Asvis, suggerimenti per l’alfabeto del nuovo anno femminile

In foto Enrico Giovannini

Redatto da Annamaria Vicini di Futuranetwork.eu – AsviS – 11 01 2024

Inizio d’anno, tempo di bilanci e di buoni propositi per il futuro.

Treccani ha eletto “femminicidio” parola dell’anno 2023. La speranza è che nel 2024 si parli meno di violenza e più di lavoro e salute.

Che anno è stato per le donne il 2023? E cosa si può migliorare nel 2024? Ecco qui qualche spunto di riflessione, ispirato dalle lettere del nostro alfabeto, per ripartire con maggiore consapevolezza e determinazione.

 Amore: parola un tempo cara al genere femminile e oggi scomparsa quasi del tutto dalle pubbliche conversazioni, resiste tuttavia nelle preferenze di lettura. Il caso dell’anno è quello della scrittrice Erin Doom, pseudonimo (ma lo si è scoperto solo di recente) della trentenne Matilda. I suoi romanzi Fabbricante di lacrime e Nel modo in cui cade la neve sono amati soprattutto dalle ragazze della Generazione Z ma riscuotono apprezzamento anche in un pubblico più vasto.

Benessere: sempre più donne vanno in palestra ad allenarsi, anche se per loro resta più complicato rispetto ai partners ritagliarsi uno spazio tutto per sé. La scoperta dell’importanza di un’attività fisica viene attribuita al periodo del lockdown quando si doveva stare forzatamente in casa e le lavoratrici disponevano di più tempo libero grazie allo smartworking. I tipi di allenamento preferiti sono lo yoga e il pilates, attività che migliorano anche lo stato di salute psichico: a causa dello stress a cui sono sottoposte per i molteplici ruoli e carichi di lavoro, le donne soffrono spesso di ansia e depressione. Una novità del 2023 è stata la nomina di due psichiatre, Emi Bondi e Liliana Dell’Osso, alla guida della Società Italiana di Psichiatria.

Cultura: le donne sono grandi fruitrici di eventi culturali ma la loro presenza tra le figure apicali degli enti istituzionali che li promuovono non è altrettanto rilevante. Le recenti nomine delle figure dirigenziali nei musei italiani hanno visto una presenza minoritaria di nomi femminili soprattutto tra i dirigenti di prima fascia (una su quattro), mentre tra quelli di seconda fascia si è avuto un esito più equilibrato (tre su sei). Per quanto riguarda il teatro, invece, va segnalata la conferenza stampa tenuta nel gennaio 2023 dall’associazione Amleta per denunciare le molestie a cui sono spesso sottoposte le attrici da parte soprattutto dei registi ma anche dei colleghi e dei produttori.

Differenza: sono lontani i tempi in cui Carla Lonzi, una delle prime iniziatrici del femminismo italiano, parlava di differenza tra il genere maschile e femminile, ribaltando il progetto egualitario di assimilazione delle donne a una società progettata e costruita da altri. Ma di recente la casa editrice La Tartaruga, fondata nel 1975 da Laura Lepetit e oggi acquisita da La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi, ha ripubblicato le opere di Lonzi tra cui il famoso saggio Sputiamo su Hegel.

Emancipazione: il termine sembra ormai caduto nel dimenticatoio, anche grazie all’uso sempre più frequente di termini stranieri. Oggi infatti si preferisce sostituirlo con empowerment femminile per indicare il difficile percorso verso la parità dei diritti e delle opportunità reali tra uomini e donne.

Femminicidio: il termine è stato eletto “parola dell’anno” da Treccani, con qualche ragione considerato che la cronaca quasi quotidianamente ci sottopone fatti drammatici rientranti in questa categoria. L’auspicio però è che nel 2024 la scia di sangue culminata nel delitto di Giulia Cecchettin possa subire una battuta d’arresto.

Violenza sulle donne: senza prevenzione non se ne esce

Molto diffusi, anche tra i giovani, gli stereotipi di genere. E se ci sono dei figli le donne non denunciano per salvaguardare la famiglia.

Gender: qualche anno fa la cosiddetta “teoria gender” era diventata lo spauracchio da sventolare ogni qualvolta si accennava alla possibilità di introdurre nelle scuole un’educazione sessuale e affettiva. Oggi il termine viene più spesso usato in accoppiata con altri: molto utilizzato gender gap, per indicare il divario tra uomini e donne soprattutto a livello occupazionale e salariale.

Intelligenza artificiale: è stato il tema dominante del 2023 ma al momento resta purtroppo dominio quasi incontrastato del genere maschile. Sam AltmanElon Musk o, volendo andare alle origini Alan Turing e John Mc Carthy, sono i primi nomi che vengono in mente di una più ampia lista tutta di uomini. In realtà una protagonista femminile c’è, ma non viene quasi mai citata: è Mira Murati, Chief Technology Officer di Open AI, e non è italiana ma albanese. Il 2024 vedrà nascere una lista di nomi femminili che si occupano di questa tecnologia diventata ormai imprescindibile in molti campi di attività?

Istruzione: è un terreno su cui le donne hanno fatto notevoli passi avanti (le laureate superano di gran lunga i laureati), ma che non si traduce in maggiori e migliori opportunità lavorative. Sotto accusa la preferenza femminile per le facoltà umanistiche a discapito di quelle scientifiche, le cosiddette Stem, dove tuttavia si nota un lieve incremento.

Lavoro: come i femminicidi è stato un tema molto presente in webinar e convegni. Spesso in negativo (difficoltà per le donne a conciliare lavoro e vita privata, disparità salariale, molestie, discriminazioni nel raggiungimento di posizioni apicali) ma con qualche nota positiva. A tenere banco è stata la certificazione per la parità di genere nelle aziende, che ha raggiunto il traguardo di 1020 certificazioni rilasciate.

Maternità: il 2023 si è chiuso all’insegna di una polemica suscitata dalle dichiarazioni della senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni, secondo la quale mettere al mondo figli dovrebbe essere la massima aspirazione per le ragazze. Al netto dello scivolone della senatrice, va detto che la bassa natalità resta uno dei problemi maggiori per il nostro Paese.

Natalità: secondo i dati Istat nel 2023 tra gennaio e giugno le nascite sono state 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il trend negativo, iniziato nel 2008, è destinato a continuare anche a causa del restringersi della platea di donne in età feconda.

Occupazione: nel secondo trimestre 2023 l’occupazione femminile ha avuto un leggero balzo aumentando dell’1,2%. Resta tuttavia di gran lunga inferiore alla media europea e, all’interno del Paese, permane un significativo divario tra Nord e Sud.

Donne e lavoro: il futuro è nella scienza?

Molto diffusi, anche tra i giovani, gli stereotipi di genere. E se ci sono dei figli le donne non denunciano per salvaguardare la famiglia. 

“Siamo riusciti a uscire da una pandemia realizzando in pochi mesi un vaccino, ma non riusciamo a uscire da quest’altra pandemia che è la violenza contro le donne. Perché?”

La domanda arriva come un pugno nello stomaco da parte di una delle relatrici dell’interessante convegno che l’Istat ha organizzato in vista della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre) e verrebbe da pensare che una risposta stia in quell’immagine postata sui social dell’aula del Senato semivuota durante la discussione del Ddl Roccella.

Ma già la stessa relatrice, che di nome fa Maria Giuseppina Muratore, una risposta l’aveva data: la violenza contro le donne è considerata come qualcosa di normale. Probabilmente non quando raggiunge l’apice del femminicidio che, soprattutto se consumato ai danni di una giovane ragazza, per qualche giorno dilaga sui mezzi di comunicazione e nelle conversazioni private.

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne – 25 novembre 2023  (qui) https://www.youtube.com/watch?v=BBOR83J3x2I 

Il convegno dell’Istat quest’anno ha avuto come focus la prevenzione ed è proprio questa che soprattutto manca. Perché di leggi ne abbiamo in abbondanza: sono 26 e hanno un carattere prevalentemente penalistico, ha detto in un intervento appassionato e critico l’avvocata Maria Virgilio, che ha anche sottolineato come le normative esistenti siano spesso sottoposte a revisione (vedi quella del Codice Rosso ora diventata Codice Rosso rafforzato) “perché evidentemente non funzionano”. In effetti, qualcuno ha fatto notare, gli organismi internazionali ci promuovono sulla produzione legislativa, meno sull’applicazione delle norme. E infatti il ministero della Giustizia ha attivato da circa un anno un Osservatorio permanente per capire quali siano le criticità.

Parliamo di prevenzione, quindi. Ma come la si fa? In questi giorni i fari sono puntati sulla scuola, istituzione su cui si scaricano regolarmente oneri e responsabilità per qualsivoglia problema. Indubbiamente l’istituzione scolastica può fare molto, per esempio per colmare il divario di genere nelle materie scientifiche (oggi spesso citate con l’acronimo Stem), divario che incide parecchio sulle future carriere lavorative e sulle condizioni pensionistiche delle donne. E sappiamo che la mancanza di indipendenza economica è spesso un fattore determinante nel non sporgere denuncia contro mariti e compagni violenti.

Ma un aspetto importante, sottolineato da più parti, è quello della formazione degli operatori: dei magistrati stessi, ma anche degli agenti delle forze dell’ordine, degli assistenti sociali, dei volontari che operano nei Centri antiviolenza, insomma di tutte quelle figure a diverso titolo coinvolte in un possibile approccio con le vittime.

Ci sono poi degli strumenti che aiutano a valutare gli eventuali rischi: uno di questi è il cosiddetto Spousal Assalt Risk Assessment (S.A.R.A) Screaning, un metodo messo a punto in Canada e poi adattato alla realtà italiana, utile soprattutto per individuare il rischio di recidiva, o l’Isa (Increasing self awareness), un test di autovalutazione con cui le donne possono capire se la relazione con il proprio partner presenta elementi di pericolo.

Abbattere gli stereotipi di genere è molto importante, ma anche parecchio complicato. Bisognerebbe partire dalla più tenera infanzia e questo sarebbe compito soprattutto dei genitori, che però spesso sono essi stessi impregnati di cultura sessista. Indicativi i risultati di un’indagine Istat suStereotipi, ruoli di genere e immagine sociale della violenza, che certifica come percentuali ancora significative di uomini ritengano che il genere maschile sia meno adatto a svolgere le faccende domestiche e che spetta al maschio provvedere alle necessità economiche della famiglia. Quanto alla violenza sessuale i numeri sono ancora più rilevanti: il 39,3% degli uomini pensa che se una donna non vuole avere un rapporto riesce a evitarlo, mentre il 19,7% ritiene che l’aggressione può essere provocata da un certo tipo di abbigliamento femminile.

Un discorso specifico va fatto per gli adolescenti che, com’è noto, utilizzano le tecnologie in modo compulsivo: uno su tre ritiene normale che la propria partner venga geolocalizzata quando non si è insieme, così come si considera normale controllare il suo cellulare.

Critiche sono state rivolte alla moda, fortunatamente in declino, del lucchetto come simbolo dell’amore (il Ponte Vecchio a Firenze viene per questo motivo addirittura pubblicizzato sui siti dedicati al turismo); o all’utilizzo del termine Revenge porn per indicare l’invio e la messa in rete di immagini a contenuto sessuale della propria partner, perché mistifica il fatto che non di pornografia si tratta ma di un vero e proprio abuso.

Secondo i dati del ministero dell’Interno i femminicidi, da inizio anno, sono stati 106. C’è da augurarsi che, anche grazie al Piano che il governo sta mettendo a punto per il prossimo triennio, diminuiscano.

Importanti, ha sottolineato Stefano Pizzicannella coordinatore dell’Ufficio Politiche delle Pari opportunità presso la presidenza del Consiglio dei ministri, anche i servizi sul territorio come i Centri antiviolenza e le case-rifugio per i quali sono stati stanziati 40 milioni da ripartire tra le Regioni.

Ma niente avviene per caso. La conoscenza del fenomeno, di cui i dati sono una parte importante, è la base. Poi però serve un’assunzione di responsabilità da parte di tutti, a partire dagli eletti che hanno il dovere di essere presenti nei luoghi in cui le leggi vengono discusse e approvate.

Perché l’esempio, anche nel caso della violenza contro le donne, è importante e deve innanzitutto venire dall’alto.

Donne e lavoro: il futuro è nella scienza? (qui

Le professioni Stem sembrano le più promettenti, ma il successo può arrivare anche in altri campi. Importanti le esperienze di studio all’estero.

Potere: il 2023 ha visto una novità assoluta per l’Italia, una donna al governo come Presidente del Consiglio. Non è piaciuto però a molte che la stessa premier abbia chiesto di essere nominata al maschile, al punto che un giornale l’ha eletta “Uomo dell’anno”. C’è da augurarsi che la premier su questo aspetto si ravveda e dimostri che proprio in quanto donna può esercitare il potere e magari in modo diverso dai colleghi maschi.

Resilienza: termine abusato, soprattutto durante gli anni della pandemia, durante i quali si è detto che le donne hanno dimostrato di possederne in misura maggiore. Non vorremmo però diventasse una scusa per caricare sulle spalle femminili più pesi di quanto già non ne portino.

Salario: permane il gap salariale tra lavoratori e lavoratrici, dovuto a diversi fattori, dal confinamento in lavori meno qualificati a un utilizzo maggiore del part-time dovuto al “doppio lavoro” dentro e fuori le mura domestiche. Avere un reddito adeguato deve essere tra i principali obiettivi se non si vuole un domani andare a ingrossare le file delle pensionate a rischio povertà.

Toponomastica: da qualche anno ci si è accorte di quanto le nostre città e i nostri paesi fossero dominati da figure maschili nei nomi di vie e piazze oltre che nei monumenti pubblici. Un’associazione, che di nome fa Toponomastica femminile, sta cercando con buoni risultati di cambiare questa realtà, scovando con tenacia e immaginazione scampoli urbani rimasti privi di intestazione da poter intitolare a donne che hanno lasciato un segno nella società.

Università: il numero delle laureate supera nettamente quello dei laureati, posto che il tasso di abbandono durante il percorso di studi è più elevato tra i maschi. In Italia le donne che conseguono un titolo di studio universitario sono 140 ogni 100 uomini. Un fenomeno recente è quello della nomina di rettrici a capo di università anche prestigiose.

Violenza di genere: ha funestato il 2023 e purtroppo anche l’inizio del 2024. Ma più che parlarne – se ne è parlato e se ne parla molto, forse troppo – servirebbe agire per contrastarla, sia sul piano della repressione che su quello educativo e culturale.

Zaino: sono sempre di più le donne che, zaino in spalla, si dedicano ai viaggi da sole o in gruppo, camminando. Lo fanno perché è bello, perché fa bene, perché le fa sentire libere. Ma mettersi in cammino può anche voler dire, in senso metaforico, lasciarsi alle spalle una vita, una situazione che non soddisfano. Ed è anche l’augurio che facciamo a tutte le donne per questo anno appena iniziato.