Bagnoli, al via il restauro dei fondali. La Stazione Dohrn guida il progetto Abbaco

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di Paola Ciaramella
Riportare il mare di Bagnoli al suo stato originario, rimuovendo i contaminanti e reintroducendo le comunità naturali che abitavano i fondali prima dell’era industriale. La Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli è alla guida di Abbaco (Sperimentazioni pilota finalizzate al restauro ambientale e alla balneabilità del Sin Bagnoli-Coroglio), ambizioso progetto triennale che si pone come obiettivo il ripristino degli habitat marini dell’area, devastata da cento anni di industrializzazione. Una sfida complessa e pioneristica, che si candida a diventare un modello applicabile a casi simili, in Italia e negli altri Paesi del Mediterraneo. La SZN ha ricevuto dal Miur l’incarico di realizzare il progetto – che è finanziato dal Cipe tramite un Fondo integrativo speciale per la ricerca (Fisr) – e per farlo ha deciso di coinvolgere le maggiori eccellenze campane e italiane nell’ambito della ricerca ambientale e della valutazione del rischio: le Università “Federico II”, “Parthenope” e “Luigi Vanvitelli”, l’Istituto Superiore di Sanità, il Cnr, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Enea e il Conisma. Il Partner strategico è l’Università Politecnica delle Marche, già leader di Merces (Marine ecosystem restoration in changing european seas) – di cui Abbaco è parte –, grosso programma europeo per il restauro degli ambienti marini a cui partecipano 16 Paesi e 300 ricercatori. “Il concetto di restauro è sempre stato applicato agli ambienti terresti, mai al mare – dichiara a IlDenaro.it il presidente della SZN Roberto Danovaro –. Si tratta di una vera e propria sfida, perché lavorare in mare è molto più difficile che farlo a terra”.

Specie chiave
“Per riportare un luogo alla sua condizione naturale e decidere come intervenire bisogna sapere innanzitutto cosa c’era lì in passato, attraverso una serie di studi, e quello che c’è adesso – spiega Luigi Musco, responsabile scientifico di Abbaco insieme a Vincenzo Saggiomo –. Noi stiamo lavorando al progetto dalla fine dello scorso anno: dopo i primi sopralluoghi, nelle prossime settimane faremo dei campionamenti profondi nei sedimenti per capire se c’è ancora inquinamento legato alla precedente attività industriale e fino a che punto questo si è spinto giù nei fondali. Abbiamo anche iniziato a verificare qual è la condizione attuale della biodiversità e l’eventuale presenza di organismi sopravvissuti in un’area che è notoriamente molto inquinata, soprattutto nei pressi dei pontili. E poi stiamo cominciando a individuare una serie di specie chiave candidate a essere portate lì, come la Posidonia Oceanica e le Gorgonie. In particolare, la Posidonia è “una pianta importantissima nel Mediterraneo, capace di migliorare perfino la qualità sanitaria delle acque e di creare le condizioni affinché altri organismi possano tornare – precisa il ricercatore –. In essa, infatti, trovano rifugio i piccoli di specie che possono ricreare uno stock ittico, un ambiente sano e produttivo utilizzabile dall’uomo per una pesca ecosostenibile”. “Valuteremo come le attività di restauro saranno benefiche per il ritorno sia ecologico sia socioeconomico – aggiunge Danovaro –. La Posidonia da sola riesce ad evitare l’erosione costiera, perciò ripiantarla a Bagnoli significa per noi trovare una soluzione intelligente e a costo bassissimo per non dover fare ripascimenti. E poi purifica l’acqua e favorisce la balneabilità, con ricadute positive sulla salute umana”.

Restauratore ecologico
Grazie ad Abbaco nascerà anche una nuova figura professionale, quella del restauratore ecologico: la Stazione Zoologica si sta aprendo a numerosi giovani ricercatori che, durante il percorso, saranno a contatto con un team multidisciplinare – composto da fisici, geologi, chimici, biologi marini, ecologi, microbiologi – e potranno così acquisire le conoscenze e l’esperienza necessarie per dedicarsi al recupero degli ecosistemi marini danneggiati.