Quanto sta accadendo in Italia e anche altrove, induce a considerare con la dovuta attenzione se possa trattarsi di qualcosa di più serio e di più importante che l’insieme di eventi isolati, solo casualmente rapportabili tra loro. Non che quanto segue abbia la pretesa di voler essere un’analisi storica: sarà solamente un altro tentativo, che andrà a aggiungersi ai tanti già in essere, di trovare un filo logico che in qualche modo tenga insieme vecchio e nuovo. Vuol valere anche per tentare di immaginare dove andranno a parare le generazioni che seguiranno. Le stesse, al momento, sarebbero destinate a nascere con un altro peccato originale, quello lasciato loro come sgradita eredità dagli attuali artefici delle vicende di questo mondo, con la particolarità di non essere rinunciabile. Con l’augurio che le proposizioni che seguono non verranno accomunate alle Centurie di Nostradamus o a qualcosa di peggio, bisogna ritornare con il pensiero all’ormai lontano 1945, sulle rive del Mar Nero, in Crimea, precisamente a Yalta. La seconda guerra mondiale si era conclusa da poco e I belligeranti si trovarono in quella località per stabilire quali sarebbero stati i nuovi confini da riportare sulle carte geopolitiche, quelle che sarebbero state compilate subito dopo. Non fu l’unico evento del genere. Di lì a qualche anno, nel 1947, dopo la messa a punto nei Trattati di Parigi, completati durante l’estate, verso la fine dello stesso anno sarebbe stata convocata un’altra Conferenza in quella stessa città, allo scopo di completare con le rifiniture del caso il quadro impostato sul Mar Nero. Lo stesso che, negli intenti dei convenuti, sarebbe dovuto rimanere in bella mostra almeno per tutta la seconda metá del secolo scorso, Qualcuno dei presenti in quella località di villeggiatura in Crimea, uno in particolare, Sir Winston Churchill, primo ministro della Corona Inglese, rimase perplesso per quell’ aggiornamento della divisione fisica e politica del pianeta. Dopo averla sottoscritta, il commento che ne fece poco dopo quello statista, fu che la stessa sarebbe stata compromessa nel giro di pochi anni. Il perché di tanto, argomentato con motivazioni che aveva fiutato nell’aria, l’inquilino del n° 10 di Downing Street, lo addebitata alla presumibile scarsa capacità dei leaders di ogni nazione che sarebbero arrivati al posto di comando subito dopo, di avere buona cura per quella costruzione. Gli eventi gli avrebbero dato ragione e è importante riconsiderarne alcuni, almeno quelli salienti. Le due grandi potenze che credettero, probabilmente in buona fede, di aver adempiuto a quanto contenuto nella locuzione ” divide et impera”, attribuita a Filippo il Macedone, cioè di aver dato la connotazione definitiva alle loro aree di ingerenza, dovettero nel giro di pochi anni ricredersi e constatare che era stata un’ illusione. Il termine basta e avanza, continuando a presumere, ora per allora, sia per gli USA che per gli URSS, un minimo di buona fede.
Con un’aggiunta: l’ aver fatto, come dicono in campagna, il conto senza il tavernaro, definito nel villaggio oste, fu un atteggiamento quanto meno imprudente. Non tutti i paesi fatti ricadere sotto l’uno o l’altro mantello di ingerenza erano soddisfatti di quelle decisioni prese per loro senza averne dato ordine, nè chiesto conto. Quindi, solo per indicare due eventi macroscopici, è sufficiente attingere dai ricordi che affiorano già dai primi anni ’50 perché si inizi a comprendere come l’equilibrio mondiale abbia subito da lungo tempo un indebolimento di non poco conto. In tal modo, partendo dalla guerra in Corea, proseguendo per quella in Viet Nam e arrivando fino a questi giorni, passando anche per la crisi di Cuba e ancora altri periodi di forte tensione, è facile farsi una ragione che una vera stagione di pace nell’evo moderno non sia ancora arrivata. Lo stato attuale è da considerarsi la proiezione fedele di quanto appena descritto. Aggiungendo che, volendo approfondire l’indagine, verrebbero fuori immediatamente le vere motivazioni delle contrapposizioni accennate, l’auri sacra fames dei latini, che oggi suona alle orecchie dei contemporanei come fame di soldi, con l’ aggiunta che non conosce sazietà. Anche questa volta l’ascia di guerra è stata dissotterrata perché la Russia vorrebbe avere il massimo dei vantaggi dall’ “esercitazione militare speciale”, inglobando l’Ucraina e i suoi abitanti. Per essere realisti fino in fondo e ancor più concreti, una redditizia forma di agricoltura con annessi ottimi agricoltori. Come succedeva, ora apparentemente meno, che per una sconfitta a scopone i giocatori arrivassero presto alle mani e, insieme a loro, la rispettiva tifoseria, altrettanto oggi la violenza proviene anche da chi ha rapporti di sola soggezione con i veri protagonisti. Da aggiungere che, sempre dai primi anni ’50 del secolo scorso, cominciarono a prendere consistenza politica sempre più concreta, anche sullo scacchiere mondiale, altre due realtà fisicamente esistenti da che le terre cominciarono a emergere: l’ Europa e la Cina. Pur avendo due atteggiamenti diametralmente opposti nei confronti dell’esercito della funzione di governo, esse hanno raddoppiato, in conformità delle proprie visioni sociopolitiche, le forze in campo. È facile, approfondendo la carrellata, intuire quante ripercussioni possa avere un trend del genere all’ interno di ciascuna delle sovranità politiche che compongono ognuno dei poli di attrazione prima evidenziati. Quanto sta accadendo in Italia, sia a livello di governo che della popolazione, con ogni probabilità è strettamente collegato al fenomeno più ampio, quello che sta portando sempre più il mondo verso il bordo del precipizio. Una volta che malauguratamente dovesse diventare concreta tale eventualità, le probabilità per chiunque ne venisse coinvolto di riuscire a risalire la china, sarebbero scarse e estremamente impegnative. Meglio fare tutto il possibile e anche di più prima di andare oltre il limite del tempo utile, malauguratamente molto vicino.