ per le banche garanti, prima fra tutte Unicredit. Uno strumento che, una volta in campo, potrebbe essere usato anche per altri aumenti di capitale anche se non per Mps, per la quale Unicredit ha seccamente smentito un progetto di acquisizione.

E così, dopo che il premier Matteo Renzi ha tenuto una breve introduzione, il ‘brain storming’ è proseguito alla presenza del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, dei vertici della Cdp Giuseppe Costamagna e Fabio Gallia, del presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti e degli ad di Unicredit Federico Ghizzoni, di Intesa Sanpaolo Carlo Messina e di Ubi Victor Massiah. Il sistema bancario italiano infatti nonostante abbia elementi di solidità e l’aiuto delle misure straordinarie della Bce, non riesce ad uscire dalle secche e mostra un aumento del credito ancora scarso a causa della grande massa di sofferenze. Ma sugli Npl un mercato non è ancora partito e la garanzia Gacs, strappata alla Ue dopo mesi di negoziato, non si è dimostrata quel colpo risolutore che molti si attendevano. Le ancora poche offerte dei fondi stranieri per i crediti deteriorati (vedi quelli del fondo Apollo su Carige) hanno evidenziato come in questa fase i prezzi li fanno i compratori, facendo emergere forti perdite nei bilanci e scompaginando gli assetti azionari. Inoltre i problemi della Veneto Banca e Popolare Vicenza rischiano di trascinare con loro anche Unicredit e Intesa. I due grandi istituti infatti garantiscono gli aumenti di capitale imposti dalla Bce alle due venete. Ma se l’operazione di Veneto Banca è rimandata a giugno quella da 1,76 miliardi della Vicenza deve essere realizzata entro aprile in un contesto di mercato difficilissimo e Unicredit rischia così di ritrovarsi con il cerino in mano per scarse sottoscrizioni.

Da qui l’idea di creare un fondo investimento aperto a diversi operatori (come le fondazioni, la stessa Cdp e le altre banche) che sottoscriva l’inoptato. Certo bisognerà vedere se la Bce, che ha imposto tali aumenti dopo aver portato allo scoperto le gravi perdite nei bilanci, sarà d’accordo. E le stesse fondazioni, oramai con munizioni ridotte, si sono dimostrate caute chiedendo dettagli sulla certezza dei rendimenti di un tale impegno, visto che devono garantire le erogazioni e tutelare il patrimonio.

Altra partita, meno urgente ma ugualmente importante è quella delle sofferenze. Nel maxi fondo allo studio confluirebbero quindi i crediti di bassa qualità non rientranti nella Gacs assieme a degli immobili strumentali delle banche, come garanzia per elevare un poco la qualità del pacchetto e rendere il tutto più appetibile. Qui la regia potrebbe essere di Cdp ma appunto per non incorrere nel veto di Bruxelles non ci sarebbe garanzia statale.

Il governo prova a prendere di petto il problema dei crediti deteriorati delle banche e delle situazioni più a rischio del comparto, in primis i due istituti veneti – Popolare Vicenza e Veneto Banca – che devono varare cospicui aumenti di capitale. In un vertice a Palazzo Chigi al massimo livello, che ha messo attorno a un tavolo i principali soggetti, non è stata trovata una soluzione immediata ma si è avviato un percorso comune sulla base di un progetto di vasto respiro, basato su due gambe entrambe private e senza garanzia statale per non incorrere nel veto della Ue e della Bce.

Il progetto però, da quanto si apprende, avrebbe avuto un’accoglienza ‘tiepida’ da parte dei presenti che attendono maggiori dettagli sull’operazione. Si tratterebbe di un maxi fondo per le sofferenze che non rientrano nel meccanismo Gacs e un fondo aperto a investitori italiani (anche la Cdp) che sottoscriva l’inoptato degli aumenti come sorta di ‘paracadute’ per le banche garanti, prima fra tutte Unicredit. Uno strumento che, una volta in campo, potrebbe essere usato anche per altri aumenti di capitale anche se non per Mps, per la quale Unicredit ha seccamente smentito un progetto di acquisizione.

E così, dopo che il premier Matteo Renzi ha tenuto una breve introduzione, il ‘brain storming’ è proseguito alla presenza del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, dei vertici della Cdp Giuseppe Costamagna e Fabio Gallia, del presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti e degli ad di Unicredit Federico Ghizzoni, di Intesa Sanpaolo Carlo Messina e di Ubi Victor Massiah. Il sistema bancario italiano infatti nonostante abbia elementi di solidità e l’aiuto delle misure straordinarie della Bce, non riesce ad uscire dalle secche e mostra un aumento del credito ancora scarso a causa della grande massa di sofferenze. Ma sugli Npl un mercato non è ancora partito e la garanzia Gacs, strappata alla Ue dopo mesi di negoziato, non si è dimostrata quel colpo risolutore che molti si attendevano. Le ancora poche offerte dei fondi stranieri per i crediti deteriorati (vedi quelli del fondo Apollo su Carige) hanno evidenziato come in questa fase i prezzi li fanno i compratori, facendo emergere forti perdite nei bilanci e scompaginando gli assetti azionari. Inoltre i problemi della Veneto Banca e Popolare Vicenza rischiano di trascinare con loro anche Unicredit e Intesa. I due grandi istituti infatti garantiscono gli aumenti di capitale imposti dalla Bce alle due venete. Ma se l’operazione di Veneto Banca è rimandata a giugno quella da 1,76 miliardi della Vicenza deve essere realizzata entro aprile in un contesto di mercato difficilissimo e Unicredit rischia così di ritrovarsi con il cerino in mano per scarse sottoscrizioni.

Da qui l’idea di creare un fondo investimento aperto a diversi operatori (come le fondazioni, la stessa Cdp e le altre banche) che sottoscriva l’inoptato. Certo bisognerà vedere se la Bce, che ha imposto tali aumenti dopo aver portato allo scoperto le gravi perdite nei bilanci, sarà d’accordo. E le stesse fondazioni, oramai con munizioni ridotte, si sono dimostrate caute chiedendo dettagli sulla certezza dei rendimenti di un tale impegno, visto che devono garantire le erogazioni e tutelare il patrimonio.

Altra partita, meno urgente ma ugualmente importante è quella delle sofferenze. Nel maxi fondo allo studio confluirebbero quindi i crediti di bassa qualità non rientranti nella Gacs assieme a degli immobili strumentali delle banche, come garanzia per elevare un poco la qualità del pacchetto e rendere il tutto più appetibile. Qui la regia potrebbe essere di Cdp ma appunto per non incorrere nel veto di Bruxelles non ci sarebbe garanzia statale.