Autunno, la stagione della resa dei conti

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in foto Giorgia Meloni

Oltre mezzo secolo fa, era il 1969, cominciò a essere usata in sempre più occasioni l’ aggettivo calda per qualificare la stagione autunnale. Associato solo per casuale coincidenza il cambiamento climatico, quindi senza alcuna connessione materiale si cominciò a parlare di “Autunno Caldo” in occasione delle massicce dimostrazioni della classe operaia che ebbero un picco ini quella stagione del 1969. Nel Paese ebbe le espressioni più violente soprattutto al nord. Ne rimase solo una testimonianza positiva, quel lo Statuto dei Lavoratori che prese consistenza proprio in quella stagione. Con alti e bassi quel rialzo termico che coincide quasi con l’ ultimo trimestre dell’anno è arrivato al giorno d’oggi, dopo essersi ripresentato con esemplare regolaritá ogni anno nel corso di oltre mezzo secolo. Anche se con connotati termici diversi, quello appena iniziato sta rappresentando ancor più che per il passato un momento di confronto per le parti sociali molto simile a un redde rationem. La ragione è diversa da quelle solitamente addotte da chi manifesta, perchè nel caso attuale il disagio è incontestabile: la discesa al di sotto della soglia di povertà che continua a strozzare sempre più le famiglie, interessando in una discesa irrefrenabile sempre più ceti sociali. É doveroso a questo punto fare un netto distinguo sulla genesi del fenomeno. Vale a dire quanto di esso è da imputare a cause non contenibili anche da parte del governo e della pubblica amministrazione e quanto alla speculazione. Il gas è stato uno dei prodotti che ha esordito come punta della prima di quelle categorie: è noto a tutti quanto sia valsa la condotta di Zar Putin a tal riguardo. Dopo ci sono stati vari interventi nazionali e comunitari e non si può negare che sia il governo Draghi che quello attuale hanno saputo esporre adeguatamente il petto al fuoco nemico.Ora il fenomeno è in testa nella seconda e tutto è confinato in una specie di limbo con le caratteristiche delle sabbie mobili: più le parti coinvolte cercano di divincolarsene, più finiscono con il procedere verso il basso. Tanto vale sia per la parte pubblica che per quella privata dell’offerta. Per quanto riguarda la domanda, soprattutto quella privata, sembra invece di assistere a una lotta impari tra animali, in cui il più debole ha tale terrore dell’ altro che finisce con il subire pressoché passivamente la violenza dell’ altro. Di tutto ciò c’è prova incontestabile nei bilanci delle aziende del comparto energetico. Non esisterebbe l’ipotesi dell’ Imposta sugli extra profitti se il fenomeno non fosse così evidente. É anche vero che se concretamente si intende che un importo corrispondente al gettito di quell’ Imposta rientri in qualche modo nelle tasche dei consumatori, nulla vieta che si studino automatismi e simili che permettano di rientrare in possesso di parte della maggior spesa sostenuta, se non non in termini monetari, almeno in merce dello stesso genere oggetto dei rincari. È chiaro che l’ultima proposizione é riportata tal quale dai ragionamenti serali che si inseguono alla Bocciofila. Eppure in fondo l’ ipotesi non sembra cestinabile d’amblè. Non sarebbe da escludere, senza nello stesso tempo approfondire anche altre ipotesi. Perder tempo per perder tempo, una delle tante agenzie pubbliche potrebbe spendere parte del suo prezioso tempo a verificare quell’ipotesi e eventuali altre.Tanto il conto è già stato pagato. A scanso di equivoci dal contribuente, se non fosse ancora chiaro