Auto, dazi Ue su elettriche cinesi e i rischi per la transizione

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Bruxelles, 4 lug. (askanews) – L’obbligo di immettere sul mercato Ue, a partire dal 2035, solo auto a zero emissioni è basato sull’assunzione secondo cui il mercato di massa dell’auto elettrica sarebbe decollato in questi anni con aumenti vertiginosi delle vendite ai privati, e con la creazione di un mercato secondario dei veicoli elettrici usati, con prezzi che avrebbero permesso gli acquisti anche ai ceti meno abbienti. Ma questa transizione non sta ancora avvenendo, o non si sta realizzando comunque al ritmo atteso.

Un interrogativo chiave è se i dazi provvisori (dal 17% al 37%) sulle importazioni nell’Ue di veicoli elettrici a batteria cinesi (quelli oggi meno cari sul mercato), che entreranno in vigore da domani, 5 luglio, rischiano di aumentare i prezzi, già molto alti, delle auto elettriche nell’Unione, creando nuove difficoltà e ostacoli per la transizione alla mobilità a zero emissioni, uno degli obiettivi più importanti (e controversi) del “Green Deal” europeo.

Askanews ha posto oggi queste domande a fonti qualificate della Commissione europea, che hanno risposto in modo piuttosto sorprendente: “I dazi – hanno assicurato le fonti – saranno assorbiti dalle stesse imprese”.

“Il nostro punto di vista – hanno spiegato – è che le misure proposte sono perfettamente in linea con gli obiettivi della transizione verde. Lo scopo” dei dazi “non è quello di arrestare le importazioni dei veicoli elettrici dalla Cina, né di aumentarne il prezzo per i consumatori, ma di garantire pari condizioni sul mercato, altrimenti rischiamo di perdere la nostra industria, come è già successo in passato per il comparto dei pannelli solari fotovoltaici. Abbiamo la necessità – hanno sottolineato le fonti – di mantenere la nostra base industriale per la produzione delle tecnologie pulite”.

“Una volta che l’industria europea sarà in grado di produrre di più, con un’economia di scala, i prezzi andranno giù”. Con l’introduzione dei dazi, hanno concluso le fonti, “noi proteggiamo le quote di mercato dell’industria europea”.

Si tratta di risposte in gran parte sensate, soprattutto per quel che riguarda la necessità di mantenere la base industriale europea. Ma quello che sorprende è che la Commissione dia come scontata una soluzione che corrisponde a un possibile comportamento degli attori del mercato, tra diverse altre alternative possibili, che tuttavia vengono escluse.

Se le imprese, contrariamente alle aspettative di Bruxelles, scaricheranno sui prezzi al consumo gli aumenti dei costi dovuti ai dazi, cosa del tutto probabile in un libero mercato, se gran parte dei consumatori non potrà permettersi di acquistare veicoli elettrici e continuerà a usare auto a combustione interna, meno care, se il mercato dell’usato non decolla, anche perché il costo delle batterie da sostituire è ancora proibitivo, quali contromisure intende proporre la Commissione?

A questa domanda non c’è risposta, almeno per ora. A meno che la soluzione non ci si aspetti che venga dalla revisione, prevista nel 2026, dell’obiettivo che impone l’obbligo di commercializzare solo auto nuove a zero emissioni entro il 2035: una soluzione che preveda una marcia indietro sui tempi della transizione, e che è già reclamata a gran voce dalle forze politiche di gran parte del centro e di tutte le destre nel Parlamento europeo.