Attività giudiziaria e politica, il rispetto deve essere reciproco

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In un contesto che va ben oltre i confini nazionali e della UE, oltre la sostanza, anche la forma che connota una iniziativa della macchina statale deve essere ben curata. Tanto con la presunzione che anche il suo contenuto, fin nei particolari, sia stato passato attentamente al vaglio con un setaccio a maglie particolarmente strette.Tale lettura particolarmente scrupolosa, fatta prima di divulgarne il contenuto, è stata corroborata da un clima arroventato che attraversa l’Europa e minaccia di fare danni particolarmente forti al Paese. Il problema di cui si cerca di valutare ognuna delle componenti in questa nota, è agganciato in via generale a un dramma, vicino a trasformarsi in tragedia, che da anni sta coinvolgendo buona parte dell’umanità, soprattutto a Occidente. È la arcinota questione dello spostamento di grandi gruppi di popolazioni che cercano di fuggire dalle vessazioni che subiscono in patria, spesso culminanti con la morte. La portata di tale disastro, attualmente valutabile solo a spanne, è enorme. Come se ciò non bastasse, per l’Italia si devono aggiungere altre motivazioni di disagio, come quella che essa è la terraferma più vicina che quei disperati possano tentare di raggiungere con i mezzi inadeguati di cui dispongono. Quindi si creano veri e propri assembramenti, alla partenza e all’arrivo, quando c’è…,che potrebbero essere evitati se esistesse un coinvolgimento più deciso delle nazioni della zona nord della UE. Il sigillo di inqualificabilità del disinteresse accennato lo ha apposto la magistratura italiana.La stessa, ignorando ogni modalità prevista in casi gravi come quello che si sta riferendo, andando fuori del proprio terreno coltivabile, vale a dire oltre il suo range di azione, crea forti tensioni di ogni genere con gli altri poteri dello stato. La magistratura ha ordinato il rimpatrio immediato dall’Albania di alcuni profughi da poco inviati nel centro a loro riservato dal Paese che ne sta curando la realizzazione. Superfluo soffermarsi ancora sul polverone che quel provvedimento ha sollevato all’interno delle forze politiche che operano a Roma. Ma non è finita li: il resto del mondo ha commentato il fatto tralasciando di innescare ulteriori polemiche. Dove invece il fuoco divampa con forza è proprio in Italia, allargando ancor più, se possibile, la clasi tra potere esecutivo e potere giudiziario. La ferita è aperta da anni e ancora trova ostacoli e triboli sulla via della guarigione. Senza presumere di essere in grado di valutare nel merito, è possibile azzardare almeno a rilevare che, all’ombra di un problema umanitario quale è quello dei profughi, se ne è innescato uno che fa fare pensieri negativi senza alcun tentennamento, di portata eccezionale. Per provare a coglierne la ratio, si può ritornare al G8 di Napoli della fine del secolo scorso. L’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si vide notificare una comunicazione giudiziaria mentre era al tavolo della presidenza, ripreso e trasmesso in mondovisione. La comunicazione era stata emessa da tale Di Pietro Antonio, magistrato diventato tale intorno alla cinquantina grazie a particolari cavilli della legge che regola quelle carriere, in origine calzolaio. A quest’ultima categoria non sembrò vero che lasciasse libero il suo posto a chi veramente lo meritava. Le immagini della vicenda furono viste via etere in tutto il mondo. Prova che non fosse stato un modo di comportarsi adatto a persone civili, fu che dopo tale episodio inqualificabile, con un minimo di decoro l’autore si dimise dal suo incarico. Uscì di scena completamente, in maniera scomposta, poco tempo dopo, dopo essere stato, non si sa come, anche ministro Purtroppo la casta non ne ha mai preso atto e ritorna in quella zona del potere spesso e male. Certo è che una forma di democrazia che si è spinta fino a tal punto, deve fare molta attenzione per scongiurare di perdere i requisiti, per continuare a essere quella che è ora. Per la democrazia sarebbe l’ equivalente a una condanna all’esilio.